L’antifascismo di Gennarone* di Vincenzo D’Anna*
L’antifascismo di Gennarone* di Vincenzo D’Anna*
“Nel futuro ognuno sarà famoso al mondo per quindici minuti”: fu questa, nel 1968, la visionaria e purtroppo presaga affermazione di Andy Warhol. Il famoso pittore, punto di riferimento della Pop art e uno dei più influenti artisti del XX secolo, non credo immaginasse la pericolosa china imboccata oggi da quella profezia. I social, il web e la pervasività dei mezzi di comunicazione consentono infatti a molti sprovveduti di potersi ergere a giudici degli altri, peggio ancora quando la critica, proveniente dal semplice “sentito dire”, è mossa da un cantante che magari gode di una certa, immeritata, popolarità. Gente che, pur facendo una vita agiata e molto ben retribuita, si arroga il diritto di sproloquiare provando a riempire quel vuoto pneumatico che pure lo distingue una volta sceso dal palco. Famose le giaculatorie di taluni chansonnier alla moda i quali, più che cantare sciorinano filastrocche sospese tra la banalità, la denuncia sociale e la demenza culturale. Una volta esisteva quella che gli artisti francesi chiamavano canzoni “engagé” ossia impegnate su tematiche politiche e sulla denuncia del malessere esistenziale. Era quella gente di peso, giganti del palcoscenico che si portavano dietro un impegno politico oppure umano che poggiava su ben altre forme di conoscenza, come la filosofia e la poesia, che poi venivano tradotte nei testi delle loro performance. Oggi dobbiamo accontentarci di tal “Gennarone”, rapper di professione che si è esibito in quel di Foggia dal palco ove si teneva il concerto in occasione della festa del Primo Maggio. Il novello “maitre a penser” si è così crudamente espresso: “l’italia sta vivendo l’ombra del fascismo grazie a quella bocc*** di Giorgia Meloni”. Sessismo a parte, la frase più che volgare è apparsa francamente di un’idiozia assoluta, tipica di certe news di terza mano che, come noto, oggi sono la più diffusa forma di apprendimento. C’è da dire, per amor del vero, che il rapper ha poi presentato le scuse mettendo la classica toppa destinata a rivelarsi peggio del buco. Per giustificarsi, infatti, il nostro big Genny ha rilasciato alle agenzie di stampa una precisazione estemporanea quanto ecumenica: “volevo versare quattro lacrime. La prima per tutti i popoli in guerra in ogni angolo del mondo; la seconda per i lavoratori, soprattutto per chi perde la vita sui luoghi di lavoro (soprattutto i giovani deceduti durante i percorsi di alternanza scuola-lavoro) e la terza per la nostra Italia che sta vivendo l’ombra del fascismo grazie a Giorgia Meloni”. Un alato pensiero socio politico da parte di chi ha chiesto venia per la volgarità sessista rivolta contro la Meloni (a proposito: e le donne di sinistra) per poi ribadire l’assunto già denunciato, ossia che il Belpaese, con il governo di centrodestra, rivive il periodo liberticida del ventennio mussoliniano. Insomma: la vulgata che da mesi la sinistra diffonde sul pericolo incombente in ragione di un governo ontologicamente fascista, seppure eletto democraticamente, conterrebbe in sé i germi della dittatura. Capita che una menzogna ripetuta ossessivamente possa diventare verosimile per gli sprovveduti e gli ignoranti come Gennarone e buona parte di chi lo segue identificandosi in lui per comunanza del tratto encefalico e culturale. Ho più volte ascoltato gli intellettuali del pensiero debole, i filosofi del politicamente corretto, l’espediente semantico che tende surrettiziamente a sostituire i vecchi valori etici e sociali con quelli “emancipanti”, ossia il lassismo dei costumi e l’illusione di una libertà senza responsabilità, il dirsi pensosi perché il popolo è tenuto nell’ignoranza. Per dirla con altri termini: l’esistenza di un potere retrivo che approfitti appunto dell’ignoranza per tenere in scacco e soggezione la volontà del popolo. Tuttavia sono proprio lorsignori ad aver destrutturato la scuola dei saperi approfittando, come nel caso dell’antifascismo farlocco, della diffusa non conoscenza. Se oggi i nuovi filosofi sono identificabili nelle corbellerie di Vannacci e di Gennarone, che per quanto agli antipodi politici, sono facce della stessa medaglia, vuol dire che siamo arrivati davvero alla frutta!! Una medaglia falsa e rilucente, intendiamoci, che abbaglia le menti deboli e gli ormai scadenti portati culturali dei giovani. Che poi, diciamocela tutta: quando conviene si stronca il qualunquismo del generale candidato con la Lega il quale purtroppo fa leva sull’identificazione delle proprie grossolane tesi con quelle di vasti strati della popolazione. Quando, però, al contrario il qualunquismo riguarda l’antifascismo, per bocca di un cafone e fanfarone di rapper, ecco che Gennarone diventa addirittura un filosofo!! Nessuno fiata neanche le eterne vestali del femminismo. Insomma è l’eterno doppio pesismo
di coloro che quando perdono le elezioni utilizzano tutti gli espedienti per delegittimare chi invece le ha vinte. E’ proprio vero che ci si attacca a tutto, anche all’antifascismo di Gennarone che da cantante di terza categoria lancia proclami dal tavoliere delle Puglie, per denunciare uno stato di potenziale ritorno dell’uomo forte. Se qualche cronista avesse chiesto al rapper notizie storiche sul fascismo, su cosa sia stato quel nefasto periodo per il nostro Paese, in che epoca la dittatura si è manifestata e per mezzo di quale politico, si sarebbero accorti che le offese provenienti da un simile,sprovveduto, soggetto sono da intendersi come medaglie al valore. Per Giorgia Meloni ovviamente.
*già parlamentare
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)