La preghiera è il nostro modo di essere presenti nel mondo
Sarebbe una profonda contraddizione se l’anno della preghiera si moltiplicasse in una serie di iniziative proposte dal Dicastero per l’evangelizzazione. Papa Francesco ha sempre sostenuto fin dall’inizio del suo pontificato: “l’evangelizzazione si fa in ginocchio”. Un’espressione come questa dovrebbe essere indicativa nel proporre l’Anno della preghiera. Al primo posto infatti è necessario porre la contemplazione del mistero di Dio nella nostra vita e del rapporto con lui. Quanti momenti della nostra esistenza sono raccolti all’interno di quella enigmaticità per cui non riusciamo più a trovare noi stessi. Più guardiamo nell’intimo e maggiormente scopriamo la nostra debolezza e contraddittorietà.
L’Anno della preghiera in preparazione al Giubileo intende porsi in questo orizzonte. Il Giubileo che ricorre ogni 25 anni è una proposta a rientrare in se stessi; a comprendere che nulla ci appartiene ma che tutto è dono di Dio. Il capitolo 25 del Levitico a cui ci si rivolge per trovare un fondamento al Giubileo cristiano non fa che ricordare questa dimensione: tutto è grazia a cui bisogna corrispondere restituendo quanto possediamo a partire da noi stessi. Non si distacca da questo significato neppure la presentazione di Luca, quando pone Gesù nella sinagoga che proclama l’anno della salvezza. Rientrare in noi stessi quindi per avere la certezza di essere alla presenza di Dio.
Alla fine l’Anno della preghiera si raccoglie intorno a questa dimensione: porsi alla presenza di Dio. Cosa c’è di più significativo nella vita di una persona se non quello di essere dinanzi al Creatore? La preghiera non è altro che un atto di umiltà con il quale lasciando in disparte la nostra arroganza, autonomia e superbia riconosciamo di avere bisogno di Dio. Una preghiera nella quale con la povertà che ci accompagna chiediamo a Lui di insegnarci a pregare e di trovare le parole giuste per rivolgerci a Lui. L’apostolo non ha timore di dire con chiarezza che non sappiamo neppure ciò che è necessario chiedere; per questo lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza e il grido che esce dal più profondo del cuore è quello di invocare Dio con l’espressione che Gesù stesso ci ha insegnato: Abba.
L’Anno della preghiera si pone nell’orizzonte della domanda che discepoli hanno fatto al maestro: “insegnaci a pregare”. È una richiesta che appartiene a ogni discepolo del Signore consapevole di iniziare sempre da capo. I santi ci hanno insegnato quanto valore possa avere la preghiera nella vita quotidiana ma lo hanno fatto con la consapevolezza di essere peccatori non santi. Ecco perché abbiamo bisogno ogni giorno di riconoscere l’esigenza del bisogno di Dio. Ciò si pone con urgenza in un periodo come il nostro in cui spesso si ha l’impressione che Dio sia stato messo in un angolo della vita e di cui ci si ricorda soltanto in alcune circostanze. L’Anno della preghiera desidera al contrario rimettere Dio al centro e noi in ginocchio davanti a Lui senza moltiplicare le nostre richieste, sapendo che già le conosce. Sarà necessario quindi esprimere l’esigenza di essere accolti da Lui, capiti e perdonati. Questo anno pertanto è nella prospettiva del Giubileo che come sua caratteristica pone al centro il grande tema dell’indulgenza come perdono pieno e totale da parte di Dio. Come si sa l’indulgenza è sinonimo della misericordia, indica la vicinanza di Dio, la sua compassione per noi, il coinvolgimento nella nostra vita, il suo perdono. Ecco perché l’Anno della preghiera trova la sua espressione migliore nel volere imprimere nel cuore di ogni credente la certezza dell’amore di Dio e della sua vicinanza.
Quest’anno sarà una “scuola di preghiera” per riscoprire i passi necessari da compiere per vivere sotto lo sguardo di un Dio che ci ascolta.
D’altronde i cristiani sanno che la loro preghiera può avere la sua efficacia se posta alla luce della preghiera che Gesù ci ha insegnato. Alla richiesta dei discepoli di insegnare loro a pregare, Gesù ha risposto con le parole che contengono in sintesi tutto il Vangelo da lui proclamato. Entrare poco alla volta nella preghiera del Padre nostro sarà realmente un’esperienza per avere certezza di quanto abbiamo veramente bisogno. La preghiera che Gesù ci ha insegnato si pone alla luce della speranza, contenuto centrale del Giubileo prossimo. La speranza che il regno di Dio possa essere più presente in mezzo a noi attraverso l’azione evangelizzatrice della Chiesa; speranza del pane quotidiano, del perdono, di essere finalmente liberi da ogni male. Questa preghiera si fa forte di tante altre forme con le quali siamo soliti rivolgerci al Signore Gesù con l’ intercessione di Maria sua madre. La “scuola di preghiera” poco alla volta ci introdurrà a saper dire parole di ringraziamento per quanto abbiamo ricevuto; parole di invocazione perché a Dio sia sempre data la lode dovuta; parole di intercessione per saper chiedere secondo la sua volontà, parole che terminano nel silenzio per la capacità di contemplare il suo amore. Come si nota l’Anno della preghiera non avrà altre iniziative se non quelle di aiutare ciascuno a meditare sull’importanza della preghiera. Ci aiuteranno le 38 catechesi che Papa Francesco ha sviluppato nel 2020-2021; otto autori metteranno nelle nostre mani delle brevi riflessioni su perché pregare e come pregare oggi; pregare con i salmi, con la preghiera di Gesù, riscoprendo le parabole della preghiera come pure la preghiera dei santi e dei peccatori… Un breve sussidio del Dicastero per l’evangelizzazione, infine, sarà inviato online a quanti lo desiderano con delle brevi indicazioni di ciò che ogni giorno già facciamo ma che forse dobbiamo riprendere con maggiore entusiasmo.
Quest’anno aiuterà i credenti a rendersi partecipi presso Dio della preghiera per la pace nel mondo, perché il Signore guardi con particolare amore le vittime innocenti di questa ingordigia di violenza che segna i nostri giorni. Un grido silenzioso che può giungere al cospetto di Dio per intercedere la vera e duratura pace. Ancora una volta la preghiera diventa il nostro modo di essere presenti nel mondo: silenziosi interpreti del bene per l’umanità, ma nel silenzio della testimonianza personale e dell’azione concreta a favore soprattutto dei più deboli ed immaginati.
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