Risma/ SIGNIFICATO Unità di conteggio della carta, pari a cinquecento fogli; in senso spregiativo e riferito a categorie di persone, vale genere, razza, qualità ETIMOLOGIA dall’arabo rizma ‘pacco, fascio’, da razama ‘impacchettare’. «La carta sta finendo, carico un’altra risma.»
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Risma/ SIGNIFICATO Unità di conteggio della carta, pari a cinquecento fogli; in senso spregiativo e riferito a categorie di persone, vale genere, razza, qualità
ETIMOLOGIA dall’arabo rizma ‘pacco, fascio’, da razama ‘impacchettare’.
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«La carta sta finendo, carico un’altra risma.»
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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La storia dei supporti da scrittura è una delle fibre che compongono la storia dell’umanità e, soprattutto, della civiltà: dalle tracce di lingue epigrafiche su pietra al Codice di Hammurabi, dai papiri egiziani alle tavolette di cera romane, si arriva all’elaborazione di un prodotto prezioso ed esclusivo come la pergamena, il cui nome deriva dalla città di Pergamo, preparata a partire da pelli di animali. Ma non finisce qui.
Come accadde per l’arte della stampa, anche il supporto scrittorio più famoso del mondo e tuttora utilizzatissimo, la carta, ha radici orientali, per la precisione cinesi. Furono gli arabi a portarla in Europa attraverso i loro traffici e i commerci, e anche con le loro battaglie: per il passaggio a Occidente di questo fine prodotto, ricavato dal cotone e ben più a buon mercato della carissima pergamena, fu determinante la vicenda di una singola battaglia — fra le più importanti e meno conosciute. Parliamo della battaglia del fiume Talas, nell’estate del 751 d.C., che vide contrapposti nel cuore asiatico della via della seta gli eserciti sostenuti dal Califfato e dal Celeste Impero. Le competenze dei prigionieri di guerra cinesi catturati dagli arabi si rivelarono estremamente interessanti: con questa singola battaglia entrarono in possesso di saperi e tecnologie per la produzione di seta, carta e bussole. Mica male. (Ne avevamo già parlato quando trattammo ‘scheda’.)
Non c’è quindi da stupirsi se, insieme al supporto, è giunto a noi anche un nome per indicare un’unità di conteggio dei fogli — la risma — con una consistenza che nei secoli è stata variabile (anche perché a lungo ha considerato fogli rilegati). Francesco di Bartolo, commentatore dantesco del Trecento, la descriveva come insieme di dodici quaderni, mentre per il lessicografo Niccolò Tommaseo nell’Ottocento corrispondeva a ottantacinque quaderni di cinque fogli l’uno; per noi oggi conta quattrocento o cinquecento fogli, a seconda degli usi.
La parola deriva dall’arabo rizma ‘pacco, fascio, mazzo’. Il verbo che si cela dietro è razama, cioè fare un pacco, un fascio, impacchettare. Oggi se ne sente parlare sempre meno perché si preferisce indicare direttamente il numero di fogli presenti in un fascio di carte, ma è stata un’unità di conto di gran successo (che meraviglia leggere le lettere in cui Ariosto cerca di far transitare senza dazi le quattrocento risme di carta che gli servono per la ristampa dell’Orlando furioso!). E chi voglia continuare a usare questa parola in questo senso potrà contare sulla splendida atmosfera di antichi commerci mediterranei che riecheggia; ad ogni modo, si continua ad usare correntemente per indicare in genere un pacco di fogli.
Rilevante è anche l’uso di ‘risma’ in senso figurato: la risma è un gruppo di persone individuato con chiari connotati dispregiativi. Possiamo dire che al concerto pandemonìaco si trovavano persone d’ogni risma; il signore che ha cercato di passare avanti a tutti nella fila (senza riuscirci) borbotta lamentandosi di questa risma di gente screanzata; e si rampogneremo il figlio dicendogli che non lo si vuol vedere frequentare farabutti di quella risma. Non era necessario, apodittico che risma assumesse un significato figurato negativo; ma forse ha fatto la sua parte la sfumatura di dozzinale che hanno i grandi numeri della risma — ma per tornare al commento di Francesco di Bartolo, è stato l’uso figurato che ne ha fatto Dante a risultare determinante.
Nel ventottesimo canto dell’Inferno, il pellegrino passa la truculenta bolgia dei seminatori di scandalo e di scisma, dove un diavolo rimette, sottopone al taglio della spada ciascun di questa risma, ogni spirito di questa esecrabile categoria (spada che per contrappasso li fa a pezzi come lo scisma e lo scandalo hanno generato separazione eccetera).
L’uso dantesco è fra i primi attestati di ‘risma’. E questo non ci deve stupire: la tecnologia della carta per Dante era estremamente interessante. Anzi, secondo certi studi avanzati riguardo alla ricostruzione del prototipo fisico della Commedia pensato da Dante — cioè su come Dante voleva che fosse impaginato e realizzato l’oggetto-libro della sua opera — lui non se la immaginava diffusa su pergamena, ma su carta. E sì che anche per la Commedia, nei secoli, di risme ne sono servite.
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