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Attualità

Matteo, il progenitore dei Romani* di Vincenzo D’Anna*

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Il presidente del Consiglio Matteo Renzi al cantiere della metro di Riad. Il premier assister‡ alla rottura dell’ultimo diaframma della prima stazione della linea di metropolitana che un consorzio di imprese italiane sta costruendo nella capitale dell’Arabia Saudita, 9 novembre 2015, ANSA/ UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI ++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING ++

Matteo, il progenitore dei Romani*

di Vincenzo D’Anna*

L’Anàbasi di Senofonte risale al quarto secolo a.C. ed è considerato il primo libro di storia scritto nella lingua dei greci. Il termine, letteralmente, significa “salita”, nel senso di ascensione, spedizione (dalla costa verso l’interno). Ora, più in generale, la Storia, in quanto fedele resoconto dei fatti e degli eventi più significativi per le vicende umane, viene caratterizzata grazie alla presenza di precisi riferimenti legati, appunto, alle gesta di chi tali vicende le ha “create”. Questi ultimi di norma rappresentano gli “iniziatori” delle principali epoche e quindi dei capitoli nei quali il report delle gesta umane viene suddiviso. Il più famoso di tali progenitori fu senz’altro Enea, principe troiano che, sfuggito al saccheggio della sua città da parte degli Achei, raggiunse le coste del Lazio dove fondò la città da cui infine sarebbe sorta Roma. Venendo ai nostri tempi, possiamo senz’altro dire che, se esistesse un’analoga figura collegata alle varie tappe della storia politica italiana, potremmo indicare in Camillo Benso Conte di Cavour uno dei progenitori del neonato regno d’Italia, in Benito Mussolini il progenitore della tragica dittatura fascista e in Alcide De Gasperi (ma anche in altre emimenti personalità politiche) lo statista che più di tutti caratterizzò (nel dopoguerra) il governo della neonata Repubblica Italiana. Si conferma dunque l’assunto che ogni epoca, anche in ambito politico, ha avuto un proprio precursore che ne ha caratterizzato i tratti salienti ottenendo risultati significativi sul piano del governo nazionale. Nel terzo millennio con la smobilitazione dei partiti, la cancellazione della prassi democratica che li animava e il varo dei partiti “intestati” alle persone, si può individuare la figura di Silvio Berlusconi come progenitore di una nuova era politica. Quest’ultimo infatti ha innovato il messaggio destinato agli elettori utilizzando la metodologia del marketing, un sistema basato sull’induzione del sogno realizzabile per tutti, del benessere a portata di mano, dell’idea che la nuova politica possa nascere addirittura…dall’anti-politica!! il Cavaliere ha inaugurato un rapporto “diretto” con il popolo attraverso l’uso delle televisioni e dei sondaggi di opinione che hanno consentito al carismatico leader di Forza Italia di proporre ed offrire a chi lo avrebbe votato quello che maggiormente più desiderava. Insomma, un sistema personalizzato, costruito su tecniche aziendali più che sul pluralismo e sulla democrazia interna, criteri, questi ultimi, fatti passare come vecchi arnesi ideologici del cosiddetto “ancien régime” partitocratico compromesso con Tangentopoli. Un mondo nuovo, quello proposto da Berlusconi, che invocava la libertà dallo Stato grassatore ed inefficiente, dai monopoli, dai privilegi, dai debiti e dalla esosa tassazione. Derisa, esecrata, criticata ai suoi albori, la politica del Cavaliere ha raccolto, in seguito, puntuali emuli in tutte le altre formazioni politiche, nuove o vecchie che esse fossero. Il successo elettorale infatti apparve straordinario, travolgendo tutto e tutti con il risultato che, innanzi al voto, scemarono le critiche ed aumentò l’emulazione. Fu così che videro la luce i partiti di plastica. Giungiamo ai giorni recenti, che sono ancora quelli dell’eclissi berlusconiana, del risveglio dal sogno liberale che purtroppo non è riuscito scalfire il criptosocialismo e lo statalismo a mezzo del quale tuttora si governa. L’imperio della burocrazia, anonima ed irresponsabile che continua a creare difficoltà per vendere benefici, del debito pubblico e di un’economia insidiata e frenata dai privilegi dello Stato, ormai alla canna del gas, costituiscono la cifra distintiva di questa epoca. Non so quanti siano gli Italiani consapevoli del fatto che qualora andassero male le aste per collocare i titoli di Stato, quest’ultimo non riuscirebbe a pagare né gli stipendi, né le pensioni, né gli interessi passivi sul debito stesso. Ma in questo mondo politico che arranca e si arrangia vivendo alla giornata, pieno di famigli e di adulatori del proprietario della “ditta partito”, retaggio persistente dell’eredità del Cavaliere, si staglia l’ombra di un gigante: Matteo Renzi da Rignano sull’Arno, l’ex segretario del Pd che prima conquistò Firenze, poi Roma. Un giovanotto spregiudicato fin troppo veloce di pensiero nonché loquace che, con le mani in tasca in segno di sfida, in Senato preconizzò la fine di quella istituzione parlamentare. Sfrontato quanto basta, seppure nei panni del leader del partito di largo del Nazareno, Renzi citava i padri del cattolicesimo politico francese (Emmanuel Mounier e Jacques Maritain). Si candidava a precursore di una nuova stagione politica, finita però nel nulla allorquando disvelò la doppiezza tra il dire ed il fare. Un acrobata politico che dopo avere per mesi denegato di volersi candidare alle Europee, criticando quanti invece volevano farlo perché verosimilmente assenti ai lavori di Bruxelles, scende in campo con una lista composita che è l’ennesimo pastrocchio. Certo è un precursore dei Romani il nostro Matteo, ma non di quelli dell’Urbe, non di giganti della politica, men che meno dei legionari che seppero costruire l’impero. Nossignore, a lui appartiene un’altra era storica: quella dei politicanti e dei voltagabbana che bazzicano il Parlamento!!

*già parlamentare

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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