Giù le mani dal presepe!: editoriale dell’ex senatore casertano Vincenzo D’Anna
Non c’è napoletano che non abbia visto il capolavoro di Eduardo De Filippo “Natale in Casa Cupiello” e che non ricordi il dialogo tra Luca Cupiello ed il figlio Tommasino, detto Nennillo, innanzi al presepe che il padre aveva devotamente preparato come ogni anno. La commedia è la metafora della disgregazione di una famiglia tradizionale legata ai valori di un tempo, alla religiosità che li connota durante le feste comandate e che tenta di ricomporsi attorno ad uno dei principali simboli della tradizione cristiana. Un’opera, quella di Eduardo, presaga di quanto purtroppo emergerà in seguito nella società del terzo millennio. Un capolavoro che avverte ed ammonisce circa il valore delle tradizioni familiari intese come occasione di riconciliazione e di stabilità. Ma già ai tempi in cui Eduardo scrisse quel testo – correva l’anno 1931 – il coacervo di valori tradizionali cominciava a mostrare le prime crepe: “Nun me piace ‘o presepio”, ribatte Tommasino al padre che tenta invano di inculcargli il valore di quella sacra tradizione. Il giovane è invece proteso verso altre mete emancipanti: l’amicizia con i compagni (ancorché uno di questi sia l’amante della sorella la quale litiga con il marito), l’attrazione verso i beni materiali (che tenta di chiedere ed ottenere leggendo la lettera di Natale nella quale conferma, in cambio, i soliti buoni propositi).
Non gli piace, insomma, e non gli piacerà il presepe neanche quando la piccola opera d’arte paterna sarà ultimata al massimo del suo innocente fulgore. Un fulgore che però diventa inutile orpello nel momento in cui viene a mancare il retroterra della vera fede sulla quale poggia la tradizione che rinnova la visione della nascita di Cristo. Comincia insomma già in quell’epoca, il forte richiamo del consumismo, dell’atarassia sentimentale e dell’alienazione spirituale. Oggi siamo ben oltre quei richiami, molto al di là dello stesso edonismo narcisistico: siamo alla disfatta profonda dell’assemblaggio sociale di un tempo. Viviamo in un’epoca in cui la società si è fatta “liquida”, indistinta e finanche fluida nella determinazione dei generi e della sessualità, con unioni che si sciolgono come neve al sole alla prima incomprensione ed innanzi all’individualismo egoistico e competitivo della coppia. Finora, purtroppo, niente ha egregiamente sostituito quel che di durevole è stato accantonato, questo finisce con l’accrescere sia il disorientamento, sia l’alienazione esistenziale, con il risultato che a regolare il rapporto tra i coniugi e con i figli ci pensano, oggi, l’opulenza , il cinismo e la violenza che si sviluppa dentro le mura domestiche.
Eppure è una legge, finanche chimico-fisica, quella che ci indica che due atomi ( gli individui ) possono fondersi in una nuova molecola ( la famiglia ) solo se riescono ad interagire legandosi stabilmente, condividendo l’energia dei legami originari. Nell’epoca dei social e della telematica i legami sono veloci, effimeri ed impersonali. La gente ha motivo di conoscersi epidermicamente portandosi dietro il proprio egoismo di voler arrivare in alto nella scala socio economica. Non c’è né il tempo né lo spazio per coltivare un’idealità comune, un idem sentire, che possa sopravanzare il portato individuale per rinsaldare, con dedizione e sforzo, il legame di coppia e di famiglia. Si rincorrono e si analizzano gli epifenomeni sociali che questa disgregazione sociale sta producendo: divorzi, abbandoni della prole, femminicidi, famiglie allargate, aborti ripetuti e calo delle nascite, cambiamenti transgender, nomadismo affettivo. Non piace il presepe come simbolo antico? Lo vogliono modernizzare, adeguare ai tempi nella speranza, o meglio, nell’illusione, che quei simboli siano plasticamente adattabili alla nuova scala dei valori sociali? Ed ecco quindi che qualcuno procede alacremente lungo la strada del restyling epocale, allestendo una natività con…due Madonne!! A realizzarla è stato don Vitaliano Della Sala, parroco della chiesa SS. Pietro e Paolo in Capocastello di Mercogliano (Avellino): un alzata d’ingegno, quella del sacerdote, che ben può considerarsi un antesignano dell’introduzione del gender nel mondo un relativismo morale, caro alla mutagenesi dottrinale di Papa Francesco. Ma d’altronde, cosa aspettarsi da una chiesa retta da un gesuita che poco gradisce fare il “Pontefice Massimo” ed il custode della tradizione cristiana, che benedice le coppie gay e che, ricevendo Wladimir Luxuria, la invita ad andare avanti? Addirittura fanno la loro apparizione nelle letterine di Natale dove i bimbi si rivolgeranno non solo a “papà” e “mamma” ma anche altre figure indeterminate, ivi presenti . E così la scuola stessa si adegua alle mode. Anni fa ebbi modo di leggere un bel libro di Stefano Benny dal titolo “Il bar in fondo al mare”. Vi si narrava di un bar nascosto sotto la superficie del mare in cui 23 personaggi – uomini ed animali, umani e marziani, senza distinzione di specie – si raccontavano folli storie oniriche. Si potrà immaginare questa variegata tipologia di cose anche nella famiglia in un prossimo futuro? Ed allora facciano, lorsignori, come meglio desiderano, però tolgano le mani dal presepe a dai simboli di coloro che questa “modernità” non desiderano!! A noi ce piace ‘o presepio!! Se ne facciano una ragione!