Ucraina e Russia. Mons. Pezzi (Mosca): “Non si spenga mai nel cuore dell’uomo la speranza della pace”
“Questo gesto delle Ceneri dice molto anche rispetto a quello che stiamo vivendo. Se riuscissimo a comprendere che veramente siamo niente e che si diventa grandi solo nelle mani di Dio, questo cambierebbe anche lo sguardo che portiamo l’uno verso l’altro”. L’arcivescovo dell’arcidiocesi della Madre di Dio di Mosca, mons. Paolo Pezzi, parte da qui, dalla celebrazione del Mercoledì delle Ceneri che dà inizio per la Chiesa cattolica al periodo quaresimale. Il Sir lo ha contattato per capire come la piccola chiesa cattolica della Federazione russa si sta preparando a vivere questo tempo di Quaresima e, soprattutto, per capire quale clima si respira nel Paese a due anni dall’inizio delle operazioni militari speciali in Ucraina. In un’intervista alla agenzia di stampa Tass, l’ambasciatore russo presso il Vaticano, Ivan Soltanovsky, ha assicurato che “l’impegno sulle questioni umanitarie prosegue senza sosta. La Commissaria per i diritti dei bambini russa Maria Llova-Belova e il Cardinale Zuppi lavorano insieme per l’assistenza dei bambini evacuati dalla zona dell’operazione militare speciale”. “Di non minor importanza – ha aggiunto l’ambasciatore – è lo scambio di informazioni sui prigionieri di guerra. Se il Vaticano vuole estendere lo spettro delle questioni analizzate in questa cooperazione umanitaria, siamo aperti a discuterne”, ha precisato.
Mons. Pezzi, due anni di operazione militare russa in territorio ucraino. Che impatto psicologico e economico ha avuto questo conflitto sul popolo russo?
“Sono due anni di questa operazione e purtroppo non ne vediamo, almeno al momento, vie d’uscita e quindi l’impatto si comincia a sentire. Da un punto di vista psicologico direi che c’è soprattutto stanchezza. Si ha meno voglia di prendere iniziative, di progettare ma questo non deve succedere, non ci si deve fermare. Quello che cerchiamo di fare come Chiesa è infondere questa fondata speranza su Cristo e sulla Provvidenza.
Le fonti ucraine parlano di oltre 300mila soldati russi morti. Che parola la Chiesa può dire di fronte a questa umanità che soffre?
Coi numeri è sempre difficile cercare di capire qualcosa perché per tante ragioni, ognuno dice i numeri che pensa e dà le cifre che ritiene sia più opportuno dare. In ogni caso, fossero anche 10, 100, 1.000 o 100.000 sono comunque sempre tanti ed è vero che sono soprattutto giovani. E questo, in ogni caso, non è una bella cosa perché la gioventù è per sua natura il tempo della progettualità, il tempo della scoperta della vocazione nella propria vita e quindi che la gioventù se ne vada almeno in parte in questo modo, lascia conseguenze. La Chiesa di fronte a questo dolore rinnova il valore positivo e propositivo della Croce. Mercoledì scorso, alla liturgia delle Ceneri, abbiamo ricordato proprio questo: il cristianesimo non è una religione della Croce, della morte, della sconfitta. È la religione della speranza, della ripresa dell’umano in noi, della vittoria della luce sulle tenebre.
È vero, come lei diceva, che al momento non si vedono vie d’uscite eppure le vie diplomatiche della pace portate avanti da Papa Francesco non si sono mai fermate. Come vede l’impegno del card. Zuppi a mettere in dialogo le diverse parti?
Le vie diplomatiche della pace sono veramente importanti. A questo riguardo mi sembrano importanti le dichiarazioni che ho sentito in questi giorni sia da parte di Mosca che da parte di Kiev. Sono dichiarazioni di stima nei confronti dell’impegno del cardinale Zuppi. Vanno in questa direzione anche le ultime dichiarazioni dell’ambasciatore russo presso la Santa Sede che ha parlato della importanza e della opportunità di una ripresa di questa missione. Il Papa ha fatto una sua proposta e il fatto che il Papa si sia mosso fino a questo punto, dice che la Chiesa ha fiducia che nel cuore dell’uomo non si spenga mai la speranza per la pace.
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