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Appello sull’export bellico. Vignarca: “Non è vero che armarci di più garantisce sicurezza e pace”

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“Basta favori ai mercanti di armi! Fermiamo lo svuotamento della Legge 185/90”. Con questo slogan, movimenti, associazioni e ong a nome di una gran parte della società civile italiana lancia una mobilitazione nazionale per fermare l’iter parlamentare che mira a modificare la Legge 185 del 1990 con il chiaro obiettivo- scrivono – di “favorire affari armati potenzialmente pericolosi e dagli impatti altamente negativi”. A seguito dell’approvazione dell’aula del Senato avvenuta a fine febbraio, sarà a breve in discussione alla Camera dei Deputati il Disegno di Legge di iniziativa governativa che modifica, “peggiorandola in maniera rilevante”, la normativa italiana sull’esportazione di armi. La legge 185 era stata approvata dal Parlamento nel 1990 dopo una grande campagna di mobilitazione della società civile. La normativa inserisce per la prima volta dei criteri non economici nella valutazione di autorizzazione delle vendite estere di armi italiane. Sebbene nel corso degli anni, la Legge non sia stata in grado di fermare le esportazioni belliche, è indubbio il grande ruolo di trasparenza che essa ha avuto, permettendo soprattutto a Parlamento e società civile di conoscere almeno i dettagli di un mercato spesso altamente opaco. Ora – a detta dei promotori della mobilitazione – questa possibilità di trasparenza è messa in pericolo. L’appello è firmato da un cartello di movimenti e associazioni cattoliche italiane che aderiscono alla Rete Italiana Pace e Disarmo, come Acli, Azione Cattolica, Associazione Papa Giovanni XXIII, Movimento dei Focolari, Pax Christi, Agesci, Libera, e dalla Federazione Chiese evangeliche. Francesco Vignarca è il coordinatore delle campagne della Rete. “Su questa questione – ricorda – siamo intervenuti fin dall’inizio inserendoci anche nel dibattito al Senato con considerazioni e proposte di modifiche, tanto che la presidente Commissione Esteri e Difesa del Senato aveva presentato degli emendamenti che erano in linea con le nostre osservazioni che sono state però completamente ignorate e rigettate dal Governo”. Le associazioni chiedevano che ci potessero essere delle interlocuzioni con le ONG sui diritti umani; che fosse mantenuto presso la Presidenza del Consiglio l’Ufficio di coordinamento per la riconversione a fini civili delle industrie nel settore della difesa. “Avevamo chiesto che venisse migliorata anche la trasparenza sull’export di armi rendendo più completi e leggibili i dati della Relazione al Parlamento e soprattutto che ci fosse un richiamo esplicito al Trattato sul commercio delle armi (Arms Trade Treaty)”. “Tutte queste richieste non solo sono state spazzate via”, fa sapere Vignarca, “ma all’ultimo momento, il governo ha approvato un emendamento che peggiora la situazione rendendo ancora più difficile la trasparenza sulle banche, sui paesi destinatari e sul processo decisionale, cioè su chi decide cosa e chi si prende la responsabilità di mandare armi in contesti di violazione dei diritti umani o di conflitto”.

Cosa avete deciso di fare?
Cercheremo di fare pressione sui deputati che prima in commissione e poi in Aula dovranno votare. Abbiamo fatto partire una petizione online che sarà seguita da una serie di pressioni dirette sui deputati mobilitando sia le associazioni sia le persone singole. Sarà quindi diffusa una bozza di lettera da mandare ai propri deputati di riferimento. Diffonderemo anche una bozza di mozione che i comuni possono votare proprio per esprimere la loro preoccupazione riguardo questa modifica. Tutte le iniziative possono essere trovate sul nostro sito.

Cosa non vi convince?
La strategia di chi vuole minare la trasparenza. Fare tutto sotto silenzio, e in una maniera poco visibile, mentre la maggioranza degli italiani e delle italiane vorrebbe un maggiore controllo sulle armi. Perché capisce l’impatto negativo che hanno le guerre sulle migrazioni e le emergenze umanitarie. Noi riteniamo che l’opinione pubblica sia molto più avanti su queste problematiche rispetto ai politici.

Quanto la guerra in Ucraina e il conflitto in Medio Oriente giustificano in qualche modo quelli che il Papa chiama i mercanti di armi?
Purtroppo si banalizza la situazione drammatica del popolo ucraino, per dire: abbiamo bisogno di ricorrere alle armi. Non è vero. Sappiamo che il ricorso alle armi e la militarizzazione peggiorano le cose. Le spese militari sono raddoppiate negli ultimi vent’anni e il mondo è sempre più in guerra. Quindi non è vero che armarci di più ci garantisce più sicurezza e più pace. Questo paradigma viene utilizzato in maniera strumentale per favorire l’export di armi che non ha alcun impatto sulla sicurezza in Italia. Veniamo accusati di essere quelli che non vogliono la sicurezza e la pace. Non è vero. Proprio perché le vogliamo, diciamo chiaramente che questa pace e questa sicurezza non si possono fondare sulle armi. Ha detto benissimo il Papa domenica scorsa all’Angelus: il disarmo è un dovere morale. Ecco se il disarmo è un dovere morale, noi sentiamo il dovere oggi di difendere il controllo dell’export bellico, affinché le armi non finiscano ad alimentare le guerre.

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