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Festival di Sanremo. Fabris: “Hanno vinto il grigiore e il conformismo. Nel dopo Amadeus speriamo che si osi di più”

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Siamo arrivati alla fine del Festival 2024 e anche dell’esperienza a Sanremo di Amadeus che ha dichiarato nella conferenza stampa finale che sente di doversi fermare. Iconica la scena di Amadeus e Fiorello che lasciano l’Ariston mano nella mano e salgono sulla carrozza di Cenerentola… Parliamo della 74ª edizione della kermesse canora con Adriano Fabris, professore di Filosofia morale e di Etica della Comunicazione all’Università di Pisa.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Ci mancherà Amadeus?

Fiorello è stato l’unico vero mattatore, Amadeus fa da spalla come presentatore e gli riesce anche bene.

I momenti migliori sono stati quelli di Fiorello e anche gli altri che hanno funzionato sono stati quelli che hanno visto come co-conduttrici Giorgia, Teresa Mannino e Lorella Cuccarini: con tutti loro si è vista la professionalità, si è riso. Amadeus non è andato oltre al fatto di presentare il volto amichevole che entra nei salotti per proporre fatti o canzoni. È un bravo selezionatore secondo quell’ideologia del dare tutto e di accontentare tutti e lo share lo premia da questo punto di vista.

Una serata che ha riscosso molto successo è stata quella di venerdì con le cover?

Non mi meraviglia, anche perché conferma l’idea del Festival ripiegato su se stesso, mostrando vecchie glorie, Riccardo Cocciante e Roberto Vecchioni, che salivano sul palco e ricordavano in amarcord i vecchi tempi, ma anche Gianna Nannini che ha dato lezione di canto a Rose Villain.

È un Festival che ha faticato a trovare dei personaggi iconici che rimangono nella memoria.

Ha fatto molto discutere il caso di John Travolta con la denuncia di pubblicità occulta per le scarpe indossate, con marchio in vista e più volte ripreso.

Già l’anno scorso Chiara Ferragni aveva insegnato ad Amadeus a usare Instagram in diretta, c’era stata la polemica e anche la multa. E non imparano: la pubblicità a Poltrone Sofà quest’anno, con i siparietti con i “maestri”, nell’ultima serata in un momento di grande share, è stata evidente, anche grazie al fatto che veniva collegata poco prima o poco dopo a uno spot pubblicitario vero e proprio per rendere riconoscibili i due “maestri”. Nell’ultima serata Fiorello e Amadeus hanno ricordato gli stilisti che li hanno vestiti, anche se lo stesso Fiorello ha giocato sul fatto che in questo caso non era pubblicità occulta, ma alla luce del sole. Non so se l’Agcom interverrà in qualche modo. Poi c’è stato il pasticciaccio brutto di Travolta. Io sono persona fiduciosa: sarei stato convinto che tutto era successo per caso se quelle scarpe non fossero state così bianche e non fosse successo in un “Festival dei piedi nudi”: molti artisti si sono esibiti scalzi e si sono tolte le scarpe sul palco oppure hanno giocato con determinati colori di scarpe, come Gigliola Cinquetti con le scarpe rosse, ma non sono state inquadrate. Per come è stato ricostruito il caso di Travolta, è evidente che ci sia stata pubblicità occulta.

E la tanto discussa Qua Qua Dance e mancata liberatoria

Indubbiamente non ha funzionato neppure come è stato utilizzato Travolta. Fiorello stesso si è scusato immediatamente, riconoscendo di aver fatto uno degli episodi più brutti della televisione degli ultimi anni, permettendo a Russell Crowe di prendere in giro Travolta. Soprattutto non mi è piaciuta la faccia annoiata di Travolta, che non ha neanche provato a stare allo scherzo, né a gestire ironicamente la situazione, che non poteva non essere concordata.

Grande polemica poi nella serata delle cover per i fischi a Geolier per il suo primo posto e il fatto che la gente sia andata via.

Se davvero si è trattato di una questione di latitudine, come qualcuno ha ipotizzato, ho solo il timore che i fischi possano essere stati le prove generali dell’autonomia differenziata. Il Festival di Sanremo ha sempre avuto una funzione di unità nazionale, come dimostrano la presenza l’anno scorso del presidente della Repubblica e il suonare l’inno di Mameli. Ora, inserire distinzioni, polemiche tra le varie parti d’Italia questo, temo, che sarebbe un brutto segno.

Ma lei davvero crede che Geolier sia stato fischiato perché napoletano o perché cantava in napoletano?

No, ma è stato interpretato in questo modo. Io credo che la gente l’abbia fischiato per ignoranza. Geolier personalmente mi è simpatico, è un napoletano creativo, è molto amato dai giovani, è molto scaricato su Spotify, per questo Amadeus l’ha portato a Sanremo. Non penso o almeno mi auguro che i fischi non siano stati una reazione anti napoletana. Continuiamo a ripeterci che il Festival è lo specchio dell’Italia e allora non scandalizziamoci se anche avesse vinto un cantante che presenta un rap – genere non italiano – in napoletano.

Tanti giovani quest’anno a Sanremo…

Tanti ragazzi hanno portato i fiori alle mamme, se ci vedono dall’estero dicono che in Italia i ragazzi sono mammoni.

Ulteriori polemiche vengono fatte dai fan di Geolier che pur avendo avuto il 60% nel televoto a cinque, nel rush finale del Festival, non ha vinto ed è arrivato secondo…

Ormai dovremmo esserci abituati. Qui è il ritorno della contrapposizione tra il voto fatto da ciascuna persona che è in grado anche di collegarsi pagando per esprimere la sua preferenza – e può esprimerlo individualmente o fa parte di cordate e rientra in qualcosa di più organizzato – e il voto di persone competenti, che hanno conoscenze di un determinato ambito e si esprimono con la relativa competenza, giornalisti e rappresentanti di radio. È tipicamente italiano questo confronto, questa contrapposizione tra l’espressione di voto della persona cosiddetta comune e della persona con competenza. Pensiamo a cosa è successo durante il Covid con le opinioni espresse da esperti, medici, epidemiologi, considerata allo stesso modo dei pareri della gente comune. Da una parte, c’è il diritto ad esprimersi, basta pagare una piccola quota, dall’altra, il diritto ad esprimersi perché si appartiene a un certo ambiente, perché si è chiamati per determinati motivi di competenza o appartenenza.

Cosa resterà di questo Sanremo?

Tutti quelli che conoscono, di varie età, dalla Gen Z fino ai nonni, hanno detto che lo spettacolo è stato assolutamente troppo lungo, questo ha una sola spiegazione: gli introiti pubblicitari. Sanremo serve per rimpinguare le casse della Rai, ma questo si traduce in tante lunghissime serate. C’è un’omologazione che non è solo dovuta all’uso dell’autotune che impedisce anche a cantanti di esperienza di far vedere quello che valgono, basti pensare a Loredana Bertè, anche lei vittima dell’autotune. C’è anche uniformità di contenuti, non c’è qualcosa di nuovo che rimane e colpisce.

Il conformismo ha caratterizzato in maniera pesante questo Sanremo,

ma è forse quello che i telespettatori vogliono. Chi ha visto Sanremo? Un po’ tutti, ma per motivazioni diverse: c’erano quelli che giocavano a FantaSanremo – e quindi lo guardavano per vedere se il cantante della loro squadra aveva gli occhiali o regalava il mazzo di fiori al direttore d’orchestra – e quelli che erano interessati ai cantanti come personaggi, ma anche tra di loro c’è stata grande omologazione. Non solo. C’era qualche canzone meglio costruita ma gli autori di musica e testi sono quasi sempre gli stessi, quindi non possiamo stupirci se le canzoni sono omologate. Davvero un senso di grigiore nonostante le parole di Amadeus “bellissimo, stupendo, meraviglioso”. Resterà forse qualche intervento che è stato annegato nella grande onda dell’uniformità e del grigiore. Un intervento da ricordare quello della mamma di Giò Giò nella prima serata, che non fingeva, non dava spettacolo, qualche dubbio in più sull’intervento preparato di Giovanni Allevi, che prima ha detto di non suonare il piano in pubblico dalla scoperta della malattia e poi che l’indomani avrebbe iniziato il suo tour. Non resterà a mio parere il bolero di Roberto Bolle, nonostante la coreografia di Béjart e nonostante il Béjart Ballet di Losanna, che ora è in crisi. Resteranno le incursioni di Fiorello, che hanno fatto ridere, i discorsi di Teresa Mannino e la consapevolezza di grandi artisti che a quasi 80 anni ancora cantano di non avere l’età.

Un auspicio per il post Amadeus…

Che ci facciano vedere qualcosa di bello, rinunciando alla quantità, ai soldi delle pubblicità, a venire incontro a un pubblico che si è anestetizzato da una certa televisione.

Che osino, che ci mettano qualcuno che ci sorprenda per davvero.

Si dovrebbe cambiare davvero il meccanismo di voto?

Il Festival di Sanremo ha sempre generato con qualunque meccanismo di voto delle ingiustizie, se non delle tragedie, ricordiamo Luigi Tenco. Questo meccanismo è stato un po’ in passato lo specchio di una tendenza un po’ populistica italiana. Ma ora abbiamo tanti “Masterchef” e “Cantante mascherato” e si deve pensare una formula. D’altra parte,

il vero giudizio di Sanremo è dato dal fatto che una volta certe canzoni venivano cantate, adesso quando sono scaricate o quando vengono utilizzate come sfondo delle nostre storie su Instagram.

Non è definitivo mai questo discorso di vittoria o sconfitta, si capirà nel corso dell’anno e molto conterà l’Eurovision. Penso che per questo Angelina Mango e Annalisa hanno avuto le preferenze dei media. La vittoria di Geolier era meno spendibile sul fronte Eurovision.

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(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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