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Nuova legge sui giochi di Stato, ora le Regioni chiedono una fetta del gettito. L’allarme di Avviso Pubblico: “Sarà incentivo ad aprire più sale”
Finora l’unico beneficiario degli introiti miliardari è stato l’erario, ma con la legge di riordino attualmente in discussione le cose potrebbero cambiare. La richiesta messa nero su bianco dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. La rete degli enti locali contro mafie e corruzione paventa un’estensione ai Comuni, con effetti deleteri sulla lotta alle patologie legate all’azzardo
Per chi fa battaglia sui rischi legati al gioco d’azzardo legale è come la caduta di un muro. Nella discussione sulla nuova legge di riordino del settore si fa strada l’idea che gli enti locali possano ricevere una fetta dei generosi introiti fiscali che fino a oggi finiscono esclusivamente nelle tasche dello Stato. Non poca roba, perché nel 2022 il volume d’affari del gioco legale ha superato i 136 miliardi di euro, per un gettito di 11,2 miliardi. Perché è la caduta di un muro? Il rischio è che si crei un incentivo a permettere l’apertura di più sale giochi sul proprio territorio, con tutto quello che ne consegue in termini di aumento del rischio di ludopatia (o più correttamente: gioco d’azzardo patologico). Un po’ come è successo con l’edilizia, il cui boom in certi comuni è stato drogato dalla prospettiva di incassare oneri e tributi più che da reali esigenze di sviluppo.
A battere cassa è stata la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome – organismo collegato alla più nota Conferenza Stato-Regioni – che il 25 gennaio, interpellata sul riordino del gioco legale, ha prodotto un documento in cui si legge: “Sarà richiesta la possibilità che si consideri una compartecipazione regionale sia al canone di concessione dei punti delle reti fisiche del gioco che sul provento del gioco al netto delle vincite erogate e degli aggi”. La richiesta è collegata alle responsabilità che Regioni e Province autonome hanno “in materia di tutela della salute”. L’idea è che la compartecipazione sia del 5% del gettito, da utilizzare poi “sul territorio” in chiave di “prevenzione”, ma non necessariamente sul tema dell’azzardo. A lanciare l’allarme è Avviso Pubblico, la rete degli enti locali contro le mafie e la corruzione, da sempre al fianco dei Comuni che cercano di contrastare l’impatto sociale del gioco, per esempio con limitazioni di orari o con il “distanziometro“, per evitare aperture di sale nei pressi di luoghi sensibili, come scuole e chiese. Anche il distanziometro viene messo in discussione, sempre per iniziativa della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, con l’argomentazione che il boom dell’azzardo online consente di giocare a piacimento con lo smartphone “anche dal sagrato di una chiesa”.
In un dossier sulla nuova normativa, Avviso pubblico paventa che “il meccanismo di dipendenza degli introiti da azzardo presente nel bilancio dello Stato si replicherà anche sui bilanci di Regioni e Comuni”. I quali “non potranno svolgere appieno il loro ruolo di tutela della salute dei cittadini“, perché “l’entrata da azzardo rappresenterà una voce di significativa nei bilanci rendendo alquanto difficile la realizzazione di azioni di prevenzione e contrasto che andrebbero a ridurre questa entrata utile a far quadrare i conti”. L’esperienza poi insegna che spesso i fondi destinati a usi sociali vengono dirottati alla bisogna su altre voci di bilancio, soprattutto se le maglie imposte dal legislatore non sono abbastanza strette. È vero che i Comuni al momento non sono menzionati, ma la “caduta del muro” potrebbe farli rientrare nel cammino parlamentare della nuova normativa. Senza contare che sono proprio le Regioni a fornire ai Comuni il quadro normativo in cui inserire eventuali limitazioni all’apertura di sale giochi e alla loro attività.
La maggioranza di governo appare disponibile: “La compartecipazione mi vede totalmente d’accordo”, ha affermato il leghista Massimo Garavaglia, presidente della Commissione Finanze e Tesoro del Senato il 15 febbraio, durante le audizioni sulla legge di riordino, “perché sarebbe un modo di affrontare il tema in maniera responsabile”. Il riordino è contenuto nella delega fiscale, perciò è stato discusso solo nelle commissioni competenti e non, per esempio, in Commissione Affari sociali e sanità, più attrezzata a valutare i “danni collaterali” dell’azzardo di Stato. Nel frattempo, l’11 marzo, il Consiglio dei ministri ha approvato l’altra gamba del riordino del settore, cioè la parte relativa al gioco on line, anche questa inserita nella delega fiscale. Il testo del decreto non è stato ancora reso noto ma, rileva Avviso Pubblico, potrebbe contenere un indebolimento del divieto di pubblicità: “Si parla infatti di promozione e comunicazione di alcuni messaggi, con il logo del concessionario che promuove il messaggio stesso, funzionali, si dice, alla diffusione del gioco d’azzardo sicuro e responsabile e per prevenire e contrastare il gioco patologico. Il rischio, tuttavia, sembra essere quello di assestare un ulteriore colpo al divieto di pubblicità, già aggirato in molteplici occasioni”.
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Nuova legge sui giochi di Stato, ora le Regioni chiedono una fetta del gettito. L’allarme di Avviso Pubblico: “Sarà incentivo ad aprire più sale”
Finora l’unico beneficiario degli introiti miliardari è stato l’erario, ma con la legge di riordino attualmente in discussione le cose potrebbero cambiare. La richiesta messa nero su bianco dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. La rete degli enti locali contro mafie e corruzione paventa un’estensione ai Comuni, con effetti deleteri sulla lotta alle patologie legate all’azzardo
Per chi fa battaglia sui rischi legati al gioco d’azzardo legale è come la caduta di un muro. Nella discussione sulla nuova legge di riordino del settore si fa strada l’idea che gli enti locali possano ricevere una fetta dei generosi introiti fiscali che fino a oggi finiscono esclusivamente nelle tasche dello Stato. Non poca roba, perché nel 2022 il volume d’affari del gioco legale ha superato i 136 miliardi di euro, per un gettito di 11,2 miliardi. Perché è la caduta di un muro? Il rischio è che si crei un incentivo a permettere l’apertura di più sale giochi sul proprio territorio, con tutto quello che ne consegue in termini di aumento del rischio di ludopatia (o più correttamente: gioco d’azzardo patologico). Un po’ come è successo con l’edilizia, il cui boom in certi comuni è stato drogato dalla prospettiva di incassare oneri e tributi più che da reali esigenze di sviluppo.
A battere cassa è stata la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome – organismo collegato alla più nota Conferenza Stato-Regioni – che il 25 gennaio, interpellata sul riordino del gioco legale, ha prodotto un documento in cui si legge: “Sarà richiesta la possibilità che si consideri una compartecipazione regionale sia al canone di concessione dei punti delle reti fisiche del gioco che sul provento del gioco al netto delle vincite erogate e degli aggi”. La richiesta è collegata alle responsabilità che Regioni e Province autonome hanno “in materia di tutela della salute”. L’idea è che la compartecipazione sia del 5% del gettito, da utilizzare poi “sul territorio” in chiave di “prevenzione”, ma non necessariamente sul tema dell’azzardo. A lanciare l’allarme è Avviso Pubblico, la rete degli enti locali contro le mafie e la corruzione, da sempre al fianco dei Comuni che cercano di contrastare l’impatto sociale del gioco, per esempio con limitazioni di orari o con il “distanziometro“, per evitare aperture di sale nei pressi di luoghi sensibili, come scuole e chiese. Anche il distanziometro viene messo in discussione, sempre per iniziativa della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, con l’argomentazione che il boom dell’azzardo online consente di giocare a piacimento con lo smartphone “anche dal sagrato di una chiesa”.
In un dossier sulla nuova normativa, Avviso pubblico paventa che “il meccanismo di dipendenza degli introiti da azzardo presente nel bilancio dello Stato si replicherà anche sui bilanci di Regioni e Comuni”. I quali “non potranno svolgere appieno il loro ruolo di tutela della salute dei cittadini“, perché “l’entrata da azzardo rappresenterà una voce di significativa nei bilanci rendendo alquanto difficile la realizzazione di azioni di prevenzione e contrasto che andrebbero a ridurre questa entrata utile a far quadrare i conti”. L’esperienza poi insegna che spesso i fondi destinati a usi sociali vengono dirottati alla bisogna su altre voci di bilancio, soprattutto se le maglie imposte dal legislatore non sono abbastanza strette. È vero che i Comuni al momento non sono menzionati, ma la “caduta del muro” potrebbe farli rientrare nel cammino parlamentare della nuova normativa. Senza contare che sono proprio le Regioni a fornire ai Comuni il quadro normativo in cui inserire eventuali limitazioni all’apertura di sale giochi e alla loro attività.
La maggioranza di governo appare disponibile: “La compartecipazione mi vede totalmente d’accordo”, ha affermato il leghista Massimo Garavaglia, presidente della Commissione Finanze e Tesoro del Senato il 15 febbraio, durante le audizioni sulla legge di riordino, “perché sarebbe un modo di affrontare il tema in maniera responsabile”. Il riordino è contenuto nella delega fiscale, perciò è stato discusso solo nelle commissioni competenti e non, per esempio, in Commissione Affari sociali e sanità, più attrezzata a valutare i “danni collaterali” dell’azzardo di Stato. Nel frattempo, l’11 marzo, il Consiglio dei ministri ha approvato l’altra gamba del riordino del settore, cioè la parte relativa al gioco on line, anche questa inserita nella delega fiscale. Il testo del decreto non è stato ancora reso noto ma, rileva Avviso Pubblico, potrebbe contenere un indebolimento del divieto di pubblicità: “Si parla infatti di promozione e comunicazione di alcuni messaggi, con il logo del concessionario che promuove il messaggio stesso, funzionali, si dice, alla diffusione del gioco d’azzardo sicuro e responsabile e per prevenire e contrastare il gioco patologico. Il rischio, tuttavia, sembra essere quello di assestare un ulteriore colpo al divieto di pubblicità, già aggirato in molteplici occasioni”.