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Superare l’orientamento a demolire

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Pensare di gestire le attuali emergenze interne e internazionali e affrontare le sfide future mantenendo un clima politico conflittuale, rappresenta un grave segno di irresponsabilità da parte delle forze politiche. A rischio non è soltanto il dialogo fra i partiti, indispensabile in un sistema democratico, ma anche il futuro del Paese. Perfino i timidi segnali positivi – qualche decimale di crescita in più e un discreto aumento degli occupati,ad esempio – rischiano di diventare sterile materia del contendere. Benché le opposizioni si affannino a contestare ogni atto del governo, non sembra che la premier abbia molto da temere da avversari divisi tra loro e a corto di valide idee. Per paradosso, gli unici pericoli alla Meloni possono venire dai suoi stessi alleati che, per calcolo politico, arrivano a contestare perfino gli atti del governo di cui fanno parte. Di fronte al miraggio di conquistare qualche milione di voti, Salvini ad esempio, non ha esitato a intestarsi “la protesta dei trattori” e a pretendere ulteriori riduzioni di tasse per gli agricoltori rispetto a quanto collegialmente concordato. E intanto si apre un altro fronte di polemiche sulla riforma della giustizia dopo l’approvazione in Senato del relativo disegno di legge. L’amplificazione e la personalizzazione che la premier fa della sua azione, contrasta con la situazione reale in cui vive il Paese, che vede tante famiglie faticare per arrivare a fine mese e cinque milioni di poveri sopravvivere grazie alla solidarietà degli italiani. Così come non aiuta al raffreddamento del clima politico, il vezzo della premier di recriminare, abitualmente, sulle presunte responsabilità dei passati governi. Tale atteggiamento, ancorché smorzare i toni, li esaspera e induce le opposizioni a rinfacciarle i cambiamenti di linea operati rispetto a quando era all’opposizione. Uno stile infantile, non degno di un Paese che aspira a essere leader sulla scena internazionale! Ci vuole una seria revisione del modo di fare politica, sia da parte della premier che delle opposizioni, approfittando anche, del recente “miracolo” compiuto in Parlamento con la approvazione, sia pure con l’astensione della maggioranza, della mozione del Pd per il “cessate il fuoco” a Gaza. Occorre, per il bene comune, superare quell’orientamento a demolire il poco di valido che viene proposto – il Piano Mattei per l’Africa, ad esempio – o quello che, nel tempo, è stato realizzato con il concorso di tutte le forze politiche e sociali: l’unità del Paese, il bilanciamento dei poteri istituzionali – governo e Presidenza della Repubblica – e la riforma sanitaria, in particolare. Sostenere un piano per lo sviluppo dell’Africa, rappresenta un’iniziativa da incoraggiare, da qualunque parte essa venga, purché si tratti di un vero piano per sostenere quelle popolazioni e non di uno stratagemma per fermare le migrazioni. A condizione, inoltre, che se ne discuta, oltre che con tutte le forze politiche, anche con tutti i leader africani. “Se vuoi andare veloce corri da solo, se vuoi andare lontano, vai insieme a qualcuno”, ha ricordato Mattarella. Su un altro fronte preoccupano i danni che, per mero calcolo politico, possono venire da taluni provvedimenti in corso di approvazione: l’autonomia differenziata, cara alla Lega, in cambio del premierato, inseguito da Fratelli d’Italia. “Ognuno cerca il suo spazio elettorale”, ha dichiarato, candidamente, Tommaso Foti, capogruppo di Fdl. Non importa se con l’elezione diretta del Premier si vanifica l’equilibrio fra i poteri voluto dai Costituenti, o se l’autonomia può spaccare in due il Paese. Il termine stesso – autonomia differenziata – è sinonimo di Paese diviso, con trattamenti diversi fra cittadini della stessa Nazione. Con l’aggravante che, in assenza dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep), si creano classi di cittadini di serie A (al Nord) e di serie B (al Sud) e, in più, si demolisce una delle riforme più valide del dopoguerra. Approvata oltre quarant’anni fa, il 23 dicembre 1978, la riforma sanitaria era riuscita a realizzare il diritto alla salute per tutti – a prescindere dalle condizioni economiche e dalla regione di appartenenza – e di godere, tutti, delle stesse prestazioni.

(*) direttore de “La Vita diocesana” (Noto)

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