Partiti politici, la tragedia e la farsa: editoriale, di Vincenzo D’Anna (ex Senatore della Repubblica)
Chi ha letto Karl Marx ricorderà senz’altro una sua celebre affermazione: “La storia si ripete sempre due volte, la prima volta come tragedia, la seconda come farsa”.
E’ noto che i liberali contestino le tesi economiche del filosofo di Treviri destinate a prefigurare la fine del capitalisno per consunzione ineluttabile del medesimo. Ne contrastano, alla radice, le tesi sul progressivo accumulo del capitale nelle mani di una sempre più ristretta cerchia di persone, l’arricchimento dovuto allo sfruttamento del plus lavoro che diventa plus valore, l’edificazione di uno Stato liberticida onnipresente, padre e padrone di una società forzosamente ridotta ad essere composta da eguali.
Insomma: i cultori della libertà, quelli dei diritti inalienabili in capo agli individui liberi di poter agire ed intraprendere opere e professioni, arti e mestieri; i cultori dell’uguaglianza delle opportunità e non quella degli esiti, aborriscono il modello sociale marxista. In sintesi: contestano lo storicismo del padre del comunismo, ossia la pretesa di immaginare (e poi realizzare) una società prefigurata perfetta, sovrordinata dallo Stato, partendo dal fallace presupposto che si possa conoscere in anticipo dove debba necessariamente sfociare il fiume degli eventi umani, come fatto previsto e prevedibile, uniformando, in tal modo, l’esistemza all’interno di un assetto politico e socio-economico programmato.
Tuttavia si può convenire su taluni aspetti che esulino da questa impostazione e guardino alla storia dell’uomo come analisi postuma di taluni fatti ed eventi. La frase di Marx sulla storia che da tragedia diventa farsa, è condivisibile, infatti, come osservazione di episodi già accaduti che i liberali ritengono il frutto non intenzionale degli eventi stessi. La storia quindi non si predice bensì la si interpreta e la si conosce come maestra di vita. Se l’epitaffio marxiano si riferisce alla politica ecco allora che trova una puntuale conferma nelle vicende della politica stessa per come si sviluppa nel tetro della vita delle istituzioni partitiche e parlamentari.
Abbiamo ripetutamente affermato che la crisi dei partiti, lo smantellamento delle forme democratiche attraverso le quali, un tempo, si poteva scegliere la classe dirigente, la scalabilità di ogni carica all’interno dei movimenti politici in ragione del democratico e legittimo consenso degli iscritti, diventa poi crisi delle istituzioni e causa della scadente qualità della proposta di una classe dirigente poco adeguata ed avveduta che poi vada a ricoprire tutte le cariche dello Stato. Una vera tragedia quella della cosiddetta “seconda repubblica”, nel corso della quale sono state cancellate tutte le regole della buona politica, della plurale partecipazione alla vita politica e dei partiti in generale.
Uno stato di cose che ha alimentato il distacco completo della gente, praticamente azzerato la fiducia nella classe dirigente della nazione, rafforzata l’idea che la politica sia un mezzo di sopraffazione dei pochi sui molti, il luogo dell’imbroglio e degli opportunismi. Parliamoci chiaro: più rarefatta è la partecipazione più nascono e si affermano le oligarchie di potere che altri non sono che le nomenclature auto-referenziali e familiari che governano gli schieramenti politici. Vere e proprie “ditte” intestate a leader perlopiù improvvisati, figli della telegenia e degli umori del momento.
Simpatie e preferenze che si formano non nelle sezioni, nei congressi, nelle tribune politiche, nell’ordinario confronto all’interno dei partiti, bensì sui social network, spesso e volentieri il “mezzo” preferito di quel popolo di arrabbiati sociali e tuttologi che sfoga, ogni giorno, sul web la propria ignoranza ed i propri pregiudizi. Una vera tragedia nella tragedia. Se queste sono le basi culturali che alimentano le scelte ed i programmi non è difficile capire che la confusione regni sovrana e l’approssimazione pure. Alla fine di questo percorso spurio c’è il qualunquismo indistinto dell’agire politico, l’opportunismo parolaio, un navigare senza meta.
La fine delle ideologie collima, purtroppo, con quella dei valori distintivi, della diversità di visione politica, e tutto diventa eguale ed indistinguibile, inducendo un’ulteriore diserzione delle urne. Quando nel turbinio di questo tipo di “politica” la tragedia ha bisogno della farsa per rendersi più credibile, ecco allora che si organizza la stagione delle primarie per scegliere il segretario del partito con il voto di gente anonima o le parlamentarie per decidere, sempre attraverso le decisioni di sconossiuti, chi mandare alle Camere per via telematica.
Il risultato è che, con questo stato di cose, chi prevale sono le conventicole interne dettate dal titolare intestatario della ditta partito ed il nepotismo col familismo amorale. Ma non basta.
In questi giorni il partito più plastificato d’Italia, Forza Italia, orfano del vecchio proprietario, celebra un improbabile e manipolato congresso nazionale: un viatico taumaturgico per Antonio Taiani perché si incarni in Silvio Berlusconi.
La storia da tragedia diventa farsa. E sembra anche un gratuito sacrilegio…
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)