Violenza a Corviale. Don Cassano: “Preghiera, ascolto, vicinanza per chi ha bisogno”
La sera del 15 gennaio scorso, in un agguato stile mafioso nei pressi della fermata dell’autobus del quarto lotto di Corviale, un uomo di 33 anni, Cristiano Molè, con precedenti penali e una condanna di 3 anni scontata in carcere, è stato ucciso con una raffica di colpi di arma da fuoco. Il grave fatto di cronaca è senza precedenti nel quartiere, per modalità di esecuzione, luogo e orario. Per cercare di capire quanto il territorio in questi ultimi anni sia cambiato, e scoprire quanto la popolazione abbia risentito di questo omicidio, siamo andati dal sacerdote che da 8 anni è parroco della chiesa del palazzo lungo un chilometro: don Roberto Cassano.
“Se proprio devo pensare ad un peggioramento della situazione generale – racconta don Roberto – cominciando dai 4 anni precedenti nei quali ricoprivo il ruolo di viceparroco nella vicina chiesa di San Girolamo, penso da una parte al fattore economico con le chiusure di molti esercizi commerciali in zona, dall’altra ad una minore partecipazione alla Messa. Abbiamo notato anche un calo tra le persone che vengono a chiedere il pacco alimentare che credo sia legato a due fattori: una riduzione del numero degli abitanti e un maggior controllo, da parte nostra, rispetto ai requisiti necessari per ritirarlo. Aumenta invece la richiesta da parte degli stranieri. Tornando ai cambiamenti, è difficile notare un peggioramento netto rispetto a prima, perché già 12 anni fa la situazione era preoccupante.
Dal giorno dell’omicidio, avvenuto tra l’altro dopo la Messa serale, quando le persone – soprattutto donne anziane – stavano tornando a piedi verso casa, ha notato un aumento della paura Ci si sente meno sicuri?
Quello che è accaduto non ha precedenti. La gente è rimasta sorpresa. Tutti hanno capito di essersi trovati di fronte ad un regolamento di conti e dunque – passato il pensiero di poter essere coinvolti per una fatalità neanche troppo remota – la paura non ha preso il sopravvento. Ha sorpreso la modalità dell’omicidio, è chiaro che sparando così in strada, davanti a tutti, qualcuno poteva rimanere colpito. Nessuno però mi ha espresso il suo timore personale di uscire e camminare per le vie del quartiere. Anche questa reazione è significativa e paradossale: questo fatto viene considerato unico ed isolato e dunque credo che la gente dia per scontato che non possa ricapitare.
È stato quasi come assistere ad una scena vista in qualche Serie TV …
Non vorrei che ci fosse una sorta di emulazione, ho l’impressione che le Serie TV abbiano contribuito a peggiorare peggiorato la situazione presentando miti, negativi, ma comunque miti capaci a mio avviso di fare grande presa nell’immaginario collettivo. Miti a cui a volte si richiamano le stesse persone che quei miti negativi hanno contribuito a creare. Basta pensare a Matteo Messina Denaro che nel suo covo aveva il poster del Padrino. Insomma, un cortocircuito autoalimentato e auto-amplificante. Il mio timore è che queste che queste Serie Tv possano alimentare l’ego di queste persone. La televisione dovrebbe portare cultura, una volta era così. Il fattore emulazione lo riscontriamo anche in altri fatti di cronaca, sicuramente meno gravi ma comunque importanti, perché riguardano la sicurezza di tutti.
Un omicidio che le forze dell’ordine hanno esaminato in maniera particolare …
Questo omicidio è stato da subito tenuto molto in considerazione dalle forze dell’ordine tanto che è stata interessata anche la Commissione antimafia. Non perché sia avvenuto a Corviale, ma per le modalità di esecuzione. Chi ha colpito è gente che pensa di restare impunita: non è venuta di notte, di nascosto, ma di sera, all’aperto, senza paura di essere riconosciuti senza paura di essere bloccati. Una vera e propria esecuzione avvenuta in una strada a senso unico nella quale basta un autobus per bloccare o rallentare lo scorrimento, tra l’altro nei pressi, inoltre, della sede della polizia municipale. Ritengo sia stato un killer “professionista”.
Come sacerdote e parroco si sarà interrogato molte volte sul ruolo che la parrocchia può svolgere in situazioni del genere.
Beh, domande me ne sono fatte tante ma non ancora risposte certe. Credo però che nessuno abbia la certezza di avere in tasca la verità. E non parlo solo di Corviale. L’unica cosa che possiamo fare è essere presenti come luogo di preghiera, di ascolto, di vicinanza per chi ha bisogno.
Pensa sia utile coinvolgere i collaboratori laici in una formazione anche sociale per capire come affrontare al meglio i problemi di chi viene a bussare in chiesa
Il primo problema, ed è quello principale, è avere collaboratori parrocchiali che decidono di dedicare un po’ del loro tempo alla comunità. La formazione è sempre utile, in ogni caso, ma io credo molto nell’esperienza e nella vita di preghiera. Molto meglio un collaboratore caritatevole, senza formazione, rispetto a un operatore che di formazione ne ha fatta tanta e magari, proprio per questo, si ritiene superiore rispetto agli altri. Di gente esperta e di maestri ce ne sono tantissimi, di testimoni pochi e come diceva Paolo VI: non abbiamo bisogno di maestri ma di testimoni. Dobbiamo puntare di più sulla preghiera, sul ritorno a Cristo, sulla fede, sull’invocazione dello Spirito Santo. Dobbiamo ritornare ad un discorso spirituale perché abbiamo tolto Dio dal nostro orizzonte. Facciamo tanta formazione ma Dio dove sta Profetico il testo di Ratzinger, da papa emerito, sullo scandalo dei preti pedofili: lui diceva che il problema aveva la sua radice nella mancanza di Dio. Stiamo vivendo una profonda crisi spirituale e dobbiamo tornare a incontrare Dio, ad essere figli suoi, ci sentiamo orfani e sentirsi orfani vuol dire perlomeno avere il desiderio di Dio. Il problema di oggi è che ci sentiamo autoreferenziali.
Dopo la preghiera, da che cosa ripartire?
Da una crescita culturale che a mio avviso dovrebbe iniziare dallo spegnimento dei televisori. I social così presenti nella vita delle persone, riprendono e amplificano quello che c’è nella TV. Un esempio … In questi ultimi giorni non si è fatto altro che parlare di Sinner e della sua vittoria. Lo abbiamo visto dappertutto, bombardato di domande, addirittura invitato a Sanremo. Giornali e televisioni e social ne hanno parlato per giorni e tutti si sono sentiti in dovere di esprimere la propria opinione su di lui e sulle sue scelte. Ora, senza nulla togliere a Sinner e alla sua grande impresa sportiva che resta grande e importante per lo sport italiano, non credo di fare retorica se ricordo che ogni giorno che passa il mondo intero, e soprattutto i popoli convolti, devono fare i conti con due o più guerre che stanno mietendo migliaia e migliaia di vittime. Per me quindi meno televisione e più libri.
Magari accompagnata da una sobria attenzione nell’utilizzo dei social?
Ritengo i social uno strumento importante da non demonizzare. Certo, se mal utilizzati generano danni, allo stesso tempo credo che possano concedere a tutti un’opportunità. Mi riferisco ad esempio, alla possibilità di una crescita economica. Molte persone grazie ai social hanno la possibilità di mostrare i propri talenti in maniera diretta, immediata, senza dover aspettare l’occasione o la raccomandazione di turno. L’altra faccia della medaglia è il pericolo di raggiungere in fretta la notorietà che però senza una solida base culturale può portare a utilizzare il mezzo per propri interessi, non sempre legittimi e buoni.
Papa Francesco ci invita da sempre ad andare nelle periferie. Ma che cos’è la periferia, un territorio lontano dal centro o il luogo per eccellenza della povertà dell’uomo? Abbandonare le nostre sicurezze per trovare le debolezze presenti a pochi passi da noi?
Prima di tutto dobbiamo cosa chiedere a Dio di cambiare noi stessi. San Paolo lo diceva duemila anni fa ma l’invito a “non conformarci alla mentalità di questo secolo e a trasformarci rinnovando la nostra mente per poter discernere la volontà di Dio” è a mio avviso ancora valido. Dobbiamo entrare in una prospettiva nuova e adottare una mentalità nuova, illuminata dallo Spirito Santo, che ci permetta di dare il giusto peso alle cose. Stiamo dietro a troppe tante sciocchezze che poi vengono sfruttate da chi, con cognizione di causa, le utilizza come armi di “distrazione di massa”, per non farci soffermare sui problemi reali che ci sono e che segnano la vita di ognuno di noi.
Comunque tutti sottolineano la centralità delle periferie, dalla politica alla Chiesa. Cosa sente di chiedere alla politica e alla Chiesa
Alla politica chiedo meno ipocrisia e poi pensare sempre più e meglio al bene comune e non alla ricerca dei voti.
E alla Chiesa
Di ritornare alla preghiera, all’adorazione e all’attenzione a chi ci vive accanto: dobbiamo tornare a Cristo. Tutto questo genererà una crescita spirituale, ed eventualmente anche culturale, che aiuterà tutti a superare i problemi e contribuirà ad affrontare tutto il resto. Come ha detto più volte Papa Francesco, la Chiesa, e quindi anche la nostra parrocchia, non è una Ong. Qui a Corviale sono presenti una serie di associazioni che svolgono tutte benissimo il loro servizio. Noi come realtà parrocchiale dobbiamo concentrarci di più sulla preghiera soprattutto in questo Anno della preghiera cui dedicherò tutto il mio tempo e le mie forze. La priorità per me resta la preghiera e la relazione con Dio, l’incontro con il Signore. Una volta che c’è quello è sicuro che presto arriverà anche un cambiamento totale, perché incontrare il Signore cambia la vita e dunque anche il modo di comportarsi e relazionarsi con il prossimo e la società. La nostra missione non è fare proteste o fiaccolate, o andare in strada a gridare con i megafoni, la nostra missione è predicare, portare il Vangelo, la buona notizia, pregando e servendo i poveri. Tutto il resto lo possono fare gli altri.
Come incontrare allora le persone, in un quartiere, come Corviale, senza piazze e con un un palazzo unico. Sembra che l’unica piazza del quartiere sia proprio la parrocchia, specialmente dopo Messa nel giardino parrocchiale per un caffè e per stare insieme.
È così, quello è un momento molto bello ma deve avvenire sempre dopo la preghiera, mai prima. La vera sfida è riuscire ad avvicinare i più giovani, anche se sono pochi o sembrano disinteressati. Noi ci fidiamo di Dio e con fede siamo chiamati a mettere nelle Sue mani i nostri pochi pani e pesci, penserà Lui ad operare i miracoli. Non dobbiamo perdere tempo e forze dietro a cose che possono e devono fare altri, e mi riferisco all’associazionismo. Se facessimo la stessa cosa invaderemmo il territorio degli altri, anche questa è sussidiarietà. Non sostituire ma sostenere!
C’è un tavolo periodico di incontri con le realtà che operano nel territorio?
La parrocchia da tempo si è messa a disposizione offrendo anche le proprie strutture per incontri di questo tipo. Ma il mio tempo, soprattutto quest’anno, lo dedicherò allo sviluppo della preghiera ed è fondamentale che non vada sprecato un solo minuto. Il 24 dicembre si aprirà il Giubileo e nostro compito è preparare la gente a questo grande evento.
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