In sala “Povere creature!” e “Dieci minuti”, su Netflix “Skam Italia 6”
Storie di donne, libere e coraggiose. È il tracciato di tre titoli forti tra cinema e piattaforme. Anzitutto arriva in sala il Leone d’oro di Venezia80 “Povere creature!” (“Poor Things”) di Yorgos Lanthimos, che ha da poco ricevuto una pioggia di candidature ai prossimi Premi Oscar: correrà per 11 statuette tra cui miglior film e regia. Un racconto acuto e feroce, visionario, che richiama “Metropolis” e “Frankenstein”, con protagonista una magnifica Emma Stone. Ancora, l’adattamento del bestseller di Chiara Gamberale “Dieci minuti” diretto da Maria Sole Tognazzi e con protagoniste le intense Barbara Ronchi, Margherita Buy e Fotinì Peluso. Una storia di abbandono, di caduta ma anche di risalita. Bellissime le musiche di Andrea Farri. Infine, su Netflix la sesta stagione del cult generazionale “Skam Italia” firmato Ludovico Bessegato. In evidenza disturbi alimentari, senso di inadeguatezza e dispersioni giovanili nell’odio dietro sirene estremiste. La serie fa ancora una volta centro per lo stile di racconto. Il punto Cnvf-Sir.
“Povere creature!” (Cinema, 25.01)
Ai 96mi Academy Awards tallonerà il grande favorito “Oppenheimer” di Christopher Nolan: “Povere creature!” (“Poor Things”) di Yorgos Lanthimos è in gara con 11 nomination. Il film ha inaugurato la stagione 2023-24 nel migliore dei modi: il Leone d’oro a Venezia80, inanellando poi due Golden Globe di peso, miglior film comedy e attrice protagonista Emma Stone. L’audace e visionario regista greco lascia ancora una volta il segno con un racconto che si muove tra surreale, dramma fantastico e favola dark. Una sorta di Alice che abbandona il paese delle meraviglie e si immerge in una dimensione sociale disseminata di brama e ferocia. L’opera, da un racconto di Alasdair Gray, è sceneggiata da Tony McNamara.
La storia. Londra fine ‘800, una donna si getta da un ponte. La raccoglie sulle rive del fiume il dottor Godwin Baxter che decide, spinto dal desiderio della scoperta scientifica, di riportarla in vita trapiantandole un nuovo cervello. Nasce così la nuova vita di Bella Baxter. La giovane donna deve imparare nuovamente a parlare, a interagire e relazionarsi con gli altri; è come una creatura indifesa e curiosa verso il mondo. Un giorno viene sedotta dall’avvocato Duncan Wedderburn, che le fa scoprire la dimensione sessuale e la conduce in viaggio nelle principali capitali del Mediterraneo. Bella sperimenterà un vorticoso percorso di formazione, tra illusioni e abbagli brucianti…
La cifra narrativa di Lanthimos è inequivocabile: racconta la dimensione del reale ricorrendo al fantastico, all’onirico, ma anche all’incubo. Il suo cinema è geniale, surreale e provocatorio. Tra i suoi i titoli “The Lobster” (2015), “Il sacrificio del cervo sacro” (2017) e “La favorita” (2018). Con “Povere creature!” Lanthimos ci introduce in un mondo che accosta la commedia nera al dramma feroce: mette in scena una favola capovolta, nerissima che sembra riprendere la figura di Alice di Lewis Carroll per calarla in uno scenario claustrofobico, ammaliante e gotico. Bella è una creatura splendida d’aspetto, svuotata però nella personalità, pronta a essere riplasmata dal suo creatore Godwin – ottimo Willem Dafoe –, che lei chiama “God”, dio. Ma qualcosa va “storto”: Bella matura subito idee proprie, desideri, insofferenze. Alla prima occasione, fugge via e si immerge nel mondo, che però non le risparmia nulla: dall’iniziale ebbrezza, anche fisico-sessuale, per passare rapidamente a povertà, disparità sociale, mercificazione del corpo e ripetute crudeltà da parte di uomini predatori. Lanthimos strappa sorrisi e inquietudini allo spettatore, chiamato a seguire le vicissitudini di Bella per fare esperienze (brutali) della realtà. Il racconto sa essere colto, profondo, ilare, scomodo ed esplicito. L’autore non risparmia nulla alla sua Bella, ma neanche allo spettatore. “Povere creature!” è un’opera interessante e acuta, però di non facile cooperazione, di certo per un pubblico adulto. Complesso, problematico, per dibattiti.
“Dieci minuti” (Cinema, 25.01)
Dolente, delicato, capace di strappare sorrisi. È l’ultimo film di Maria Sole Tognazzi “Dieci minuti” (“Viaggio sola” del 2013 e la serie “Petra” dal 2020), scritto insieme a Francesca Archibugi e tratto dal popolare romanzo di Chiara Gamberale. Protagoniste Barbara Ronchi, Margherita Buy e Fotinì Peluso; con loro Alessandro Tedeschi, Anna Ferruzzo, Marcello Mazzarella e Barbara Chichiarelli. Un film che esplora la vertigine dell’abbandono e della solitudine. Un’opera che si spinge nelle profondità degli abissi dell’animo, per avviare poi un lento e faticoso percorso di risalita.
La storia. Roma oggi, Bianca è una quarantenne che viene lasciata dal marito e contestualmente licenziata dalla redazione del giornale dove lavora. In crisi su tutti i fronti, Bianca si rivolge a una psichiatra, la dott.ssa Brabanti, che per aiutarla a uscire dallo stallo in cui si trova le affida un compito: sperimentare ogni giorno qualcosa di nuovo per dieci minuti…
Prodotto da Indiana e Vision Distribution, “Dieci minuti” è un racconto quasi sussurrato, la confidenza intima di un momento di smarrimento e dolore inarrestabile. La protagonista Bianca è su un binario morto, senza soluzioni e aspettative. Un aiuto le giunge dalla psichiatra – magnifica Margherita Buy! –, che la spinge a sfidare se stessa, a forzare il suo perimetro d’azione ordinario: ogni giorno deve confrontarsi con qualcosa di nuovo, almeno per 10 minuti, per poter rompere schemi e routine. Bianca però non è del tutto sola, ha una rete di sostegno invisibile che la segue passo passo e che trova nella scontrosa sorella Jasmine (una brava Fotinì Peluso) la capofila di questa cordata d’amore. “Dieci minuti” è un film raffinato, che brilla soprattutto per la dimensione visivo-estetica, per come la Tognazzi accompagna lo spettatore tra tornanti di vita e d’animo. Un film che poggia molto sulle ottime qualità recitative di Barbara Ronchi. A dare supporto al ritmo e alla riuscita del racconto sono la scrittura dell’Archibugi, puntuale e mai banale, e le musiche di Andrea Farri, profonde e luminose. Un’opera elegante, che apre alla voglia di vivere, alla fiducia. Consigliabile, problematico, per dibattiti.
“Skam Italia 6” (Netflix)
Netflix scommette ancora una volta su “Skam Italia”. Nata dal fenomeno di origine norvegese, “Skam Italia” è un prodotto targato Cross Productions, che ha avuto un primo sviluppo su Tim Vision passando poi al colosso streaming. La serie racconta la generazione Z o Post-Millennials, il mondo dei liceali di oggi e le matricole universitarie. Puntate brevi di circa 15-25 minuti che esplorano tutti i temi che costellano la vita dei giovani: la ricerca della propria voce, l’amore, l’amicizia, il rapporto con i genitori – i grandi assenti –, l’identità sessuale e il rapporto con la sessualità, la dimensione religiosa, la diversità culturale, le violenze digitali. Nella sesta stagione l’attenzione è su disturbi alimentari e odio sociale, rigurgiti di fascismo che avvelenano menti fragili.
La storia. Roma, Liceo Kennedy, Asia trascina il gruppo di amici nella sfida per l’elezione dei rappresentanti di istituto. Crede nell’impegno politico e nelle battaglie civili. Oltreoceano il suo fidanzato Ben comunica poco e lei si sente ogni giorno più sola. A tormentarla è il rapporto con il cibo, che ha iniziato a vivere in maniera conflittuale. Il peso cala, ma aumentano i disagi. Non sa come chiedere aiuto. Trova un inatteso appoggio nel nuovo arrivato, Giulio, dal passato però poco chiaro…
“Skam Italia 6” affronta due temi molto discussi e di stringente attualità: l’allarmante piaga dei disturbi alimentari e la manipolazione dell’odio, il serpeggiante cameratismo attorno a idee e atteggiamenti estremisti. La serie, seguendo la traiettoria di Asia – una convincente Nicole Rossi – e dei suoi amici propone quadri interessanti su pensieri, emozioni, paure e solitudini dei giovani. Un racconto fresco, colorato, coinvolgente. Uno storytelling giocato con arguzia e furbizia su temi complessi, declinati con efficacia e semplicità (a volte semplificazione). La scrittura risulta vivace, brillante, lontana da banalità e stereotipi. Ancora una volta fa centro il team ideativo di Ludovico Bessegato, come pure la regia di Tiziano Russo. “Skam Italia” si rivolge a un pubblico di adolescenti, di giovani adulti, ma andrebbe vista e magari messa in dialogo anche con genitori ed educatori, per cogliere fermenti, distanze o non detti. D’altro canto, i grandi assenti nel mondo “Skam” sono proprio gli adulti: sbiaditi, invisibili, semplicemente sullo sfondo. Complessa, problematica, per dibattiti.
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