Appena 1.500 assunti in 4 anni, costati agli italiani 34 miliardi di euro. Questa, secondo il direttore generale dell’Inps, Vincenzo Caridi, intervistato da Repubblica, la sintesi del fallimento del Reddito di cittadinanza. Le cose non stanno così: lo dice la Corte dei conti che, già in piena pandemia, contava 352.068 persone “con almeno un rapporto di lavoro successivo alla domanda di Rdc”. Ma chi li legge i rapporti della Corte? Così, se Repubblica fa il buco, i giornali di destra lo allargano a piacere, certi che ogni contratto sia costato alle casse pubbliche 22 milioni di euro, nemmeno avessimo assunto le stelle del basket Nba. Ormai siamo praticamente al vilipendio di cadavere, visto che il Rdc ha i giorni contati: dal primo gennaio sarà sostituito dall’Assegno di inclusione voluto dal governo Meloni. Tuttavia si decide di riaprire la stagione di caccia ai fannulloni divanati. Perché? C’è da coprire il flop dell’alternativa messa in campo dal governo. Che non funziona, stavolta nel senso letterale del termine.

Interpellata nell’inchiesta del Fatto sugli “occupabili” che non ricevono i 350 euro del Supporto formazione e lavoro (Sfl), la dirigenza dell’Inps ha trovato asilo sulle pagine di Repubblica di sabato 9 dicembre. La speranza era di leggere il dato nazionale sull’effettiva erogazione del Sfl, così da confermare, o perché no smentire, utenti, centri per l’impiego, enti di formazione e regioni, tutti a dire che la piattaforma nazionale lanciata dal governo non funziona e i 350 euro dell’indennità non arrivano. Niente da fare, il direttore generale dell’Istituto preferisce lasciare il lettore col fiato sospeso: “Renderemo noti i dati alla fine di questo mese o all’inizio del prossimo. Non ha senso fare il punto su una misura nuova, partita l’1 settembre, prima dei tre mesi di implementazione”. Con buona pace di chi rispetta i criteri previsti e non ha ancora visto un soldo, né sa come andare avanti. Il Reddito, dicevamo. L’occhiello a centro pagina la spara così: “Il sussidio dal 2019 ad oggi è costato 34 miliardi di euro, ma soltanto 1.500 percettori sono stati assunti“. Nell’attacco dell’intervista se non altro si specifica che trattasi di “contratti incentivati”, cioè dei soli che hanno beneficiato degli sgravi contributivi previsti per l’assunzione di percettori di Rdc.

La differenza è enorme. Quanto? Lo ha detto più volte la Corte dei conti e già ai tempi della pandemia: “A ottobre 2020 il numero complessivo dei beneficiari soggetti alla sottoscrizione del Patto per il lavoro (i cosiddetti Work Ready) era pari a 1.369.779, mentre coloro che hanno avuto almeno un rapporto di lavoro successivo alla domanda di RdC era di 352.068, di cui 192.851 ancora attivo”. E pazienza se gli altri sono riusciti a mangiare, visto che si tratta di misure di contrasto alla povertà. Ma attenzione, i contratti incentivabili, quelli che possono approfittare degli sgravi contributivi, sono solo quelli a tempo indeterminato e gli apprendistati. Scrive la Corte: “Il 15,4% ha firmato un contratto a tempo indeterminato e il 4,1 % un contratto di apprendistato”. Tutti gli altri sono contratti a tempo determinato, che non accedono agli sgravi. Di questi, “il 69,8% ha una durata inferiore ai 6 mesi”, precisano i magistrati contabili. In altre parole, dire che in 4 anni solo 1.500 percettori sono stati assunti è una menzogna. Ciò che è peggio è che si parla di persone in condizione di povertà, molte delle quali avevano già un lavoro prima di ricevere il sussidio, perché lo stipendio non è sufficiente a emanciparle dall’indigenza.

Ma siamo in Italia e non c’era alcun dubbio che la palla avvelenata sarebbe stata schiacciata l’indomani dai giornali di destra. Hanno fatto la fatica di dividere i 34 miliardi di euro per i 1.500 contratti incentivati. E infatti Libero titola “Ogni assunzione ci è costata 22 milioni”, precisando che l’incredibile bilancio è eredità del governo grillino, “quando nella gestione della finanza pubblica la fantasia contava più del portafoglio”. Anche se la “notizia” arriva dall’odiata Repubblica, copia e incolla anche Il Giornale di Alessandro Sallusti, che titola “Disastro Reddito, ogni contratto costato 22 milioni”. Infine Il Tempo – “Col Reddito creati 1.500 posti di lavoro, ci sono costati 22 milioni ciascuno” – che non si lascia scappare l’occasione per una battuta di Osho, stampata sulla foto di un centro per l’impiego dove l’operatore avverte l’utente: “Tiettelo stretto sto lavoro che ce costi più de Cristiano Ronaldo”.

Ridiamo pure e si aprano le danze. “I dati che arrivano dall’Inps sbattono in faccia a Conte &Co la verità: abbiamo speso l’equivalente di una manovra finanziaria per attivare solo 1.500 contratti di lavoro”, tuona il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti. “Giuseppe Conte farebbe meglio a chiedere scusa agli italiani per il disastro creato dal reddito di cittadinanza”, rincara il deputato di FdI Andrea Volpi, membro della commissione Lavoro a Montecitorio. “Non si era mai visto uno spreco di denaro pubblico come quello voluto e attuato durante la presidenza Conte e 5 Stelle”, si sfoga addirittura il presidente della Commissione, Walter Rizzetto, ex grillino oggi in FdI. Tanto fiato ma una cosa si guardano bene dal dirla. Come dimostrano i numeri della Corte dei conti, se c’è un fallimento è quello degli sgravi per chi assume percettori Rdc. Allora perché nella scorsa legge di bilancio il governo Meloni ha chiesto all’Europa i fondi per rifinanziare gli stessi incentivi? Sta scritto sul sito del ministero del Lavoro dallo scorso 3 novembre: “La Commissione Europea ha approvato, su richiesta del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l’Aiuto di Stato finalizzato alla promozione dell’inserimento stabile nel mercato del lavoro dei beneficiari del Reddito di cittadinanza, ex art. 1, comma 294 e ss., Legge di Bilancio 2023”.

Perché dunque accanirsi, e sparare sull’ormai moribondo Reddito di cittadinanza Qualcosa da nascondere? Magari gli effetti della riforma dalla ministra del Lavoro Marina Calderone e dalla premier Giorgia Meloni? Che le cose non stiano funzionando lo dicono gli “occupabili” ai quali il governo ha tolto il Reddito promettendo, a patto di frequentare corsi e orientamento, il Supporto formazione e lavoro (Sfl), poi erogato col contagocce. Lo dicono gli operatori dei centri per l’impiego, testimoni del cortocircuito tra le piattaforme regionali e il Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (Siisl), voluto dalla ministra e targato Inps. Lo ribadiscono gli enti di formazione, perché gli ex Rdc che seguono i loro corsi non hanno visto un euro. Lo dicono le Regioni, che in Conferenza unificata hanno dovuto smentire la ministra raccomandandole di sistemare tutti i problemi informatici della piattaforma Siisl. Lo ha scritto il Fatto Quotidianoaccusato di “strumentalizzare le informazioni” dalla ministra, che minaccia di sguinzagliare i suoi ispettori se altri avessero ancora voglia di denunciare (video). E poco importa se le richieste di aiuti alimentari segnano +12% a Milano e +34% a Roma nel 2023, con la povertà assoluta che ormai riguarda 5,6 milioni di italiani, tre volte il dato degli anni ’90, e una famiglia su dieci al Sud.

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