Papa Francesco: “Non dimentichiamo mai la martoriata Ucraina, la Palestina e Israele”
“Non dimentichiamo mai la martoriata Ucraina, la Palestina e Israele, che soffrono tanto”. Papa Francesco ha concluso con questo ennesimo appello l’udienza di oggi, pronunciata in Aula Paolo VI e dedicata all’accidia, “un brutto vizio” che “ricorda molto il male della depressione, sia da un punto di vista psicologico che filosofico”.
“Preghiamo per questi fratelli e sorelle che soffrono la guerra”,
l’invito di Francesco durante i saluti ai fedeli di lingua italiana: “Oggi inizia la Quaresima, andiamo avanti in questo processo di conversione e di rinnovamento interiore nell’ascolto della Parola di Dio, nella cura dei fratelli che necessitano il nostro aiuto e nell’intensificare la preghiera, soprattutto per ottenere il dono della pace nel mondo”. Al termine dell’udienza, un saluto e un abbraccio speciale al card. Ernest Simoni, “un martire vivente che a 95 anni continua a lavorare per la Chiesa, senza scoraggiarsi”.
“Per chi è preso dall’accidia, la vita perde di significato, pregare risulta noioso, ogni battaglia appare priva di senso”,
ha spiegato il Papa: “Se anche in gioventù abbiamo nutrito passioni, adesso ci appaiono illogiche, sogni che non ci hanno reso felici. Così ci si lascia andare e la distrazione, il non pensare, appaiono come le uniche vie d’uscita: si vorrebbe essere storditi, avere la mente completamente vuota… È un po’ un morire in anticipo. E’ brutto, questo vizio!”. Tra tutti i vizi capitali, l’accidia spesso “passa sotto silenzio, non se ne parla, forse a motivo del suo nome che a molti risulta poco comprensibile”, ha osservato Francesco: “Per questo, nel catalogo dei vizi, il termine accidia viene spesso sostituito da un altro di uso molto più comune: la pigrizia. In realtà, la pigrizia è più un effetto che una causa. Quando una persona se ne sta inoperosa, indolente, apatica, noi diciamo che è pigra. Ma, come insegna la saggezza degli antichi padri del deserto, spesso la radice è l’accidia, che letteralmente dal greco significa mancanza di cura”. “Si tratta di una tentazione molto pericolosa, non scherzare con questa!”, il monito: “Chi ne cade vittima è come fosse schiacciato da un desiderio di morte: prova disgusto per tutto; il rapporto con Dio gli diventa noioso; e anche gli atti più santi, quelli che in passato gli avevano scaldato il cuore, gli appaiono ora del tutto inutili. Una persona comincia a rimpiangere il tempo che scorre, e la gioventù che è irreparabilmente alle spalle. L’accidia è definita come il ‘demone del mezzogiorno’: ci coglie nel mezzo delle giornate, quando la fatica è al suo apice e le ore che ci stanno davanti ci appaiono monotone, impossibili da vivere”.
Il rimedio ”più importante” per non cadere nell’accidia è “la pazienza della fede”:
”Benché sotto la sferza dell’accidia il desiderio dell’uomo sia di essere altrove, di evadere dalla realtà, bisogna invece avere il coraggio di rimanere e di accogliere nel mio ‘qui e ora’, nella mia situazione così com’è, la presenza di Dio”, la proposta del Papa: “I monaci dicono che per loro la cella è la miglior maestra di vita, perché è il luogo che concretamente e quotidianamente ti parla della tua storia d’amore con il Signore. Il demone dell’accidia vuole distruggere proprio questa gioia semplice del qui e ora, questo stupore grato della realtà; vuole farti credere che è tutto vano, che nulla ha senso, che non vale la pena di prendersi cura di niente e di nessuno”. “Nella vita è pieno di gente che è accidiosa”, l‘aggiunta a braccio: “e questa gente è quella a cui noi diciamo: ‘questo è noioso’, non ci piace stare con lui. E’ un atteggiamento che ti contagia la noia, questa è l’accidia”. “Quanta gente, in preda all’accidia, mossa da un’inquietudine senza volto, ha stupidamente abbandonato la via di bene che aveva intrapreso!”, la denuncia al termine della catechesi:
”Quella dell’accidia è una battaglia decisiva, che bisogna vincere a tutti i costi”,
il monito: “Ed è una battaglia che non ha risparmiato nemmeno i santi, perché in tanti loro diari c’è qualche pagina che confida momenti tremendi, di vere e proprie notti della fede, dove tutto appariva buio. Questi santi e queste sante ci insegnano ad attraversare la notte nella pazienza accettando la povertà della fede. Hanno raccomandato, sotto l’oppressione dell’accidia, di tenere una misura di impegno più piccola, di fissare traguardi più a portata di mano, ma nello stesso tempo di resistere, di perseverare appoggiandoci a Gesù, che mai ci abbandona nella tentazione”. “La fede, tormentata dalla prova dell’accidia, non perde di valore”, ha assicurato il Papa: “È anzi la vera fede, l’umanissima fede, che nonostante tutto, nonostante l’oscurità che la acceca, ancora umilmente crede”. ”Quella fede che rimane nel cuore, come rimangono le braci sotto le ceneri”, ha concluso a braccio: “sempre rimane, e se qualcuno di noi cade in questo vizio, nella tentazione dell’accidia, cerchi di guardarsi dentro e di custodire le braci della fede. E così andiamo avanti”.
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