In uscita “Un mondo a parte”, “I bambini di Gaza” e il biopic “Priscilla”
Nella settimana che ci conduce alla Pasqua, tre titoli di senso al cinema. Anzitutto la commedia sociale “Un mondo a parte” di Riccardo Milani, con un frizzante duetto tra Antonio Albanese e Virginia Raffaele. A quasi trent’anni dal suo debutto con “Auguri professore” (1997), Milani firma un altro racconto sul mondo scolastico che si muove tra dolcezza e malinconia. Un film politico: mette a tema il valore delle piccole comunità montane, che resistono solo se ancorate da presidi educativi. Ancora, il dramma “I Bambini di Gaza. Sulle onde della libertà”, opera prima di Loris Lai. Una storia ambientata nel 2003, durante la seconda intifada, dove un bambino palestinese e uno israeliano imparano a fare surf insieme: quando lo sport aiuta a costruire dialogo e amicizia, i fondamenti per un cammino di pace. Il film ha ottenuto parole di encomio da papa Francesco. Infine, da Venezia80 è nei cinema “Priscilla”, nuova regia di Sofia Coppola: dalla biografia “Elvis and Me” di Priscilla Presley, racconto esistenziale e sentimentale che mette al centro una giovane donna in cerca sì dell’amore, ma soprattutto di se stessa e della propria libertà. La protagonista Cailee Spaeny ha vinto la Coppa Volpi al Lido. Il punto Cnvf-Sir.
“Un mondo a parte” (Cinema, 28.03)
I temi sociali sono stati sempre il filo conduttore del cinema di Riccardo Milani. Milani sa far ridere, e molto, mettendo a tema però anche solitudini, emarginazioni e fratture sociali, in generale le storture del nostro presente, declinate però secondo il canovaccio della tradizione della commedia all’italiana. Tra i suoi titoli più noti: “Scusate se esisto!” (2014), “Come un gatto in tangenziale” (2017, 21), “Corro da te” (2022) e “Grazie ragazzi” (2023). Del mondo della scuola si era già occupato con il suo film d’esordio “Auguri professore” (1997) da un racconto di Domenico Starnone, con uno sguardo nelle aule di liceo tra professori e studenti. A distanza di quasi trent’anni, torna in classe con “Un mondo a parte”, che si gioca tra i banchi delle scuole elementari in un paesino di montagna. Un avamposto di comunità e resistenza dinanzi allo svuotamento implacabile. Protagonisti gli ottimi Antonio Albanese e Virginia Raffaele.
La storia. Roma, oggi. Michele Cortese è un insegnate infelice: non sopporta più nessuno, tanto meno il suo lavoro e la vita nella Capitale. Un giorno riceve una comunicazione dal ministero che gli accorda il trasferimento in istituto scolastico nel cuore del Parco nazionale d’Abruzzo. Con ritrovata speranza Michele arriva nel paesino in pieno inverno, dove trova prevalentemente neve, neve, neve. Superato l’impaccio iniziale, si fa subito benvolere dal piccolo gruppo di bambini e colleghi, soprattutto dalla vicepreside Agnese. L’equilibrio però vacilla quando arriva la minaccia della chiusura della scuola per mancanza di iscritti…
“Una resistenza culturale – spiega il regista – contro un nemico comune, indifferenza e rassegnazione, impegnarsi per un presente e un futuro migliori per se stessi e per il proprio paese. E tutto questo passa attraverso chi questo futuro lo difende, cioè i nostri insegnanti, e chi lo incarna, cioè i nostri bambini e la loro educazione. Ho visto insegnanti in questo territorio, qui come in tutto il paese, fare 150 chilometri al giorno con neve, ghiaccio e bufera pur di fare il loro lavoro. Per difenderlo, sì, ma anche perché credono profondamente nell’importanza del loro ruolo”. Scritto insieme con Michele Astori, “Un mondo a parte” corre agile su tale binario, forte di un cast affiatato e un copione ben calibrato. Il film, puntellato da ironia brillante e pungente, descrive il percorso di cambiamento di un docente rassegnato che venendo a contatto con una piccola comunità riorienta la sua bussola esistenziale-valoriale, ritrovando slancio nella professione, nella propria vita. E se nobili e valide sono le motivazioni del copione, a ben vedere tutto non gira alla perfezione: il film, infatti, scivola qua e là tra pennellate mielose o marcate dal politicamente corretto (migranti, rifugiati, comunità Lgbtq+), che invece di far brillare l’opera la appesantiscono un po’. A ogni modo, Riccardo Milani si conferma sempre un ottimo regista e il film “Un mondo a parte” funziona tra risate e riflessioni di senso. Consigliabile, problematico-brillante, per dibattiti.
“I bambini di Gaza” (Cinema, 28.03)
“I bambini di Gaza. Sulle onde della libertà” è l’opera prima del regista italo-americano Loris Lai (alle spalle ha una carriera in spot pubblicitari), un film che prende le mosse dal romanzo di Nicoletta Bortolotti (Mondadori), una produzione targata Jean Vigo Italia ed Eagle Pictures. L’opera si pone come intensa suggestione a favore della pace e soprattutto della custodia della felicità, del futuro, dei bambini che abitano i territori in agitazione tra Israele e Palestina. Non a caso il film ha ricevuto parole di incoraggiamento da papa Francesco. “Questo film – indica il Pontefice – con le voci piene di speranza dei bambini palestinesi e israeliani sarà un grande contributo alla formazione nella fraternità, l’amicizia sociale e la pace”.
La storia. Nel 2003, al tempo della seconda Intifada, il palestinese Mahmud e l’israeliano Alon, due preadolescenti, si trovano sulla spiaggia di Gaza per imparare ad andare sul surf e a costruire un dialogo…
Concepito molto tempo prima dei tragici avvenimenti dell’autunno 2023, il film di Loris Lai desidera porsi come suggestione di speranza soprattutto a tutela degli innocenti. Il racconto segue la prospettiva dei preadolescenti Mahmud e Alon – convincenti i giovani interpreti Marwan Hamdan e Mikhael Fridel – che abitano il confine tra palestinesi e israeliani. Ragazzi che conoscono le rigide regole della tensione, del conflitto, ma provano comunque a inseguire un sogno di libertà: sulla spiaggia conoscono il campione di surf Dan Thomson (Tom Rhys Harries) e fanno di tutto per farsi insegnare a rimanere in piedi sulla tavola, a cavalcare l’onda. E per far ciò, si espongono agli sguardi ostili e di rimprovero di amici e familiari. Intorno a Mahmud e Alon la realtà è faticosa, dura e inclemente, ma riescono a introdurre un raggio di luce con il loro sguardo pulito e fiducioso, contribuendo a far diradare per un momento la nera complessità dei problemi che popola il mondo adulto. Dal punto di vista stilistico-narrativo, l’opera non risulta pienamente solida, appesantita da sbandamenti didascalici e toni enfatici. Si coglie comunque l’importanza della proposta, particolarmente efficace per l’immagine del surf che scivola in equilibrio sulle onde, proprio come la delicata costruzione del processo di pace. Un’opera di certo da valorizzare. Consigliabile, problematico, per dibattiti.
“Priscilla” (Cinema, 28.03)
In Concorso Venezia80, “Priscilla” è lo stiloso biopic firmato da Sofia Coppola e dedicato a Priscilla Beaulieu Presley, moglie del re del rock Elvis e alla loro intensa storia. Il film prende le mosse dalla biografia “Elvis and Me”, scritta dalla stessa Priscilla con Sandra Harmon. Protagonisti due attori in ascesa: Cailee Spaeny (“Omicidio a Easttown”), Coppa Volpi al Lido, e Jacob Elordi (“Saltburn”).
La storia. Germania 1959, l’adolescente Priscilla vive con la famiglia nella base militare statunitense. Lì conosce il già celebre cantante Elvis Presley. Si accende subito una scintilla: non c’è la mitizzazione del divo, ma semplicemente il dialogo onesto e profondo tra due solitari in cerca di tenerezza. Elvis riparte poi per l’America e le chiede di seguirlo a Graceland. Tutto corre felice e veloce, ma ben presto si palesano insidie legate alla vita pubblica di Elvis, tra insicurezze e pressioni esercitate dal colonnello Parker…
“Questo film indaga il modo in cui Priscilla è diventata quello che è, e cosa significa e ha significato essere donna per lei e per le generazioni successive”. Così Sofia Coppola spiegando del taglio narrativo della sua opera. La regista affronta in modo elegante e rispettoso la storia d’amore tra Priscilla ed Elvis; il punto di osservazione è quello della giovane donna che lancia il cuore Oltreoceano pur di vivere il suo sogno d’amore con un uomo, e non con un divo. Priscilla si adatta con facilità alle manie, ossessioni, irrequietezze di Elvis, forte del suo amore e soprattutto convinta di saper leggere tra le righe dell’animo dell’uomo sentimenti puri, onesti. La regista mette in luce la tenerezza di un amore innocente, “ingenuo”, impreparato alle sfide di una società dello spettacolo feroce e fagocitante. “Priscilla” sembra avvicinarsi a “Maria Antonietta”, film della Coppola del 2006 che raccontava la gabbia dorata della regina di Francia: una giovane donna che pensava di vivere un amore, ma si è trovata in una selva di spine.
Con “Priscilla” la Coppola conferma tutto il suo talento, per quel suo stile così personale e definito, riconoscibile, che le ha permesso di lasciare già un chiaro segno a Hollywood. E proprio lo stile di racconto è il punto più pregevole di “Priscilla”, quel suo sguardo indagatore e mai provocatore, elegante e pop, con cui cura il dettaglio senza perdere di vista il senso del racconto. Un’ottima prova. Consigliabile, problematico, per dibattiti.
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