Def 2024: il Governo scommette sulla ripresa mondiale ed europea
Nel Documento di economia e finanza 2024 il Governo scommette sulla ripresa mondiale ed europea e sugli effetti del Pnrr, ipotizzando una crescita inferiore a quella indicata nella Nota dello scorso autunno (+1,2%), ma ben superiore alle stime della Banca d’Italia (+0,6%) e di altri previsori italiani ed esteri. Nel Def approvato dal Consiglio dei ministri si calcola inoltre un aumento dell’1,2% per il prossimo anno, dell’1,1% nel 2026 e dello 0,9% nel 2027. Il deficit (la differenza annuale tra le entrate e uscite) viene confermato al 4,3% per l’anno in corso, ma scenderà al 3,7% il prossimo anno, al 3% nel 2026 e al 2,2% nel 2027. Il debito (che in pratica è l’accumulo dei deficit) sale rispetto al 2023 (137,8% contro 137,3%) e continuerà a crescere nel 2025 (138,9%) e nel 2026 (139,8%), per poi fermarsi e accennare una discesa nel 2027 (139,6%). Sulla traiettoria dei conti pubblici pesano la spesa per interessi, collegati all’andamento del debito e dei tassi, e gli effetti dei bonus edilizi. Le ultime stime sul Superbonus indicano un saldo finale che viaggia verso i 210 miliardi e le ripercussioni si spalmeranno sui prossimi quattro anni. E sì che il grosso delle conseguenze si è già scaricato sul 2023, con un balzo del deficit dal 5,3% del Pil previsto nella Nota autunnale al 7,2%.
Bisogna comunque tenere conto che quello varato dal Consiglio dei ministri è un Def esclusivamente “tendenziale”. Vale a dire che si limita a fotografare le tendenze in atto a legislazione invariata e non contiene le indicazioni programmatiche. Era accaduto già in due occasioni, in presenza di governi dimissionari (Gentiloni e Draghi) per lasciare agli esecutivi che sarebbero nati dopo le elezioni il compito di elaborare le rispettive leggi di bilancio. In questo caso la motivazione del Def a bocce ferme – criticato dalle opposizioni che accusano il governo di non volersi sbilanciare prima del voto – è nella riforma del Patto di stabilità europeo che deve ancora essere approvato in via definitiva e di cui non si conoscono quindi tutte le implicazioni operative. Per quest’anno di transizione il Piano fiscale-strutturale di medio termine, il nuovo strumento di programmazione da presentare a norma entro il 30 aprile, avrà come scadenza il 30 settembre e per quella data il governo conta di fornire tutti gli elementi utili per la costruzione della prossima manovra economica, sperando in un esito delle elezioni europee che consenta di avere migliori margini politici di negoziato. Sarà infatti necessario reperire almeno 20 miliardi per rinnovare le principali misure contenute nell’ultima legge di bilancio e finanziate solo per quest’anno, a cominciare dal taglio del cuneo fiscale che secondo il ministro dell’Economia Giorgetti dev’essere “assolutamente” replicato.
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