‘L’equinozio di Pirimavera’: argute considerazioni del professore molisano Gugielmo Di Burra
Fra gli innumerevoli insegnamenti della Tradizione è certamente passato nella storia dell’uomo quello relativo al grande ritmo del tempo sacro degli antichi, con i due poli contrapposti in orizzontale e i due in verticale, coincidenti con i due Giovanni, Battista ed Evangelista, della tradizione cristiana.
Ma questo ritmo, nella cultura delle società iniziatiche, è rivissuto secondo un’immagine nuova e diversa, che non assume a sé le cadenze del tempo cosmico, bensì lo riconduce alla misura dell’uomo, costituendolo in alto mistero sigillato in interioritate animae: così che questo Sole che declina e si chiude nelle tenebre, che risorge nel suo lento trascorrere stagionale, si fa metafora dell’eterna vicenda della creatura.
Di conseguenza, come al di fuori v’è un sistema con i suoi cicli e le sue leggi, così al di dentro, l’uomo, ponendosi in rapporto col cosmo, può trovare cicli e leggi, cioè un equilibrio che, mentre l’avvia allo sviluppo spirituale, lo fa diventare un essere cosmico cosciente. Captando la relazione micro-macrocosmica, l’uomo discende nel suo interno e dal suo interiore risale al senso cosmico, ristabilendo i contatti con l’Unità.
La Terra, nel suo orbitare intorno al Sole, raggiunge ciclicamente quattro posizioni privilegiate, quattro punti che crocifiggono lo spazio e lo fissano ermeticamente intorno alla luce centrale.
Questi quattro punti sono i due solstizi e i due equinozi: i primi due dedicati ai due Giovanni della tradizione cristiana, ovvero a Giano bifronte di quella pagana, i secondi dedicati rispettivamente ai due segni astrologici dell’Ariete e della Bilancia.
Queste osservazioni sembrano trovare riscontro nelle parole che seguono, tratte da un testo del quale si darà indicazione più avanti:
“Invero fin dalle epoche molto remote quando l’umano intelletto non ancora imbevuto e turbato dal materialismo, dal positivismo, dallo scetticismo, riusciva meglio ad avvertire ed intravedere la Verità rinchiusa innanzitutto in noi stessi,nei princìpi intellettuali e nella vita spirituale dell’anima, si intuì l’esistenza di un centro unico dal quale si riparte tutta la potenza della vita e nel quale risiede il più recondito segreto della vita stessa e del suo rinnovarsi; e tale centro fu appunto identificato nel Sole.
Esaminando il ciclo che il Sole compie in un anno, fu facile precisare due momenti particolari fra loro opposti: uno di massimo splendore; l’altro di minimo; quindi, constatata la corrispondenza di essi, uno al maggior rigoglio della vita e l’altro al momento della sua fine, fu naturale raffigurare, nella linea che congiunge questi due punti, l’asse della vita.
Procedendo oltre nello studio e nella osservazione, l’umano intelletto ha potuto in seguito precisare altri due particolari momenti, anche essi fra loro opposti del cielo solare e cioè quelli aventi nel cielo diurno un preciso equilibrio fra la luce e le tenebre. Collegando questi due estremi, che per gli antichi costituivano le feste equinoziali, si vide un altro asse che fu quello dell’equilibrio, della Giustizia.
Da questi due assi aventi gli estremi egualmente intervallati sorse il primo simbolo della CROCE, che era appunto il simbolo più sacro delle religioni esoteriche, ancor prima della religione cristiana.”
Quanto riportato nel corsivo che precede è tratto integralmente dalla “Nota di commento” di Maurizio Segrè al XVII Grado – Cavalieri di Oriente e di Occidente – descritto nella poderosa opera (una raccolta di trentadue saggi) di Alfred Pike: Morals, Dogma and Clausen’s commentaries, Ed. Bastogi, Foggia.
Osservando il ciclo dell’anno, vediamo come proprio in primavera la Terra si sveglia, le forze elementari che dormivano in essa, sollecitate dalle forze solari, si irradiano come luce, calore e soprattutto come correnti creatrici occulte.
L’equinozio di primavera, punto di convergenza delle due potenzialità estreme dei solstizi, corrisponde alla nascita dell’Universo. E’ tradizione, infatti, che il “FIAT” divino creasse il Cielo e la Terra sotto il segno dell’Ariete.
Anzi, al riguardo, è il caso di ricordare che nella tradizione ebraica il calendario presenta una caratteristica “unica”, nel senso che non trova riscontro in nessun altro sistema di computo temporale ed è quella secondo la quale il conto dei mesi ha inizio in un momento diverso da quello dell’anno: infatti, il primo comincia dalla luna nuova più vicina all’equinozio di primavera, il secondo invece dalla lunazione più vicina all’equinozio di autunno.
Il computo dei mesi incomincia in primavera perché così è stabilito da un precetto della Torah, anzi è il primo dei 613 che Dio diede ai figli di Israele nel momento in cui il popolo uscì dall’Egitto (Es, 12-2 : “Questo mese è per voi il capo de’ mesi; sarà cioè per voi il primo dei mesi dell’anno”).
L’aver stabilito, invece, che l’inizio dell’anno ebraico è connesso con il primo mese dell’autunno, è il risultato di lunghe e complicate discussioni tra i rabbini, riportate nel volume “Trattato Rosh ha Shanà” del Talmud babilonese.
In sostanza, al centro della discussione c’è il desiderio di appurare quando il mondo è stato creato, poiché l’inizio dell’anno altro non è che la ricorrenza ciclica di quell’evento. Fra le opinioni che si confrontano – sempre corroborate da “prove” tratte dalla Toràh – prevalse, su quella di rabbi Yeoshua, quella di rabbi Eliezer, che sostenne, con l’appoggio di altri rabbini, che l’inizio dell’anno era da fissare nel primo e secondo giorno della luna nuova più vicina all’equinozio di autunno.
Le discussioni talmudiche intese a stabilire se la “data della creazione doveva coincidere con la lunazione di autunno o con quella di primavera, alle nostre mentalità abituate ormai alle discussioni scientifiche sui miliardi di anni in più o in meno che il Cosmo avrebbe, potrebbero, quanto meno, apparire puerili. Ma qui, c’è da fare qualche “distinguo” fra la visione esoterica e quella essoterica.
Gli scienziati, infatti, nella loro visione essoterica sono preoccupati di indagare il fattore “quantità” del processo creativo e l’aver stabilito il numero di miliardi di anni dell’esistenza del mondo (ammessa l’esattezza delle loro valutazioni) è un fatto puramente esteriore, che ben poco influenza il nostro comportamento quotidiano, e il nostro atteggiamento gli uni verso gli altri.
L’esoterismo, invece, ricerca il fattore “qualità” della creazione e pertanto quando si indica un momento del ciclo annuale come quello di inizio, si vuole ricercare la “qualità di quel momento del tempo che attraversiamo ogni anno” e il cui ripetersi comporta l’irradiamento di una particolare gamma di fattori energetici che influenzano profondamente i rapporti con noi stessi, con gli altri, con il mondo e con il Trascendente.
Tornando all’equinozio di primavera, è noto che in coincidenza di esso avevano inizio nell’antichità i “Piccoli Misteri”, dedicati appunto alle forze rigeneranti della Natura che si risveglia, come Le grandi Dionisie greche, o le Liberalia romane del 17 marzo.
Le Grandi Dionisie, solenni festeggiamenti antichi in onore del dio Dioniso, si svolgevano ad Atene nel mese di Elafebolione (indicava il nono mese dell’antico calendario attico, corrispondente alla seconda metà di marzo e alla prima metà d’aprile, quando si celebravano le feste della caccia al cervo in onore di Artemide). Sotto questo segno, la dea Afrodite si unisce al giovane Adone e dalla loro unione fiorisce e germina tutta la Natura.
Luogo e periodo non sono certo casuali: in primavera, infatti, le condizioni di navigabilità del mar Egeo erano ottimali, garantendo alla polis la presenza di un numero considerevole di stranieri. Questa particolare condizione di cosmopolitismo permetteva agli Ateniesi sia di mostrare la propria superiorità culturale, sia di farne occasione di propaganda politica e militare di fronte alle altre città greche.
Nello stesso periodo dell’anno, si celebravano le feste romane antiche in onore del dio Libero (Bacco, chiamato dai greci Dioniso). Si tenevano ogni anno, il 17 marzo. In quel giorno i giovani che avevano raggiunto il sedicesimo anno di età, deponevano la bulla e la toga praetexta (o libera) e prendevano la toga virilis; il ragazzo passava, quindi, dallo stato di puer a quello di adulto, assumendo così tutti i diritti ed i doveri del cittadino romano.
Pertanto, i Misteri di Primavera sono quelli naturali, dedicati alla generazione, alla fecondità e all’amore, un tempo contrassegnati da riti più o meno orgiastici e persino crudeli (così straordinariamente descritti da Stravinskij nella sua “Sacre du printemps”).
Non per nulla il mito di Adone parlava di morte e di sangue: sangue spruzzato su tutta la natura vegetale dal cinghiale della lussuria e della violenza, simboleggiato dai petali rossi degli anemoni, ambasciatori della primavera imminente.
Infine, per i cattolici è di particolare interesse la tradizione cristiana che celebra l’equinozio di primavera con la festività della Pasqua, la quale non ha una data stabile, ma è determinata dalla chiusura del ciclo dodecimale o termine dell’anno solare, e dopo la fine del primo ciclo quaternario lunare; Più precisamente, anzi più semplicemente, la sua ricorrenza cade nella prima Domenica (ossia nel primo giorno solare) che segue il primo plenilunio posteriore all’equinozio di primavera. Essa, dunque, è subordinata alla fine di due cicli solare e lunare, ovvero in base ai due periodi che hanno la massima influenza e corrispondenza in ogni vegetazione e generazione. Per molti cristiani, l’evento della Pasqua non rappresenta solo il credere nella Resurrezione del Corpo di Cristo, bensì, il sepolcro dischiuso è il simbolo della Rinascita del Pensiero.
Ciò detto, forse possiamo aggiungere che anche la Pasqua cristiana è ricca di simboli significativi, attraverso i quali traspare quell’aspetto non solo fisico e materiale al quale abbiamo innanzi accennato. Valga per esempio, ma soprattutto il simbolo dell’uovo, cioè della matrice della vita sul piano della materia e della rinascita dopo l’agghiacciante esperienza del sepolcro.
Tuttavia, non va dimenticato che si tratta sempre della rinascita della carne, della re-surrezione di Saturno, sia pure glorificato e spiritualizzato dalla Grande Opera.
“Vasi figurati”, per rappresentare le tre fasi principali della Grande Opera, attraverso le varie trasmutazioni della “materia” sotto l’azione del fuoco, raffigurati come tre ampolle contenenti ingredienti di colore diverso (nero, bianco e rosso), nel manoscritto “Pretiosissimum Donum Dei”, (1415), attribuito all’alchimista Georges Aurach.
Infatti, la materia, riscattata e trasformata dalla Grande Opera, ritrova la dignità del Sacro.
Il tetro Saturno ci tiene reclusi nella squallida esistenza della materia, ci tiene prigionieri nel Regno della Morte e del Caos. Ma l’Artefice del Creato, nel segno dell’Ariete, edificò l’Universo dal Caos e gli infuse il Fuoco divino. Così, dopo la putrefazione dell’inverno e il nero corvo delle tenebre, potrà apparire la bianca colomba di Afrodite, nell’esplosione vegetale della Primavera.
Con questa simbologia gli antichi alchimisti illustravano il trasferimento dall’opera al nero a quella al bianco; Dante avrebbe parlato di passaggio dall’Inferno al Purgatorio.
Tutto questo, infine, viene simboleggiato dal sepolcro che si spalanca perché il Figlio dell’Uomo risorga (e rinasca anche il Pensiero dell’Uomo). E ciò accade o deve accadere all’equinozio di primavera, perché esso rappresenta il punto di perfetto equilibrio della qualità sulfurea e di quella mercuriale, della volontà ignea e dell’immaginazione plastica, dell’attività e della passività, dell’anima diurna e di quella notturna.
E, per concludere, se il fine è quello di “raggiungere la luce”, ebbene, a tale scopo, è innanzitutto necessario stabilire, nei luoghi (spazio) e momenti (tempo) sacralmente importanti, un’armonia tra l’uomo e l’ordinamento cosmico, in quanto non vi è esistenza possibile senza un adattamento a questo ordine cosmico.
Il dramma dell’uomo, che è poi il dramma della vita e della morte, è tutto qui, in questo viaggio, in questa peregrinazione dell’Io e della sua ricerca di armonia con il ritmo di “discesa” e di “ritorno” dello Spirito nella Natura.
Quando finalmente il sincronismo sarà raggiunto, allora l’Uomo – come dice Cristo – conoscerà la Verità e la Verità lo renderà libero.
(Equinozio di Primavera 2024, Guglielmo di Burra – Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)