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Lega, il Nord scarica Salvini? ‘Ci diceva di evitare Verdini’

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 “Ma noi cosa c’entriamo con Verdini?”. Dentro la Lega non è aria, per dirla con un’immagine cara al ministro Giancarlo Giorgetti. Il Carrocio non è partito da lavare i panni sporchi in pubblico, ma gli umori sono pessimi soprattutto nel Nord, tra quella vecchia guardia disorientata non solo dalla linea politica di Matteo Salvini, ma pure dal giro di potere e dalla classe dirigente – più o meno organica al partito stesso – che ruota intorno al segretario.
La voce pubblica del dissenso lombardo è l’ex deputato e segretario regionale Paolo Grimoldi, che alle cene di Natale raccoglie applausi citando Fantozzi a proposito del Ponte sullo Stretto (“è una cagata pazzesca!”). Grimoldi aspetta il congresso regionale da 8 anni e rinfaccia a Salvini di aver cambiato idea su tutto, compreso sul suocero: “La Lega che conosco io non c’entra assolutamente niente con Verdini – dice al Fatto – Ma avendo cambiato idea sulla Fornero, sull’abbassamento delle tasse, sull’aumento dei pedaggi autostradali, sul Ponte di Messina, non mi meraviglio che Salvini possa aver cambiato idea anche su Verdini”. Paolo Tiramani, ex deputato del Piemonte, racconta un aneddoto: “Dopo le elezioni del 2018, Salvini riunì tutti i nuovi eletti al Palazzo delle Stelline, a Milano. Tra le varie cose, si raccomandò di fare attenzione ai ‘giri’ romani e di non farsi condizionare ‘dagli Alfano e dai Verdini’”. Il futuro suocero indicato come modello da cui stare alla larga, come perfetta rappresentazione del potere tentacolare in grado di condizionare la politica anche da fuori dai Palazzi.

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D’altra parte fino a qualche anno fa Salvini lo scriveva persino su Twitter: “Ne ho le tasche piene degli Alfano, dei Verdini e dei tromboni traditori che cambiano casacca”; “Fini, Alfano, Verdini, mi fanno schifo i traditori”; “Dove ci sono Alfano e Verdini non c’è Lega”. Sembra passato un secolo. “Nelle nostre chat gira di tutto su questa vicenda di Verdini – dice un anonimo leghista del Veneto – Qui l’insofferenza verso Salvini è sempre più forte”. Il problema è che il leader “ha militarizzato il partito”, quindi anche un tonfo alle Europee non provocherebbe certo in automatico un cambio ai vertici. Un eletto la mette giù così: “Anche Berlusconi aveva un partito personale, ma almeno lui se l’è creato e l’ha pagato, Salvini ce lo ha rubato”. Qualcuno però si spinge a pronosticare un risultato “sotto al 7 per cento” e in quel caso il fortino salviniano sarebbe quantomeno più fragile. Di più: dalla Lombardia ricordano che il 2024 sarà il quarantesimo anniversario dalla fondazione della Lega Lombarda (12 aprile, a Varese) e chissà se al nuovo corso farà piacere l’inevitabile rievocazione del mito di Umberto Bossi, da due anni escluso pure da Pontida.

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Anche perché la vicenda di Verdini agita alcuni storici attivisti – Tiramani cita anche la rapida ascesa di Freni: “Nel partito non lo conosceva nessuno fino a pochi anni fa” – e si lega a mal di pancia già in essere, tra temi identitari abbandonati e una battaglia, quella per i il terzo mandato ai governatori, che in molti vedono già persa. Nel Veneto di Luca Zaia, per dire, il clima è pessimo. Basti un episodio che racconta un consigliere regionale: “Quest’anno è saltata persino la cena di Natale tra il gruppo della Lega e quello della lista di Zaia. L’avevamo sempre fatta”. I rapporti sono tesi, complice appunto il dossier terzo mandato (che per Zaia sarebbe il quarto): a sentire la campana salviniana, i fedelissimi del presidente starebbero spingendo solo per salvare se stessi, consci che senza il “Doge” avrebbero difficoltà a ricollocarsi. Veleni e ripicche nella Padania che ribolle.

(Di Lorenzo Giarelli – Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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