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Inaugurata a Fiesole la sede del Consiglio dei Giovani del Mediterraneo. Mons. Baturi (Cei): “La frontiera di pace passa attraverso i giovani”

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Il progetto del Consiglio dei Giovani del Mediterraneo, istituito nel luglio 2023, trova oggi una sede nel Seminario Vescovile di Fiesole. All’inaugurazione è presente anche una delegazione dei 34 membri del Consiglio che rappresentano a loro volta 19 Paesi diversi e le loro confessioni. I saluti iniziali spettano al vescovo di Fiesole, mons. Stefano Manetti, che accoglie questi giovani in città. Per mons. Manetti manifestano la volontà di rendere possibili le relazioni tra le comunità nel bacino sulla base della fraternità, raccogliendo il testimone di La Pira. Lo scopo è quello di creare un Mediterraneo che sia spazio di dialogo e pace, dove i popoli possano ricevere “la luce della conoscenza, la grazia della bellezza e il calore della fraternità”. Per il vescovo, continuare il sogno di La Pira significa che i giovani si fanno portatori di luce avviando processi con risultati sorprendenti. A conclusione dei saluti, le parole usate sono quelle di Papa Francesco, “è importante sognare insieme, da soli si rischiano miraggi”.

Anche mons. Fabio Celli, rettore del Seminario, cita La Pira: “I giovani sono come le rondini, vanno verso la primavera”. E si augura che la nuova sede possa essere portatrice di dialogo tra il Consiglio e i giovani che vivono Fiesole, inclusi quelli del Seminario. La parola passa poi alla presidente della rete Mare Nostrum, Patrizia Giunti, che spiega come la rete sia la sintesi delle tre realtà alle quali è stato affidato il compito di supportare il Consiglio dei Giovani in tutte le sue attività: Fondazione Giovanni Paolo II, Centro internazionale studenti “Giorgio La Pira” e Opera della gioventù “Giorgio La Pira”. Giunti si sofferma sulla scelta del nome, Mare Nostrum: il rimando alla storia antica di Roma e al suo diritto, ma anche a una dimensione nella quale Oriente e Occidente respirano insieme. La presidente, infine, ribadisce il “bisogno unanime di credere nell’ineluttabilità di un percorso di pace, che sappiamo essere l’unica alternativa alla guerra distruttrice”. E poiché “dobbiamo credere alla luce quando c’è il buio”, è questo che i giovani devono fare: forzare l’alba a nascere, creare la pace. Aleks Birsa Jogan, del Direttivo del Consiglio Giovani del Mediterraneo esprime la consapevolezza dei membri del Consiglio di non poter salvare il mondo né da soli né nell’immediato. Da questo però deriva la forza di portare la forte fede che hanno in comune in tutti gli ambienti che frequentano, siano essi sociali, scolastici, istituzionali o lavorativi, per cominciare da lì a cambiare le cose.

“La giovinezza è una ricchezza particolare” prosegue mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, in quanto “continuo inizio e ricerca di felicità”. È tuttavia evidente che oggi i giovani vivono immersi in contraddizioni significative, spesso convocati a odiare e a combattere gli uni con gli altri. Alle guerre si aggiunge il fenomeno migratorio, che li costringe ad allontanarsi per cercare una vita migliore. Ma guardando a occidente, non possiamo non vedere i tanti giovani che soffrono di ansia, causa un futuro incerto che provoca impotenza e rassegnazione, spesso sfogata sul corpo. È quindi evidente la mancanza di una compagnia e una risposta autorevoli, che diano forza ed energia costruttiva alla giovinezza, ed è questo il compito della Conferenza episcopale italiana. “Per noi – aggiunge mons. Baturi – la frontiera di pace passa attraverso i giovani, sono loro la frontiera di un mondo nuovo che sta già irradiando luce. Il loro è uno sguardo più libero, hanno più futuro da affrontare che storia da difendere rispetto a noi”. L’intervento conclusivo è del direttore generale per gli Affari politici e di sicurezza. Pasquale Ferrara, per il quale “parlare di frontiere di pace rappresenta già un progresso rispetto al tema del ‘grande arco di crisi’”. Ma serve superare progressivamente il concetto di frontiera, vedere il Mediterraneo come riva comune per non avere un’idea ancorata a un passato non decolonizzato. Lo sguardo europeo, afferma Ferrara, ha sempre guardato alla zona del Mediterraneo con preoccupazione: per l’approvvigionamento energetico, per le frontiere, per la sicurezza interna legata a possibili minacce terroristiche. È necessario uno sguardo inclusivo, che utilizzi la cultura e la storia per combattere l’ignoranza. Ma servono anche organismi di “diplomazia preventiva”, come strumento alternativo al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e alla guerra. Serve infine, ricorda Ferrara, una grande “immaginazione politica”, che non è utopia, ma un modo di far fronte ai conflitti e alle drammatiche conseguenze che essi hanno sulla società e sull’ambiente.

Fortemente voluto e sostenuto dalla Cei, il Consiglio mira a curare la dimensione spirituale, a rafforzare l’azione pastorale davanti alle sfide odierne e a costruire relazioni fraterne, come racconta il portale www.giovanimediterraneo.org dove sono disponibili informazioni e notizie.

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