Sboccatura Le parole del vino sboc-ca-tù-ra / Operazione del togliere parte del contenuto da un fiasco o una bottiglia; nel metodo classico di produzione dello spumante, operazione di eliminazione dei sedimenti della seconda fermentazione ETIMOLOGIA da sboccare, composto parasintetico di bocca. «Uh, millesimato 2013, ma sboccatura 2021.»
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Sboccatura
sboc-ca-tù-ra
SIGNIFICATO Operazione del togliere parte del contenuto da un fiasco o una bottiglia; nel metodo classico di produzione dello spumante, operazione di eliminazione dei sedimenti della seconda fermentazione
ETIMOLOGIA da sboccare, composto parasintetico di bocca.
- «Uh, millesimato 2013, ma sboccatura 2021.»
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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Lo sboccato è scurrile e sbracato, quindi contemplando la sboccatura si può partire già con qualche idea prevenuta. Sarà una declinazione di volgarità?
In realtà no, e potremmo dire al contrario; è una dicitura che ad esempio s’incontra su bottiglie di un certo pregio, che ci mettono cripticamente a parte di quando è stata compiuta questa operazione di sboccatura, che però senza un Virgilio accanto non si capisce immediatamente che cosa sia.
Ebbene, la sboccatura è una delle questioni più sorprendenti sottesa a un celebre modo di fare spumanti — che proprio per evitare commistioni plebee a volte si cita in francese come dégorgement.
Come fa lo spumante a diventare frizzante? Parliamo del cosiddetto ‘metodo classico’: non è una dicitura generica, ma tecnica, ed è anche noto come champenois (con un riferimento scoperto alla regione dello Champagne). In questo metodo la presa di spuma del vino — cioè la seconda fermentazione, successiva a quella che l’ha reso vino e che gli conferirà le bollicine — avviene direttamente in bottiglia. Il problema è che questa fermentazione la fa qualcuno, cioè dei lieviti che vengono aggiunti nella bottiglia con il cosiddetto ‘sciroppo di tiraggio’: se nessuno li levasse, ce li verseremmo nel bicchiere. Che fare?
In questa seconda fermentazione le bottiglie vengono conservate distese — non ci vuole molto perché la fermentazione si concluda, e tutto il tempo successivo (anche molto lungo) che il vino passa in questa posizione è quello in cui si ‘affina sui lieviti’, maturando la complessità dei suoi aromi. Conclusa questa fase, le bottiglie vengono inserite in dei cavalletti in punta, in modo che abbiano il collo rivolto verso il basso. Attraverso un paziente lavoro di remuage, cioè continua rotazione e progressiva inclinazione delle bottiglie volta a staccare e raccogliere le fecce senza rimetterle in sospesione, ci si ritrova ad avere tutta la feccia contenuta in un’apposita capsula nel collo della bottiglia tenuta a testa in giù. Se aperta, la pressione della bottiglia espellerà le fecce. E questa, come s’immagina, è la sboccatura.
Oggi di solito viene compiuta a freddo: una soluzione congela il collo della bottiglia e le fecce, la bottiglia viene aperta, le fecce gelate vengono spinte fuori (il freddo fa anche sì che si disperdano poco vino e poco gas), e quindi la bottiglia viene richiusa — eventualmente, con il rabbocco di uno ‘sciroppo di dosaggio’ (liqueur d’expédition in francese), una formula segreta che aggiunge un particolare sapore al vino. Ma tradizionalmente questa sboccatura si faceva à la volée, stappando e ritappando al volo la bottiglia — ma naturalmente è una mossa rischiosa, facile allo spreco, e che richiede una grande mano.
Insomma, quando vediamo indicata su un’etichetta la data della sboccatura, questa ci comunica quando è che quello spumante metodo classico ha finito il suo affinamento, con l’ultima operazione che lo ha disposto alla vendita. Ed è un’indicazione che con gli anni della vendemmia (cuvée o millesimato che sia) non c’entra.
Anche se, sempre parlando di bottiglie, fiaschi e simili, esiste un altro modo d’intendere la sboccatura, di un’antichità più contadina. Sul pelo del vino, nel collo, si possono trovare a galla delle impurità, o addirittura può essere stato versato un goccio d’olio, che specie in passato si poteva sfruttare come diaframma per evitare il contatto con l’aria. Stappata la bottiglia, col gesto di un sussulto repentino verso l’alto (anche qui serve una certa mano) si fa la sboccatura, schizzando fuori una piccola parte del vino, insieme con impurità o olio.
Una sorte, quella della sboccatura, che prende una piega particolare e intrigante a partire dal così grande sboccare di corsi d’acqua e strade verso un fuori.