8 marzo 2024 – un grande evento al Museo Provinciale di Capua
Con una grande partecipazione e presenza del pubblico, venerdì, 8 marzo 2024, alle ore 17,00, presso la sala convegno del Museo Provinciale Campano di Capua in via Roma, 68, si è svolto, in occasione della Festa della Donna e a cura del Circolo Appio di Capua, l’incontro culturale sul tema: “D’amore non si muore – contributi e riflessioni sulla violenza di genere”. All’evento, ad ingresso libero e gratuito che ha visto la partecipazione di autorevoli relatori, è stato concesso il patrocinio dell’Ordine degli Avvocati di Santa Maria Capua Vetere e del Comune di Capua. Tra gli intervenuti, per i saluti: Dott. Paolo Sacchetti (Commissario Circolo Appio – Capua), Dott. Giovanni Solino (Direttore Museo Provinciale Campano) ed Avv. Angela Del Vecchio (Presidente Odine degli Avvocati – Foro di Santa Maria Capua Vetere). Al tavolo dei lavori hanno preso posto: Dott. Paolo Albano (Magistrato, Procuratore Capo Emerito della Repubblica), Avv. Vincenzo Montanino (Avvocato Penalista – Foro di Santa Maria Capua Vetere) e Prof. Enrico Carafa (Dirigente Scolastico Liceo Statale “Salvatore Pizzi” – Capua) ed il Dott. Luigi Di Lauro (Giornalista). Durante la serata anche due momenti di riflessione a cura di: Dott.ssa Angela Ragozzino (Poetessa, Medico Chirurgo – Specialista in Anestesia e Rianimazione) e Dott. Danilo Del Prete (Scrittore). Il gruppo di lavoro composto da cinque componenti è stato diplomaticamente, coordinato e moderato dal polivalente Avv. Roberto Barresi (Dottore di Ricerca dell’Università degli Studi “La Sapienza” – Roma). L’aspetto contributi musicali ed artistici hanno visto la partecipazione di: Dott. Domenico Valeriani (scrittore, giornalista, musicista, ricercatore musicale e storico) ed un significativo contributo artistico offerto dal gruppo degli gli artisti: Chiara Giordano, Savio Varone e Gaia Palumbo. Per la particolare occasione il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati Foro di Santa Maria Capua Vetere ha ritenuto di assegnare ed attribuire n.02 crediti formativi “ordinari” agli Avvocati iscritti che hanno partecipato all’evento. Nel vari interventi che si sono succeduti, l’Avv. Roberto Barresi: “L’8 marzo si celebra la Giornata Internazionale della donna, che fu istituita per la prima volta nel 1907 a Stoccolma (Svezia), in occasione del Quinto Congresso della Seconda Internazionale Socialista. È una ricorrenza che nasce per ricordare le lotte e le conquiste delle donne in ambito politico, sociale ed economico. A distanza di quasi 120 anni, la festa della donna nel 2024 è una data più che mai fondamentale per il cammino verso la conquista dei diritti civili e sociali. Infatti, nonostante gli enormi progressi, esistono ancora molte disparità tra uomo e donna: la parità salariale è ancora lontana, la violenza di genere è una pratica ancora diffusa in alcuni paesi e un comportamento accettato in altri. In questo articolo approfondiremo la condizione della donna nel mondo, analizzando i dati globali sull’emancipazione femminile, gli Stati che non celebrano l’8 marzo e alcune leggi assurde in vigore in alcuni di questi. La festa della donna ha origine nei movimenti socialisti e femministi che si svilupparono tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, in particolare negli Stati Uniti e in Europa”. Il Magistrato Dott. Paolo Albano: “Oltre ai giorni dell’Internazionale Socialista, di cui abbiamo già parlato, il primo evento che si può considerare l’antesignano della festa della donna fu il Woman’s Day, organizzato il 28 febbraio 1909 a New York per rivendicare il diritto di voto, il miglioramento delle condizioni di lavoro e la pace. Nel 1910, a Copenaghen (Norvegia), la leader socialista tedesca Clara Zetkin propose di istituire una giornata internazionale delle donne, da celebrare ogni anno in una data diversa in ogni paese. L’anno successivo, la prima Giornata Internazionale delle Donne fu festeggiata in diverse nazioni europee. Il 25 marzo 1911, un tragico incendio nella fabbrica tessile Triangle di New York causò la morte di 146 lavoratrici, in gran parte immigrate. In Russia, nel pieno della Grande Guerra, l’8 marzo 1917 (calendario giuliano) le donne scesero in piazza per protestare contro il regime zarista e chiedere la ritirata dell’esercito dal conflitto. Secondo molti, quell’avvenimento fu la scintilla che fece scoppiare la Rivoluzione Bolscevica. È nel 1977 che l’ONU riconobbe ufficialmente l’8 marzo come Giornata Internazionale per i diritti delle donne e la pace internazionale”. L’Avv. Angela Del Vecchio: “Uno dei grandi problemi che le donne devono affrontare nel mondo odierno è quello della violenza di genere. Secondo l’OMS, una donna su tre nel mondo ha subito violenza fisica o sessuale da parte di un partner intimo o di un’altra persona nel corso della sua vita. Le forme attraverso cui la violenza di genera si manifesta sono diverse: domestica, sessuale, tratta delle spose bambine, mutilazione genitale femminile. Un altro tema è quello sulla disparità di genere, che come riporta il Gender Gap Report 2023 è ancora molto elevata e richiede azioni urgenti. Lo studio è stato condotto dal World Economic Forum, e riporta che l’indice globale di parità di genere si è attestato al 68,4%, il che significa che il divario è colmato solo in media per i due terzi. A questo ritmo, ci vorrebbero 131 anni per raggiungere la piena parità di genere nel mondo. Le dimensioni in cui la differenza è maggiore sono quelle della partecipazione economica e dell’emancipazione politica, che richiederebbero rispettivamente 169 e 162 anni per essere colmate. L’Europa e il Nord America sono le regioni più avanzate, anche se nessun paese ha raggiunto la perfetta parità di genere”. L’Avv. Vincenzo Montanino: “L’Italia si colloca al 79esimo posto nella classifica mondiale, perdendo 16 posizioni rispetto all’anno precedente. Non tutte le nazioni del mondo celebrano l’8 marzo, per motivi religiosi, politici, ideologici e culturali. Vediamone insieme alcuni. L’Afghanistan, l’Algeria, l’Arabia Saudita, l’Azerbaigian, il Bahrain, l’Iran e gli Emirati Arabi Uniti sono paesi a maggioranza musulmana, e in alcuni di questi si applica la sharia, la legge islamica, che limita fortemente i diritti e le libertà delle donne. La Cina, la Corea del Nord, il Vietnam e la Mongolia, che sono paesi a regime comunista o socialista, non riconoscono le ricorrenze internazionali promosse dall’ONU o da altri organismi occidentali. Il Buthan e la Cambogia, la cui religione ufficiale è il buddismo, assegnano alle donne un ruolo subalterno e domestico. Alcuni stati del continente africano, come il Sudan, la Somalia, l’Eritrea e il Ciad, segnati da conflitti, povertà, instabilità politica e violazioni dei diritti umani, non prevedono leggi che tutelino le donne da violenze ricorrenti in quelle aree geografiche, soprattutto la mutilazione genitale. In questi paesi, le donne devono affrontare molte sfide e difficoltà per affermare la loro dignità, la loro autonomia e la loro partecipazione alla vita sociale, economica e politica. Il divieto di guidare la macchina, lavorare, studiare, sposarsi o divorziare senza il permesso di un tutore maschile sono leggi dell’Arabia Saudita ben note anche nella nostra parte di mondo, per la loro risonanza scioccante. Stessa sorte spetta alle donne iraniane, che in pubblico sono obbligate ad indossare il velo islamico e non possono uscire di casa senza il consenso del marito. In Afghanistan, con il ritorno al potere dei talebani, è in vigore la legge islamica, di cui abbiamo già parlato. Un caso curioso e altrettanto deplorevole è quello della Cina e delle cosiddette spose fantasma. Questa usanza consiste nel seppellire una donna morta insieme a un uomo defunto, per garantirgli una compagna nell’aldilà”. Il giornalista Dott. Luigi Di Lauro: “Questa credenza comporta il rapimento, la vendita e l’uccisione di molte donne, soprattutto nelle zone rurali. In India esiste ancora la pratica del “sati”, un rito che prevede di bruciare una vedova sulla pira del marito, per dimostrare la sua fedeltà e la sua purezza. Questa pratica è proibita dal governo, tuttavia ci sono alcune regioni di questo immenso stato dove si registrano ancora dei casi, spesso con la complicità delle famiglie e della comunità locale. In Pakistan gli uomini che sono stati “disonorati” dalla propria moglie ricorrono al crimine d’onore, uccidendo la propria consorte senza gravi conseguenze penali. Infine, le donne della Papua Nuova Guinea sono spesso vittime di violenze domestiche e sessuali, a causa di un’antica credenza secondo la quale sarebbero responsabili di disgrazie, malattie o morti, e vengono accusate di essere delle streghe. Queste accuse portano a torture, mutilazioni o omicidi, che vengono pacificamente accettati da famiglie e società civile”. Alle ore 20.00 si sono conclusi i lavori con l’impegno da parte dei gruppi convenuti al tavolo dei lavori di continuare, nel tempo e tutti insieme, questi appuntamenti culturali di particolare interesse sociale ed attualità.
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