Istituire la ricorrenza del 9 novembre* di Vincenzo D’Anna*
*Istituire la ricorrenza del 9 novembre*
di Vincenzo D’Anna*
Il caso di Antonio Scurati, lo scrittore “oscurato”, a quanto pare, da un programma di Rai Tre, dove avrebbe dovuto “recitare” un ricordo sul 25 Aprile commemorando un martire del Fascismo come Giacomo Matteotti, alimenta ancora polemiche. Queste ultime, sempre più acrimoniose e partigiane, vengono utilizzate per dimostrare il teorema che al governo, a ottant’anni di distanza dalla caduta del regime mussoliniano, ci siano gli eredi del Duce. La querelle è evidentemente rivolta a dimostrare il falso paradigma che, sotto sotto, scorra ancora un fiume carsico capace di alimentare quel credo disvelandone così la macabra esistenza. Tuttavia la verità è tutt’altra. Sembra infatti (il condizionale è d’obbligo) che lo scrittore pretendesse un cachet di 1.800 euro per un solo minuto di monologo!! Abbiamo già avuto modo di sostenere, rivolgendoci a quelli che oggi chiedono libertà di celebrazione della ricorrenza, che la commemorazione di un sacrificio richiederebbe la gratuità dell’opera!! Altro che cachet!! Torniamo a ribadirlo, ricordandolo anche al sindacato della Rai (l’Usigrai), per lo più un coacervo di giornalisti con tanto di tessera in tasca e da sempre al servizio dei loro dante causa politici, il quale pure ha protestato e si è dissociato per l’esclusione di Scurati. I giornalisti Rai, appunto, sono circa duemila dei quali cinquecento divenuti dirigenti, ossia il doppio dell’emittente inglese BBC, ma a quanto pare non ancora sufficientemente autonomi. Tornando ai fatti, c’è da dire che l’imminenza delle elezioni europee sta spingendo le opposizioni e tutti gli addentellati di stampa dei partiti di opposizione ad eleggere Scurati a neo martire della libertà e vittima di una censura politica. Ancora una volta il 25 Aprile, data che celebra la liberazione dell’Italia dal nazifascismo, torna ad eccitare faziosità interpretative evocando i fantasmi di un’epoca storica finita ormai nel lontano 1945. Chissà perché il termine antifascista si sia eternato e la lotta al fascismo venga riproposta puntualmente a distanza di oltre un secolo dalla marcia su Roma!! Un interrogativo al quale se ne può aggiungere un altro di pari valenza storico-politica: la scomparsa dell’anticomunismo. Parliamoci chiaro: ovunque sia stata applicata, l’ideologia marxista si è sempre mostrata illiberale, tragica e tirannica. Come mai, allora, il comunismo non è oggetto di esecrazione e di condanna perpetua come invece accade nei confronti del fascismo? Perché mai l’anticomunismo non è ritenuto un valore da mantenere vivo come è accaduto per l’antifascismo? Quale motivo di fondo, culturale, sociale e politico, ha determinato la scomparsa dell’anticomunismo dal lessico comune non è’ dato sapere. Mai nessuno ha pensato di celebrare il 9 novembre del 1989, data della caduta del muro di Berlino e, di fatto, del disfacimento e della sconfitta storica di un’ideologia. Eppure stiamo parlando di regimi ben più crudeli e duraturi del fascismo, durante i quali si contano decine di milioni di morti, una vita di stenti e repressione per centinaia di milioni di inermi cittadini. Qualcuno obietterà che il 25 Aprile si celebra la liberazione dell’Italia dal nazifascismo e che la fine del comunismo dovrebbero, semmai, celebrarla i popoli che furono costretti a sopportare il peso dei soviet. Ed allora occorrerebbe precisare che l’Italia la liberarono militarmente ed in massima parte gli Alleati con il contributo di ciò che rimaneva del Regio Esercito nel frattempo messosi agli ordini dell’ex nemico e delle brigate partigiane. Se questo è storicamente provato bisognerebbe allora smetterla con l’apologia della guerra partigiana chiamandola col vero nome di guerra civile: un conflitto combattuto tra coloro che scelsero di aderire alla Repubblica Sociale di Salò e quelli che invece dissero sì ai valori del riscatto e delle libertà dalla dittatura fascista e dall’occupazione tedesca. Se però l’antifascismo diventa una falsa rappresentazione, piegato com’è alle convenienze contingenti e valevole per ogni stagione politica, immarcescibile ed imperituro, lo stesso dovrebbe allora valere per l’anticomunismo e le immani tragedie di cui esso si è reso protagonista fino alla fine del secolo scorso. Non tanto per parificare le cose, non tanto per annullarle col contrario segno politico, ma come deterrente perché finisca, una volta e per tutte, la strumentalizzazione di quella lontana storia italiana e non si utilizzi il termine “antifascista” senza fare cenno e menzione del suo speculare anticomunismo. Fino a quando l’egemonia culturale della sinistra l’ha fatta da padrone nel campo della letteratura, dell’arte, della cinematografia e del giornalismo, questa disparità di trattamento storico è stata data per scontata: la riprovazione eterna per l’uno, l’antifascismo; l’oblio e la minimizzazione per l’altro, l’anti comunismo. Per gli amanti della libertà civili e politiche il 9 novembre varrebbe certamente il 25 Aprile.
*già parlamentare
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