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Arce (FR). ‘Serena Mollicone’: ancora misteriosa, dopo oltre 20 anni, la morte della giovane studentessa

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Pubblico un articolo apparso sulla PADANIA ben 20 anni fa, era il 19 gennaio del 2004, era appena iniziato il processo contro Carmine Belli. E contro di lui c’erano molti personaggi del CAGA (Comitato Affari Gialli Arce), procacciatori di piatti di lenticchie e pseudo agenti pubblicitari che oggi lo ammaliano e lo coccolano…
GIALLO DI ARCE – BELLI NON E’ DIABOLIK: GENNAIO 2004
Pubblico l’articolo con orgoglio professionale perché se non ci fossimo stati noi del CESCRIN (Enrico Delli Compagni, Dante Davalli, Giancarlo Umani Ronchi, Claudi Lavorino, Fulvio Marsella…) e gli ottimi avvocati Silvana Cristoforo e Romano Misserville ed Eduardo Rotondi, il povero Carmine Belli OGGI sarebbe ancora INGIUSTAMENTE nelle patrie galere.
Pubblico l’articolo sia in testo, sia in foto.
La Criminologia Investigativa è una scienza interdisciplinare e multidisciplinare che non può essere svilita dai sepolcri imbiancati e dai cercatori di falsi scoop a ogni costo.
IL FATTO
E’ iniziato il processo per la morte della studentessa di Arce Serena Mollicone, una caso per molti esperti ritengono essere il vero grande giallo d’Italia. La ragazza uscì di casa venerdì 1° giugno 2001 per recarsi con il pullman all’ospedale di Isola Liri dove si sottopose a un’ortopanoramica; uscita dall’ospedale fu vista alle 9:35 fare l’autostop, poi, è scomparsa nel nulla! Serena fu rinvenuta cadavere la domenica 3 giugno in un posto intermedio fra Arce e Isola Liri, distanti 18 km, in una radura sconosciuta ai più, isolata, frequentata da drogati, prostitute e coppiette, giustamente denominata “Fontecupa”.
Il suo corpo era all’interno di una vegetazione rigogliosa fra televisori buttati lì, come una discarica, nascosta da un contenitore d’alluminio; la testa era avvolta in una busta di nylon col marchio Eurospin, la busta era stretta al collo da nastro adesivo bianco marca Ghost. Le gambe erano strette alle ginocchia ed alle caviglie da nastro adesivo, sopra cui era annodato del fil di ferro.
Le mani erano legate dietro la schiena da altro nastro adesivo bianco, il corpo era assicurato a un albero con un’altra bobina di fil di ferro color rosso. A quattro metri dal cadavere erano stati buttati o disposti alcuni effetti personali della ragazza: una tesina per gli esami di stato, un libro su Van Gogh con la ricevuta di pagamento dell’ortopanoramica; poco distante fu rinvenuto il resto del rotolo del nastro adesivo usato per il confezionamento.
A pochi metri furono repertati alcuni fazzolettini di carta e mozziconi di sigarette. Quando fu tolta la busta che nascondeva il volto della ragazza si scoprì che il nastro adesivo bianco le avvolgeva il volto, tappandole naso e bocca, e che il sopracciglio sinistro presentava una ferita. Non furono rinvenuti la borsetta di Serena e il suo contenuto, fra cui chiavi e cellulare.
LE CAUSE DELLA MORTE ANCORA OGGI SONO INCERTE E LE IPOTESI SONO DIVERSE: ASFISSIA, IPERPLASIA TIMICA, INFARTO O ALTRA CAUSA. UNICO DATO CERTO È CHE IL TRAUMA SUBITO ALLA ZONA TEMPORALE SINISTRA NON È STATO STIMATO DA NESSUNO DEI MEDICI LEGALI TALE DA POTERE PROVOCARE LA MORTE. L’AUTOPSIA STABILÌ CHE LA RAGAZZA NON AVEVA SUBITO VIOLENZA SESSUALE.
Il giallo assurse a interesse nazionale, gli inquirenti indagarono verso tutte le direzioni – furono sospettati il gruppo familiare (padre e parenti), il fidanzato, alcune frequentazioni “pericolose” – ma non approdarono a nulla.
Ai Carabinieri fu affiancata la Polizia di Stato tramite la Squadra mobile di Frosinone e l’UACV (Unità Analisi Crimine Violento) che, dopo una lunga attività investigativa, ritenne che l’assassino di Serena era Carmine Belli, un carrozziere di Arce, squattrinato e chiacchierone di paese, che fu arrestato il 4 febbraio 2003.
Belli nominò suoi difensori gli avvocati Silvana Cristoforo e Romano Misserville i quali chiesero al criminologo di fama nazionale Carmelo Lavorino di lavorare per loro in difesa di Belli. Gratis perché Belli non aveva soldi per nessuno. Lavorino volle tre giorni di tempo per decidere cosa fare e per essere certo di difendere un innocente! Accettò e organizzò un pool tecnico-investigativo di prim’ordine con esperti del settore, diversi dei quali collaboratori della rivista Detective & Crime: i medici legali Giancarlo Umani Ronchi ed Aldo Barbaro, la psicologa Giusy Ruffo, gli investigatori privati Dante Davalli, Marco Lilli ed Emilio Luchetta, la biologa Anna Barbaro, lo psicologo Enrico Delli Compagni ed altri. Tutti al lavoro e tutti gratis, per difendere Belli dall’accusa di omicidio strutturata in undici tesi!

LE DICHIARAZIONI DEL CRIMINOLOGO LAVORINO

Lavorino, in occasione dell’inizio del processo, ci ha rilasciato le seguenti dichiarazioni:

LE UNDICI TESI NON HANNO ATTENDIBILITÀ E VALORE SCIENTIFICO

Abbiamo studiato a fondo e meticolosamente le undici tesi dell’impianto accusatorio valutandole singolarmente, nella loro consequenzialità logica e nel loro insieme. Rappresentano solo un ottimo lavoro mentale e d’ipotesi, ma non portano alcuna prova, non hanno fondamenta, partono da presupposti sbagliati, non tengono conto dei tempi e dei mezzi utili all’esecuzione del crimine. Dimostrano solo che Belli è un chiacchierone, un pasticcione, una delle tante persone che ha dichiarato di avere avvistato Serena mentre l’avvistamento era sbagliato. Ci ricordano tanto il film “Il mostro” di Roberto Benigni, la storia di Gino Girolimoni che mostro di Roma non era, il fornaretto di Venezia che benché innocente fu giustiziato!

(Nota della redazione: la contestazione alle undici tesi dell’accusa sarà pubblicata giovedì 22 gennaio).

ARCE IL GIALLO N° 1, SERENA COME IN UN RACCONTO DI POE

La morte di Serena è il vero giallo numero uno in Italia, molto più del giallo di Cogne (omicidio Samuele Lorenzi) assurto a “giallo nazionale” grazie agli inquirenti che hanno imboccato sin dall’inizio la direzione sbagliata della madre assassina, così creando il grande mistero che non c’è! A Cogne tre case, due gatti e un cane, otto sospettabili e un solo movente; ad Arce, invece, un centinaio di sospettabili, una ventina di moventi, centinaia di piste e di scenari. A Cogne una semplicissima vendetta privata contro la famiglia Lorenzi degenerata in omicidio d’impeto occasionale, ad Arce una cervellotica, estrema e complessa manipolazione della salma dopo una morte misteriosa di cui non si sa nulla, tranne che il nome della vittima! La morte di Serena Mollicone mi ricorda tanto il racconto di Edgar Allan Poe “La morte di Marie Roget”, una ragazza scomparsa e poi trovata morta ammazzata”.

CARMINE BELLI HA UN ALIBI FORTISSIMO

L’accusa ritiene che Serena sia stata ghermita da Carmine Belli la mattina del 1° giugno 2001 dopo le 9:35 ed entro le 10:09 mentre faceva l’autostop per andare ad Arce, ciò, perché alle 10:10 passava la corriera e Serena non vi è mai salita. L’accusa ha così ricostruito i fatti: Carmine Belli dà il passaggio con la propria macchina a Serena, si avvia verso la radura Fontecupa e tenta un rapporto; Serena si oppone e Belli la colpisce alla tempia per effettuare, subito dopo, la complessa opera di confezionamento, imbustamento, costrizione con fil di ferro e nastro adesivo.

Al che mi pongo le seguenti domande: è mai possibile che una ragazza carina come Serena abbia fatto inutilmente l’autostop per 29 minuti sino all’arrivo di Carmine Belli? Come faceva Belli ad essere alle ore 10:09 in Isola Liri visto che gli esperimenti tecnici del mio gruppo di lavoro dimostrano senza ombra di dubbio che almeno sino alle ore 10:15 era a 18 km di distanza

Con quale macchina Carmine Belli avrebbe dato il passaggio a Serena visto che il suo socio carrozziere Pierpaolo Tomaselli – che si “pente” all’undicesimo interrogatorio così decidendo di “togliere l’alibi” a Belli – continua a dichiarare che Belli quella mattina non aveva la macchina in quanto Belli l’aveva lasciata parcheggiata sotto casa a diversi chilometri dall’officina

Che sul posto di lavoro non c’erano macchine e che era stato proprio lui a dare un passaggio a Belli per andare al lavoro come faceva ogni giorno? Come ha fatto Belli ad allontanarsi all’ora di pranzo visto che quella mattina il socio si è allontanato alle ore 12:30 per andare a pranzo per poi tornare e Belli ha pranzato con i suoi genitori che abitano accanto all’officina”.

“Ritengo che l’impianto accusatorio abbia fortemente “toppato” perché non sa e non potrà mai spiegare con quale macchina Belli abbia caricato Serena (una macchina pur ci vuole), come abbia fatto ad avere il dono dell’ubiquità essendo alle 10:15 a 18 km da dove lo posiziona l’accusa”.

NON SI TIENE CONTO DELLA CRIMINOLOGIA E DELLO STUDIO DELLA SCENA E DELLE TRACCE

“In realtà non vi è nessun elemento concreto di investigazione scientifica e criminalistica contro Belli, porto solo qualche esempio: 1) i vari DNA dei reperti sulla scena del ritrovamento (fazzolettini e mozziconi di sigarette) non sono riferibili a Carmine Belli, ma ad altri soggetti; 2) sul fil di ferro che stringeva le caviglie di Serena è stato repertato del tessuto epiteliale causato dallo sforzo di avvitamento con le mani, ebbene, questo DNA non è di Belli; 3) le impronte digitali repertate sui fogli sparpagliati dall’assassino sulla radura di Fontecupa e sul contenitore metallico non sono di Belli; 4) nella macchina di Belli parcheggiata sotto casa e lontana dall’officina non è stata rinvenuta alcuna traccia di sangue; 5) sul nastro adesivo che legava Serena vi è un’impronta digitale che non è di Belli. Ebbene, ciononostante l’accusa continua a guardare verso Carmine Belli: perché?”

“Vi ricordate del telefono cellulare di Serena scomparso e rinvenuto dopo il funerale in casa del padre e in circostanze misteriose? Secondo tutti sarebbe stato l’assassino a fare questa manovra che non può essere attribuita a Belli in quanto né aveva le conoscenze per introdursi in casa di Serena, né il cellulare porta sue tracce dattiloscopiche, logistiche, esecutive e di passaggio.”

“La questione “talloncino del dentista” e “tracce di collante su una busta nera di nylon” – due reperti che si vogliono riferibili al Belli – poggia su presupposti invisibili, bui, fragili e valutabili come “bicchiere mezzo pieno, bicchiere mezzo vuoto”. Sul talloncino non è stata repertata alcuna impronta papillare di Belli, lo stesso vale per la busta di nylon nera.”

“Altro errore è il non avere valutato che il nastro adesivo che legava Serena alle caviglie, alle mani e al volto non conteneva erba, terriccio o altro che invece doveva esserci se fosse esatto l’impianto accusatorio: quindi Serena non è stata confezionata come ritiene l’accusa in località Fontecupa, bensì al chiuso, e non da Belli. Occorre tenere conto della criminologia e dello studio delle tracce”.

HANNO SBAGLIATO IL GIORNO DELLA MORTE DI SERENA, E NON VI SONO TRACCE DI BELLI IN NULLA CHE RIGUARDI LA MORTE DI SERENA

“Un mastodontico errore dell’impianto accusatorio scaturisce dalla consulenza del medico legale dell’accusa Ernesto D’Aloia il quale, mesi dopo, analizza una videocassetta girata dai Carabinieri che riporta l’esame esterno del cadavere di Serena. D’Aloia dichiara che la morte di Serena è da individuarsi fra le 76 e le 57 ore precedenti a quell’esame esterno che egli ritiene effettuato alle 15:30 del 4 giugno 2001, quindi, Serena – secondo D’Aloia – sarebbe morta fra le 11:30 del 1° giugno e le 6:30 del 2 giugno, con un orario probabile che non va oltre il primo pomeriggio del 1° giugno stesso. Invece, abbiamo dimostrato e dimostreremo che la videocassetta riporta scene del 3 giugno 2001 – qualche ora dopo il ritrovamento della salma – e non quelle del giorno 4 come ritiene D’Aloia: questo significa che il metodo del medico legale D’Aloia ed accettato dall’impianto accusatorio – se correttamente applicato – posizionerebbe la morte di Serena fra le ore 11:30 del 31 maggio e le 6:30 del 1 giugno, orari in cui la vittima Serena Mollicone risultava palesemente non morta. L’errore è madornale ed è stato scoperto da me, dal prof. Umani Ronchi e dall’investigatore Marco Lilli. Da solo annulla l’intero impianto accusatorio”.

BELLI NON È DIABOLIK COME PENSANO, È SOLO UN POVERACCIO

”L’accusa ritiene che Carmine Belli sia un criminale organizzato, abile depistatore, intelligentissimo fuorviatore e grande inquinatore delle indagini, sia con capacità di manipolazione e di subornazione, sia con il gusto della sfida estrema agli inquirenti. In realtà Belli è solo un soggetto pasticcione, sprovveduto e spaccone che ha giocato a fare l’investigatore specializzato in rintracci di persone scomparse partecipando goffamente alla ricerca di Serena come fecero tutti in quei tre giorni, per poi, impaurito dalla grossa attenzione investigativa nei suoi confronti, mettere in essere il classico comportamento del soggetto in preda al timore del pubblico potere”.

“Qualunque profilo tecnico criminale abbia l’assassino confezionatore di Serena – ed assicuro che li stiamo valutando tutti – non è compatibile e/o sovrapponibile con quello di Carmine Belli”. “Come per il processo Pacciani, per il caso del Mostro di Firenze, per via Poma, per il giallo di Cogne, e tanti altri di cui mi sono interessato, si è partiti male … per arrivare peggio!”.

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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