LA NOSTALGIA DI TELE KABUL di Vincenzo D’Anna
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LA NOSTALGIA DI TELE KABUL
– di Vincenzo D’Anna* –
Tempo di proteste nel Belpaese. E’ bastato che la sinistra fosse cacciata dal governo – per democratico suffragio popolare – per assistere alla prodigiosa resurrezione dei sindacati, delle manifestazioni organizzate e variopinte. “Aux armes, citoyens, Formez vos bataillons” si canta nella Marseillaise, l’inno nazionale francese, che rievoca i moti rivoluzionari, allorquando il popolo diede vita agli eventi politici e sociali xche portarono alla fine dell’assolutismo monarchico. E tanto è bastato affinché la “triplice” Cgil, Cisl e Uil desse fuoco alle polveri della protesta nel mentre i segretari generali di quelle sigle – Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Carmelo Barbagallo – si trasformassero in sanculotti d’assalto del potere costituito. Così per gli agricoltori che, fuori dalle logiche delle rappresentanze sindacali, marciano al grido di “Roma o Orte “ per ottenere di “più sussidi e minori fitofarmaci e pesticidi”, con buona pace del rispetto per l’ambiente, la salute dei consumatori e la tanto decantata biodiversità. In questo caso va almeno apprezzata la spontaneità della protesta ancorché, come temevamo, il tutto si concluderà non per rivendicare che gli agricoltori italiani si riprendano la libertà di coltivare quel che vogliono (rinunciando ai sussidi Ue), quanto per aumentare la produttività dell’esistente ( più pesticidi ) e gli aiuti in denaro per non coltivare!! Ma non basta. Il fermento protestatario, infatti, si organizza e si espande anche nel mondo politico, segnatamente tra le fila degli esangui partiti di opposizione usciti malconci dalle ultime politiche. Alla vigilia della tornata elettorale per il rinnovo del parlamento europeo, procurare contestazioni a chi governa rappresenta il minimo sindacale per chi oggi è minoranza. Non pare però bastino le dichiarazioni rituali che ci affliggono ad ogni telegiornale, nel pastone giornalistico che mamma Rai ci propina quotidianamente, dando voce a tutti secondo il manuale Cencelli che da sempre si pratica nell’ente televisivo di Stato. Una ripartizione che cadenza in secondi di apparizione dichiarazioni stereotipate di ogni genere. Enfatiche e rivendicative di meriti, quelle dei partiti di governo, cavillose e puntigliose quelle di segno contrario per l’opposizione. Come sempre. Tuttavia chi affronta la cosiddetta “traversata nel deserto” dell’oppositore, privato del conforto delle opportunità di governo e di sottogoverno (leggi: nomine e gestione nella miriade di aziende partecipate), si dedica a costruire una nuova immagine di sé e del proprio partito. Una metamorfosi che porta a riscoprire i grandi valori della politica, della tutela delle libertà e dei diritti per i cittadini ed i lavoratori di ogni tipologia di attività, per diventarne i tutori e difensori comunque sia. Storia vecchia, insomma, che gli attuali venditori di almanacchi, di Leopardiana memoria, spacciano per nuova o, peggio ancora, come l’esito attualizzato di un’antica idealità che non avrebbe mai avuto soluzioni di continuità nel loro agire politico, immemori di aver governato, essi stessi, per lustri la nazione e di aver recitato l’altra parte in commedia. Ed allora eccoli rappresentarsi come difensori di valori eternati non già di compartecipi alla tavola imbandita del potere e delle sue regole clientelari e gestionali. Oggi, parafrasando Bertroldt Brecht, fingono di essersi dovuti sedere dalla parte del torto avendo trovato occupati tutti i posti della ragione!! E, sissignore, tutto fa brodo per inscenare la commedia: il fascismo che ritorna, l’inaffidabilità democratica dei tardo-eredi giunti al governo, la critica preconcetta ed il pregiudizio; l’appoggiare tutto ciò che l’avversario contrasta e contrastare tutto quello che questi appoggia. Così ci ritroviamo Elena Ethel Schlein, detta “Elly”, segretario del Pd, fuori ai cancelli della Rai di Saxa Rubra per protestare contro l’informazione “piegata” ai voleri del governo. In estrema sintesi: la leader dem vorrebbe che si sostituissero gli attuali palinsesti con quelli di una volta. Quelli, per capirci, della gloriosa “terza rete” guidata dal Sandro Curzi, organica al Pci ed alla sinistra in generale. Furono decenni gloriosi per i giornalisti di quell’area: politici parcheggiati nei gangli della vasta rete dell’emittente pubblica. Un ente che pur assorbendo circa due miliardi di euro dal canone e 600 milioni circa dalla pubblicità, aveva i conti in rosso!! Insomma: un carrozzone che si erano spartito le forze politiche ad eccezione della destra missina, perché fuori dall’arco costituzionale. Ci vorrebbe un’intera pagina di giornale per elencare i nomi dei conduttori televisivi, quasi tutti candidati ed eletti a sinistra, ed i programmi che spalleggiavano la sinistra, assaltando, col microfono in mano e le inchieste arrembanti, gli avversari politici di turno. Non ci fu più limite deontologico né obiettività che tenesse per gli epigoni del servizio pubblico inteso come strumento di azione politica. In sintesi, un viatico protestatario per sostituire Tele Meloni con una nuova Tele Kabul.
*già parlamentare
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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