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Myanmar. Appello del vescovo Loikaw a tutte le parti in conflitto, “smettete di uccidere”

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“Le persone sono scioccate, spaventate, tristi e arrabbiate. Tutte le scuole nei villaggi vicini hanno chiuso dopo l’attacco. I genitori non osano mandare i propri figli a scuola. Non ci sono stati scontri armati nella zona quel giorno e adesso”. Raggiunto dal Sir, il vescovo di Loikaw mons. Celso Ba Shwe risponde alle domande confermando purtroppo la notizia del bombardamento delle scuole nei villaggi di Dawsieei e Loinanpha due giorni fa in cui quattro bambini sono stati uccisi e molti sono rimasti feriti.  “Non so esattamente quanti”, confida subito il vescovo, ma “il posto non è molto lontano da dove viviamo adesso e quella mattina abbiamo visto gli aerei da combattimento volare sopra di noi e abbiamo sentito l’esplosione. Non sappiamo perché attaccano la scuola dove studiano bambini innocenti. Qualcuno dice che una delle sedi dell’IEC è vicina alla scuola. Ma non ne sono sicuro e non sono mai stato in quel villaggio”. Per “Iec” si intende il Consiglio esecutivo ad interim, provvisorio organo di governo creato dalla resistenza di Kayah a seguito del colpo di Stato del 2021. “Condividiamo il dolore delle famiglie e vogliamo che sappiano che siamo uniti a loro. Per loro offriamo questa mattina la Santa Messa”. Mons. Celso Ba Shwe lancia una serie di appelli rivolgendosi a tutti: “Ai combattenti di entrambe le parti in conflitto e ai militari: smettete di uccidere, riconciliatevi e iniziate il dialogo. Ai leader e alle istituzioni mondiali: rispondete con azioni concrete, non a parole, non dicendo “siamo molto preoccupati”. Le persone nello Stato di Kayah sono stanche di queste parole”.

Il 26 novembre scorso, l’esercito della giunta militare ha sparato più volte sul Centro Pastorale di Loikaw e per motivi di sicurezza, il vescovo e i sacerdoti hanno deciso di lasciare il Centro. “Mi trovo ora in una remota parrocchia nella zona ovest di Demoso, una zona affollata di persone sfollate”, racconta il vescovo al Sir. “Anche molti dei nostri sacerdoti e religiosi sono sfollati insieme al loro gregge e continuano a fornire assistenza pastorale. Alcuni di noi vivono con le persone nei campi e altri vivono nelle case del clero parrocchiale e nei conventi religiosi più vicini non colpiti”. I numeri della devastazione forniti dal vescovo sono indicativi dello stato in cui le persone e la piccola comunità cattolica stanno vivendo: 31 parrocchie su 41 sono state sfollate dal 2021. Circa 70.000 degli 89.000 cattolici della diocesi vivono ora in tende improvvisate in centinaia di campi sparsi nello stato di Kayah e/o con parenti stretti nei villaggi remoti. “Nonostante le difficoltà e le sofferenze degli sfollati, continuano a rimanere fedeli alla loro religione”, dice mons. Ba Shwe.

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