Intemerata in-te-me-rà-ta SIGNIFICATO Rimprovero lungo e violento; discorso lungo e noioso
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Intemerata
in-te-me-rà-ta
SIGNIFICATO Rimprovero lungo e violento; discorso lungo e noioso
ETIMOLOGIA voce dotta recuperata dal latino cristiano O intemerata Virgo, inizio di una lunga preghiera alla Madonna.
- «Prima di farlo uscire gli ha fatto un’intemerata.»
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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‘Intemerata’ è il femminile di ‘intemerato’, no? Ci parla di qualcuna che è incorrotta, pura — e lo fa da un registro che forse non usiamo tutti i giorni, anche se l’effetto è di una bellezza struggente. Be’, ‘intemerata’ può portare questi significati, e possiamo parlare dell’amministratrice intemerata che si ricandida alle elezioni, alla versione intemerata che il testimone continua a dare fin dal primo momento, alla torta che abbiamo conservato intemerata colpendo col mestolo innumerevoli dita rapaci tese ai riccioli di panna. Ma l’intemerata (sostantivo, non aggettivo) può anche essere qualcosa di meno liliale, perfetto e amabile, nella fattispecie un rimprovero aspro e lungo. Naturalmente c’è un filo etimologico che collega queste accezioni — purezza e rampogna — ed è di un genere obliquo e lievemente dissacrante che ci è già capitato d’incontrare.
Nel medioevo (e peraltro in buona parte d’Europa) ebbe successo una particolare preghiera da rivolgere alla Madonna, che iniziava col verso O intemerata Virgo (cioè ‘O Vergine incorrotta’). È il caso di apprezzare questo ‘intemerata’ en passant anche per la sua profondità etimologica: il latino temerare è un ‘profanare’, letteralmente un ‘trattare senza riguardo’, dall’avverbio tèmere ‘senza riflessione, a casaccio’, da cui anche la vena del temerario, e affine nientemeno che alle tenebre. Ad ogni modo, questa preghiera era naturalmente recitata con slancio e fede — ma anche le migliori intenzioni fanno i conti con pensieri terragni, se non meschini.
A quanto pare l’estensione del testo e le modalità della recitazione di questa preghiera — per non considerare il fatto non dappoco che comunque era in una lingua straniera — la rendevano lunga e tediosa in maniera particolare. In questi casi, è facile che un orecchio sufficientemente malizioso peschi un titolo, o un termine che rende riconoscibile la preghiera in questione (come quell’intemerata, così inusuale) e lo attragga nel lato oscuro dei significati della predica. Quale lato oscuro?
È una terra meravigliosa, in cui si intrecciano lunghezza interminabile, noia insostenibile, irritante inclinazione alla repressione, autorità rigida e opprimente, e rassegnazione. È lo splendido crinale su cui s’incontrano i due versanti del discorso sia chilometrico sia barboso, e della lavata di capo. Così l’intemerata prende tutta un’altra veste.
Seguiamo il seminario in cui si susseguono intemerate su una quantità di rischi burocratici, sopportiamo le intemerate sugli effetti deteriori del nostro amato vizio, dopo l’errore sciocco ci becchiamo un’intemerata.
Non è lagnosa come la geremiade, né insistente e ripetitivo come la giaculatoria (per restare in ambito dissacrante), ma ha anche un aspetto meno oppressivo della reprimenda, meno aggressivo della rampogna (ma non meno solenne). Il suo sussiego si apprezza anche a contrasto con la disinvoltura del rimbrotto e la spontaneità del rimprovero.
Come si nota il tessuto storico e semantico qui è davvero ricco; certo resta un termine ricercato, ma forse in questa veste l’intemerata è più accessibile dell’intemerata-aggettivo — difficilmente quando raccontiamo che qualcuno, per una mancanza, ci ha fatto un’intemerata, lasciamo qualche dubbio sul suo significato.