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Festa del papà. Pollo: “Essere padri è assumere una funzione sociale”

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I pochi che ci sono hanno il triste primato di essere anche i più vecchi in Europa. In Italia, secondo l’Istat, i padri in Italia diventano tali in media a 35,8 anni, a differenza dei “colleghi” in Francia a 33,9, in Germania a 33,2, in Inghilterra e Galles a 33,7 anni. Ma l’età più matura non è per forza sinonimo di saggezza che, anzi, pare scacciata da un persistente “ethos infantilistico”. A sgretolarsi è la figura del genitore, non solo del padre, capace di costruire intorno al figlio o alla figlia una rete sociale che aiuti a crescere con la prospettiva di poter cambiare il mondo se si vuole. Al Sir, Mario Pollo, antropologo dell’educazione, già docente di sociologia e pedagogia all’Università Lumsa di Roma, spiega lo smarrimento della funzione politica del ruolo della famiglia, intessuta nella società.

Professore, chi sono i papà di oggi?
Sempre di più il papà oggi tende a collocarsi in una figura di cura, che ha dei tratti materni, e non in una figura che trasmette regole. La società attuale è complessa, composta da una pluralità di modelli. Il fatto che non ci sia un unico canone culturale porta molti uomini a rinunciare al ruolo. Al suo posto emerge il “padre amico” che è la negazione del padre perché il padre ama i figli profondamente, tuttavia, l’amore passa attraverso il contenimento, il dare forma e il porre dei limiti.

I padri di adesso non sanno educare?
Le rispondo con un esempio che faccio anche ai miei studenti: una miscela di benzina e aria produce una fiamma che, se controllata, in una camera a scoppio alimenta il motore. Dobbiamo quindi aiutare i ragazzi a esprimere il proprio potenziale umano e prevedere una formula in cui i padri pongano dei limiti. Oggi è proprio il ruolo di contenimento a essere in crisi e ad emergere il ruolo del padre amico. Ma non è solo il genitore a mancare. Nelle mie ricerche, quando chiedevo agli adolescenti se vedevano adulti in cui identificarsi, più della metà mi rispondeva di no. Non c’era nessuna figura adulta in cui identificarsi. Il problema perciò sta negli adulti che non sanno proporre un modello.

Prima era diverso?
I padri per molto tempo si sono limitati a curare la difesa della prole, senza alcun rapporto individuale. Il padre è nato quando ha rotto la legge di natura, è diventato monogamo e la sua figura è stata fortemente culturalizzata, a cui spettava il dovere di trasmettere norme e abilità utili a far uscire il bambino dal grembo materno verso una società più formale. Il passaggio avveniva in modo meccanico mentre oggi è più faticoso perché viviamo in una società complessa. Prima in casa c’erano modelli simili a quelli perpetrati in altri contesti come la scuola. La sintonia era scontata, mentre ora meno.

Non solo nascono meno di 400mila bambini l’anno ma i padri italiani sono i più anziani in Europa secondo i più recenti dati Istat.
Un fenomeno, chiamato “ethos infantilistico”, è sempre più presente nel mondo degli adulti. Nella società che si regge sui consumi, le persone non diventano mai adulte, cioè capaci di assumere responsabilità, sono sempre in preda al desiderio di consumare e predisposte a rispondere ai propri desideri, dimenticando che a una certa età dovrebbero assumere la cura e la responsabilità di costruire il futuro delle nuove generazioni. Non solo i padri diventano tali da “vecchi”, ma anche i figli assumono responsabilità nella società più tardi e vengono tenuti in parcheggi senza la possibilità di esprimersi. Diventare padre oggi, per molti versi, è un passo critico, perché significa mettere fra parentesi il proprio progetto di realizzazione, dimenticando che prendersi cura e creare le condizioni perché la vita generata abbia le condizioni di costruire la società fa parte del progetto.

Essere genitore è quindi un atto politico?
Sì. Essere padri è anche assumere una funzione sociale; è consegnare un mondo migliore di quello ereditato. Fare politica è fondamentale per la propria realizzazione. La società lo deve consentire perché se l’individuo si illude di realizzarsi da solo non riuscirà mai senza l’aiuto degli altri. Quanti genitori si fanno la domanda: qual è il mondo che vorrei mio figlio abitasse e cosa sto facendo per realizzarlo? Il messaggio nascosto che passa è che l’individuo non sia in grado di cambiare il sistema sociale. Se si vuole avere un ruolo genitoriale, si deve aiutare, proporre un progetto, pensare a come vivere il presente perché il futuro sia diverso. Significa avere dei padri che guardano al futuro e aiutano a comprendere il presente e a scrivere una storia. Credo che sia questo oggi l’aspetto più critico. Ci sono padri che ci riescono, ma sono pochi. Il ragazzo cresce in un mondo e il padre deve aiutare a crescere in quel mondo in cui c’è quello che è gradito e non gradito. Ogni padre deve costruire, spesso da solo, il proprio modo di essere padre, ma nessuno può educare o costruire un mondo da solo.

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