Sabato Santo: la voce del silenzio
Nella nostra società contemporanea ci sono due comportamenti che sembrano in opposizione. Da una parte andiamo sempre di fretta, viviamo nel rumore, nella confusione: gente che corre, si agita, si arrabbia. Siamo tutti stressati dal logorio della vita moderna ed aumenta lo stress e il consumo di psico-farmaci.
In proposito c’è un gustoso aneddoto che vorrei raccontare. Un monaco tibetano, dalle silenziose ed immacolate vette himalayane, sbarcò per la prima volta in un aeroporto di Londra. Si trovò in mezzo al rumore ed alla confusione della folla che, frettolosa, andava in tutte le direzioni. Rimase, a dir poco, confuso. Pensoso e perplesso disse al suo accompagnatore occidentale: “Dove corrono tutte queste persone? Mi sembra che vadano più veloci della loro anima”.
Dall’altra parte, un numero sempre più crescente di persone è attratto dalla vita contemplativa dei monaci e frequenta monasteri, oasi di pace e contemplazione, di silenzio, di armonia, soprattutto in mezzo alla natura; non sempre sono credenti, praticanti o con un solido cammino di fede. Per non parlare dei cultori di yoga, di filosofie e tecniche meditative orientali.
L’uomo di oggi, più che mai, vive in sé questa lacerazione, questa frattura. È interessante riconoscere in tutto ciò come un richiamo dello Spirito che vuol ricondurci alla verità della nostra persona, del nostro essere più profondo ed autentico; che vuol ricondurci alla nostra anima, al centro del nostro cuore dove lì solo si può incontrare Dio, l’autore della nostra vita. Come dice S. Agostino: “La verità abita nell’uomo interiore, non uscire fuori…”. In fondo, la crisi dell’uomo contemporaneo è anche il segno della nostalgia del totalmente Altro, dell’Eterno.
Il silenzio è un mezzo finalizzato a due grandi attività dello spirito: l’ascolto e la contemplazione, che sono in stretta connessione. Il silenzio esterno è solo una scuola per un silenzio interiore più profondo: “Il silenzio qualche volta è tacere, sempre ascoltare” (M. Delbrêl). È necessario educarsi a tacere, col silenzio esteriore, per non lasciarsi “drogare” dal rumore e governare gli istinti, che ci spingono a reagire e a rispondere in modo impulsivo alle provocazioni infinite della vita.
A livello umano un dialogo è fatto di silenzi e di parole. Se io non sto zitto non posso ascoltare l’altro. Il silenzio è un valore in tensione con il valore parola, altrimenti sarebbe mutismo. La vita dell’uomo è relazione, comunione. Ma nel cuore dell’uomo resta uno spazio di solitudine – uno spazio “vergine” – che può essere abitato e colmato solo da Dio.
Non è affatto scontato che nel silenzio ci sia sempre un incontro con Dio. Prima, forse, mi porta a fare altri incontri necessari per andare, pacificato, anche verso Dio. A volte, serve per incontrare se stessi, per andare nel profondo di se stessi; per scendere dalla superficialità – io superficiale, desideri superficiali – ad un io profondo, desideri profondi. Altre volte, è un’esigenza per capire la realtà dell’altro, del fratello che mi sta davanti.
Senza un desiderio di mettersi in ascolto il silenzio è solo vuoto che spaventa. Dio può anche tuonare ma se io faccio il sordo non accade nulla. Il silenzio serve per eliminare ciò che crea confusione nel cuore. Per fare silenzio non basta che tacciano i rumori esterni: ci vuole un cuore puro di chi è staccato da tanto egoismo materialista e anzitutto da sé stesso, e diviene così capace di raccogliersi in sé, in quel “santo dei santi” che è il cuore umano e in cui abita Dio e lì ci dà appuntamento.
È dal silenzio di chi ha un orecchio teso al Verbo che nasce la parola giusta e misurata. Chi non sa ascoltare non è capace nemmeno di parlare, come è evidente nel caso dei sordo-muti. Il silenzio è un cammino verso un’umanità più piena. Un uomo dallo stile silenzioso mostra tutta la grandezza della sua personalità. Lo sottolineano in modo opportuno l’espressività di alcuni versi di Emily Dickinson: “Temo un uomo dal discorso frugale – temo un uomo silenzioso. L’arringatore – posso sorpassare – il chiacchierone intrattenere –. Ma colui che pondera – mentre gli altri spendono l’ultima lira – di quest’uomo – diffido – temo che egli sia grande”.
(*) abate dell’abbazia monaci trappisti a Frattocchie (Rm)
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