Uno sguardo oltre confine
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Newsletter del 30 APRILE 2024
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C’è una città in Sudan, Al–Fāshir, capitale del Darfur settentrionale, che si ritrova ormai circondata dalle forze paramilitari sudanesi (Rsf). Un attacco, avverte l’Onu, avrebbe “conseguenze devastanti” per gli 800.000 abitanti. Al-Fāshir è un crocevia importante per i trasporti del Darfur, anche per le spedizioni di aiuti che arrivano dal vicino Ciad, collegato da una strada a 425 km in direzione ovest, e dalla lontana Port Sudan, che si trova a oltre 1.800 km sulla costa nord-orientale del Sudan sul Mar Rosso. Per motivi di sicurezza oltre una dozzina di camion di aiuti sono bloccati ad Ad Dabbah, a nord della capitale Khartum.
Il timore è che la guerra sudanese possa raggiungere anche il vicino Ciad, uno dei paesi più poveri del mondo, che ospita più rifugiati pro capite di qualsiasi altro paese africano. A pochi minuti di cammino dal confine sudanese, lungo strade sabbiose, si arriva nel villaggio di Adré dove si trova il primo di tanti campi profughi che ospitano circa un milione di persone: di questi si stima che circa 600mila sudanesi abbiano attraversato il confine da aprile 2023. Ma i campi profughi sono ormai saturi, i numeri aumentano e gli aiuti diminuiscono: e così queste carovane di persone trovano rifugi di fortuna. Pochi uomini arrivano in Ciad, la maggior parte è stata uccisa, combatte o è scomparsa. I rifugiati di Adré sono per il 90% donne e bambini.
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IL GIALLO DELLA MISS SAUDITA
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L’Arabia Saudita valuta di presentare una candidata a Miss Universo 2024. Si attende una decisione “molto presto”, spiega all’Afp Maria Jose Unda, responsabile delle relazioni internazionali del concorso. Solo pochi anni fa era del tutto impensabile che nel Regno musulmano wahabita, ultraconservatore, dove le donne vestono il velo e il lungo abaya nero, potesse presentare una miss alla prossima edizione del concorso, prevista in Messico a settembre. A marzo scorso ha suscitato scalpore sui social l’annuncio di Rumy al-Qahtani, 27 anni, modella, “onorata” di essere stata selezionata come candidata saudita a Miss Universo. Una dichiarazione smentita dall’organizzazione. In Arabia Saudita è in corso una lenta trasformazione, con alcune riforme sociali introdotte dal regnante de facto, il principe ereditario Mohammed bin Salman, che ha allentato alcune restrizioni alle donne e, soprattutto, sta aprendo il Regno all’intrattenimento, allo spettacolo e allo sport, e vuole incentivare il turismo di massa. Progressi che non hanno però modificato in modo sostanziale le pesanti discriminazioni che subisce la popolazione femminile. Qahtani ha detto all’AFP di aver già partecipato a diversi concorsi di bellezza in Medio Oriente e in Europa, e di aver subito critiche per le sue foto avvolta nella bandiera saudita: “Molti atleti lo fanno, non volevo essere in alcun modo offensiva”.
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L’ESECUZIONE DELLA TIKTOKER IRACHENA
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Ghufran Sawadi, in arte Om Fahad, è diventata molto popolare su TikTok con i video in cui balla musica pop in abiti sgargianti, aderenti, colorati, seguiti da milioni di followers. L’ultimo video che la ritrae, però, è quello di una telecamera di sorveglianza che ha ripreso la sua morte: lei è seduta in macchina, davanti casa nel quartiere Zayouna di Baghdad; un uomo scende da una moto, indossa il casco e abiti scuri, probabilmente finge di essere un rider; si dirige verso di lei e apre il fuoco. A gennaio 2023 il governo in Iraq aveva istituito un comitato, incaricato di scovare “contenuti osceni e degradanti” pubblicati online, al fine di salvaguardare “la morale e le tradizioni familiari” della società irachena. Era stata creata anche una piattaforma attraverso cui gli utenti potevano segnalare contenuti da rimuovere. Un mese dopo, la tiktoker era stata condannata a sei mesi di carcere da un tribunale secondo cui i suoi video contenevano “discorsi indecenti che minavano il pudore e la moralità pubblica”. Secondo l’Euro-Med Human Rights Monitor di Ginevra invece i video di Om Fahad non superavano il limite della libertà di espressione. L’uccisione di Om Fahad ha dei precedenti: nel 2018 Tara Fares, modella di 22 anni era stata uccisa a colpi di pistola. A settembre 2023 stessa sorte per Noor Alsaffar, tiktoker di 23 anni. A gennaio 2024 la 22enne star di YouTube Tiba al-Ali è stata strangolata dal padre.
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Fa discutere, in Perù, il caso di Ana Estrada, prima persona a morire facendo ricorso all’eutanasia, grazie a un’eccezione al divieto nazionale deciso da un tribunale. La Conferenza episcopale peruviana ha condannato il gesto, definendo l’eutanasia una violazione del diritto inalienabile alla vita: secondo i vescovi non esiste giustificazione per porre fine alla vita di una persona, indipendentemente dalle circostanze. Quella di Ana Estrada è la storia di una battaglia per un diritto che non è riuscita a ottenere per tutti, ma apre uno spiraglio in Perù per quella che lei definiva “una morte dignitosa”.
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L’Indonesia è l’arcipelago-stato più grande del mondo, sedicesima economia del mondo, oltre 17mila isole estese per 5mila km e tre fusi orari, eppure fortemente Giava-centrico: il governo vuole alleviare la pressione su Giacarta – che è satura dal punto di vista demografico e sta anche rapidamento sprofondando sotto il livello del mare – ed equilibrare lo sviluppo economico nazionale: Nusantara, nel Borneo, è concepita su larga scala, sarà quattro volte più grande di Giacarta. Trasferendo la capitale, il governo spera non solo di ridistribuire la ricchezza, ma di creare una sede amministrativa più centrale e con meno viaggi e complessità operative per accedere agli estremi dell’arcipelago. Un cambiamento epocale che nasce con la presidenza di Joki Widodo e andrà avanti con quella di Prabowo Subianto. Prima tappa il 17 agosto 2024.
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I PROTETTORI DELLA RETE, ANCHE IN FONDO AL MAR
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Le e-mail, i social network, i bonifici bancari, la sorveglianza satellitare, tutto viaggia su cavi sottili quanto un tubo da giardino. Secondo TeleGeography, ci sono circa 1,28 milioni di chilometri di questi cavi sottili che attraversano gli oceani della Terra. Per la maggior parte della loro lunghezza si trovano sul fondo dell’oceano. Se, ipoteticamente, tutti questi cavi si rompessero contemporaneamente, la civiltà moderna cesserebbe di funzionare. Il sistema finanziario si congelerebbe, il commercio valutario si fermerebbe, le borse chiuderebbero. Banche e governi non sarebbero in grado di trasferire fondi tra paesi perché il sistema interbancario Swift e quello statunitense si affidano entrambi a cavi sottomarini per regolare oltre 10mila miliardi di dollari di transazioni ogni giorno. In ampie zone del mondo, le persone si ritroverebbero senza carte di credito, gli sportelli bancomat non erogherebbero più contanti. Fortunatamente, c’è abbondanza di cavi da rendere quasi impossibile questo scenario, ma le rotture dei cavi accadono. In media, 200 volte l’anno. Il motivo per cui i siti web continuano a caricarsi, gli stipendi vengono accreditati e i bonifici bancari vengono eseguiti è grazie alle persone che vivono a bordo e lavorano su una ventina di navi in tutto il mondo, che fanno a gara per riparare ogni cavo non appena si rompe. The Verge dedica loro un approfondimento da non perdere.
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