Le associazioni. Diritto di aborto in Francia Donne discriminate, altro che libertà
Mentre a Versailles il Congresso della Repubblica francese, costituito dalle Camere riunite, approvava a schiacciante maggioranza (780 a 72) la riforma che introduce nella Costituzione l’aborto come «libertà garantita alla donna», le associazioni del laicato cattolico italiano più impegnate sulla promozione della vita e della famiglia hanno preso posizione contestando un passo ritenuto grave e sbagliato.
Bordignon (Forum): non esiste alcun “diritto all’aborto”
La Francia è il primo Paese che decide di inserire l’interruzione volontaria di gravidanza nella propria Carta fondamentale, una scelta che amareggia quanti, in tutta Europa, lottano per garantire a tutti autentica libertà. Con questa modifica la Francia ha scelto di non garantire tutti: assurgendo il “laicismo” a religione di Stato ha, nei fatti, inteso porre un discrimine tra quanti, anch’essi cittadini francesi, credono nell’indisponibilità della vita umana. Questa considerazione non può però essere disgiunta dalla necessità di riaffermare che la libertà e l’autodeterminazione della donna non può risolversi nella garanzia di un diritto che è inteso a senso unico, ovvero quello di rinunciare al concepito. Neppure il dibattito che ne è scaturito ha provato a provvedere, contestualmente, a misure di sostegno per quelle donne che in condizioni diverse vorrebbero portare a termine la gravidanza. Come non risulta che siano state accuratamente approfondite le cause sostanziali che determinano l’accesso delle donne all’interruzione volontaria di gravidanza. In una nazione dove il ricorso all’aborto è già garantito nel diritto dal 1975, diventa legittimo pensare che sul tema si sia voluta porre una censura definitiva perché un conto è modificare una legge dello Stato, altra cosa è la modifica di una Carta costituzionale: ne consegue che d’ora innanzi chiunque volesse proporre leggi alternative, utili a garantire piena libertà alla donna in tema di aborto vedrebbe quindi il suo testo censurato dal Consiglio costituzionale. Nel merito, poi, non esiste alcun “diritto all’aborto”, così come è possibile riscontrare dai pronunciamenti della Corte europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu) che in più occasioni ha riconosciuto come fondativo il diritto alla vita, sancendo e garantendo vera uguaglianza tra tutti i cittadini, autentico cardine della modernità. Ancora una volta un Parlamento di un grande Paese europeo perde l’occasione per deliberare “a favore” di qualcuno: in questo caso il bambino non ancora nato.
Adriano Bordignon, presidente del Forum delle associazioni familiari
Gambino (Sciena & Vita): una pretesa giuridica eliminare la vita nascente
Le carte costituzionali contengono diritti e libertà fondamentali. Ogniqualvolta se ne aggiungono di nuovi significa che altri diritti si restringono. Un richiamo costituzionale all’aborto, cioè alla pretesa giuridica di eliminare una vita nascente, implica che quest’ultima ha un diritto e una libertà in meno. È la fredda matematica dei diritti e dei doveri. È, dunque, contraddittorio irrigidire in una carta costituzionale la prevalenza di una libertà su un diritto, il quale, se inviolabile, come lo è ciascuna vita umana, non può essere sacrificato una volta per tutte e proprio nella carta fondamentale di tutti i soggetti dell’ordinamento, nessuno escluso.
Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita
Menorello (Ditelo sui tetti): aborto già legale, riforma inutile
Usare la (pre)potenza della legge per cambiare l’uomo: c’è solo questa pretesa antropologica a dare il senso della forzatura costituzionale francese. A che serve, infatti, introdurre con una norma costituzionale l’aborto quando questa pratica è stata legalizzata in Francia già dalla legge Veil del 1975? Lo scopo di una tale inaudita forzatura è allora solo affermare, imporre come fosse parte del patto fondamentale fra i cittadini, che il valore della persona sta solo nel dominare. Così la libertà ideologicamente concepita solo come autodeterminazione implica la supremazia sul più piccolo e sul più fragile. Implica negare che, invece, la natura dell’uomo è nello stupore che la vita viene donata. Alla vigilia delle elezioni europee, questa grave decisione politica contesta la radice culturale dell’Europa, ma ci mostra quale dirimente sfida di ragioni e di cuore spetti ormai direttamente a ogni cittadino europeo che deve decidere daccapo quale visione dell’uomo sia più ragionevole.
Domenico Menorello, portavoce del network associativo “Ditelo sui tetti”
Mazzi (Giovanni XXIII): nessun diritto per chi vuole tenere il bambino
Già oggi in Italia come in Francia una donna che chiede di abortire ha piena libertà di farlo. Viceversa una donna che desidera continuare la gravidanza trova ostacoli di ogni tipo: pressioni dalle persone intorno, perdita del lavoro, aiuti limitati, come ci testimoniano le mamme che ci contattano quotidianamente. Un governo attento ai più deboli della società dovrebbe impegnarsi per garantire il diritto alla continuazione della gravidanza.
Andrea Mazzi animatore generale servizio Famiglia e Vita associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
Coghe (Pro Vita): uniamo le forze in Italia
«In Francia torna il terrore giacobino: rimpiazzando la sacralità della vita con la sacralità dell’aborto si torna a sacrificare la persona sull’altare dell’ideologia. Oltre ad abolire il diritto fondamentale alla vita, il Parlamento francese abbandona le donne alla solitudine dell’aborto e alle sue devastanti conseguenze psicofisiche. Rivolgo un appello al popolo pro-vita italiano: evitiamo questa deriva unendo le forze in una nuova stagione culturale, sociale e politica che difenda la dignità umana del concepito.
Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia
(*) pubblicato su Avvenire
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