Arcano ar-cà-no SIGNIFICATO Misterioso, segreto; mistero ETIMOLOGIA voce dotta recuperata dal latino arcanus ‘segreto’, letteralmente ‘che è riposto in un’arca’. «Il perché della sua scelta è un arcano.»
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Arcano ar-cà-no SIGNIFICATO Misterioso, segreto; mistero ETIMOLOGIA voce dotta recuperata dal latino arcanus ‘segreto’, letteralmente ‘che è riposto in un’arca’. «Il perché della sua scelta è un arcano.»
Parola pubblicata il 22 Novembre 2023
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(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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Abbiamo molte parole per indicare qualcosa di segreto. Hanno dimensioni, sfumature e intensità diverse — pensiamo all’aura dei particolari intimi o confidenziali, alle illegittimità del clandestino, alla discrezione del luogo appartato o riposto. L’idea è sempre quella di una separazione, di una protezione dalla piena e pubblica evidenza. Però ci sono dei ‘segreti’ che hanno una serietà speciale: sono quelli dell’esoterico, dell’occulto, quelli che hanno un taglio misterico, iniziatico, e magari velano verità che riguardano il tessuto stesso del reale. In questo campo di segreti, l’arcano spicca con grande carisma — ma con qualche problema.
Già perché a differenza del celato, dell’occulto e simili, che direttamente col loro significato ci squadernano un no-no, questo è nascosto, l’arcano interpone un riferimento un po’ strano — perché è completamente desueto, e quindi coglierlo nella sua forza non è facilissimo. Se parliamo di ‘arca’ che cosa ci viene in mente?
Probabilmente l’arca di Noè, e I predatori dell’arca perduta. Entrambi sono riferimenti (di diverso tenore) ad arche bibliche — peraltro dall’apparenza molto diversa. Una è essenzialmente una nave, con cui Noè scampa al Diluvio in famosa compagnia, l’altra, l’Arca dell’Alleanza, è la più formidabile reliquia della narrazione biblica, lo scrigno in cui sono conservate le Tavole della Legge, tramite cui Dio si manifesta potentemente. Come si riducono a un concetto unico di ‘arca’?
Diciamolo subito, a fuorviarci è l’arca di Noè, così chiamata per ardita metafora: se la pensiamo piuttosto come lo scrigno di Noè, tutto si fa più chiaro.
L’arca è un contenitore, una cassa che contiene qualcosa di prezioso. Il suo stesso nome (uguale in latino) è un derivato di arcére ‘tener lontano, proteggere’: ciò che contiene deve essere allontanato dal resto — stoffe preziose, gioielli, libri, reliquie che sia. Ora, un cassone di legno, per quanto rinforzato e decorato, non è più il prototipo del luogo sicuro e sacro in cui si tiene protetto qualcosa. Oggi piuttosto la nostra verve immaginativa corre a caveau e simili. Ma lo è stato per quella cascata di secoli sufficiente a inchiodare eternamente l’arcano come il ‘supremamente segreto’.
Nell’arca non si celano dossierucci riservati, né chincaglierie vanesie. Nell’arca si cela qualcosa che ha una dignità e un potere tale da dover giacere inaccessibile in penetrali ultimi. Questa è la misura di mistero, di ignoto che c’è nell’arcano. Con una doppiezza sottilissima, che vale sia per l’arcano-aggettivo (misterioso) sia per l’arcano-sostantivo (mistero).
Non è arcano solo perché deve essere protetto dal pubblico profano: è arcano anche perché il pubblico profano deve esserne protetto.
I segreti arcani celati in una camera del tempio, tenuta sigillata dalla colonna che regge l’intero edificio, non sono solo sacri, da non violare: possono essere distruttivi, fatali. Il volere arcano dell’entità superiore non è solo inaccessibile: può squagliare una mente e la sua hybris di sapere. La ricetta arcana della nonna non è quella tenuta segreta per mera conservazione del potere: la nonna la fa solo una volta all’anno mettendo la scopa ritta nell’angolo contro le streghe perché altrimenti, tu che ancora non sei iniziato, la rifaresti senza misura, fino a scoppiare — fino a far perdere senso alla ricorrenza.
È una parola che fa correre la fantasia, perché è precisa misura della brama di conoscenza e dell’esclusione della conoscenza, del richiamo del sacro, della sua inviolabilità e del suo pericolo. Col sorriso sveliamo l’arcano di dove sono finiti i mandarini (qualcuno ha imparato ad aprire il frigorifero…) — e nella normalizzazione ironica di questo genere echeggiamo, scimmiottiamo una vertigine tremenda.