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Nel carcere minorile di Casal del Marmo nasce la pasta “Futuro”. Il pastificio impiegherà 20 giovani detenuti

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Per la prima volta nell’istituto penale per minorenni di Casal del Marmo, appena fuori dalle mura del carcere, nasce un progetto per l’inserimento lavorativo dei ragazzi. Si chiama “Pastificio Futuro” e sarà inaugurato venerdì 10 novembre alle ore 16, con la presenza del cardinale Angelo De Donatis, vicario di Roma, del segretario generale della Cei e arcivescovo di Cagliari Giuseppe Baturi e di numerose figure istituzionali. La pasta “Futuro” sarà un prodotto di qualità e l’iniziativa potrà coinvolgere nel tempo fino a 20 ragazzi e ragazze detenuti nel carcere di Casal del Marmo o che stanno scontando la pena all’esterno, in casa o in altre strutture. All’inaugurazione saranno presenti anche quattro chef stellati che offriranno un assaggio di pasta secca “Futura”, che sarà distribuita nelle catene di supermercati e nei ristoranti. Gestirà il progetto la cooperativa sociale Gustolibero. La realizzazione è stata possibile anche grazie al contributo dell’8 per mille della Cei e della Caritas italiana.

don Nicolò Ceccolini, cappellano del carcere minorile di Casal del Marmo – (foto: SIR)

Una idea nata 10 anni fa. “Il pastificio raccoglie l’invito che il Papa lanciò nel 2013 durante la sua prima visita a Casal del Marmo, quando disse ai ragazzi ‘Non lasciatevi rubare la speranza’”, dice al Sir don Nicolò Ceccolini, cappellano del carcere minorile romano di Casal del Marmo da dodici anni. Il suo predecessore, padre Gaetano Greco, lanciò l’idea del pastificio. Ci sono voluti 10 anni per riuscire ad abbattere una palazzina adiacente al carcere, poi ricostruirla. “E’ una novità per Casal del Marmo avere un progetto lavorativo all’esterno della cinta muraria – spiega -. All’interno vengono fatte altre attività di formazione come la pasticceria, la pizzeria, la falegnameria, un corso di giardinaggio e di parrucchiere”.

Al momento sono stati scelti tre ragazzi, tra cui una ragazza che entra ed esce dal carcere per lavoro, secondo l’articolo 21 della Legge sull’ordinamento penitenziario. Gli altri due erano a Casal del Marmo e ora stanno continuando a scontare la loro pena all’esterno.  “Iniziano in tre perché devono essere introdotti piano piano al mondo del lavoro – aggiunge don Nicolò -. Però il pastificio può occupare fino 20 ragazzi. La produzione a pieno regime può raggiungere 2 tonnellate di pasta al giorno”.

Il cappellano ha un ruolo di intermediazione tra l’istituzione carceraria e il mondo esterno, anche nella scelta dei ragazzi da impiegare. “Vanno scelti accuratamente tra chi ha un comportamento buono – precisa -. Soprattutto devono essere affidabili, perché dovranno uscire dal carcere e rientrare in autonomia. Prima di tutto vogliamo formarli perché imparino un mestiere ed entrino nel mondo del lavoro, con un vero e proprio contratto lavorativo”.

“L’idea è di valorizzare i talenti e i doni dei ragazzi

– prosegue il cappellano -. È vero che hanno fatto tanto male, però hanno dentro anche tanto bene che può essere espresso. Il carcere ti cambia in meglio o in peggio. Dipende dalle persone che trovi: alcuni ti possono aiutare a diventare una luce, altri no. Quando arrivano sono come navi alla deriva che si scontrano contro una scogliera, abbandonati a sé stessi. Tanti pezzi che bisogna riassemblare. La prima opera risanatrice è quindi far sentire ogni ragazzo degno di stima”.

Il pastificio Futuro (foto: cappellania Casal del Marmo)

Attualmente a Casal del Marmo sono in una situazione di sovraffollamento, con 55 ragazzi e ragazze su una quarantina di posti disponibili. “Non si riesce a garantire la divisione tra giovani e giovani adulti (fino ai 25 anni) perché ci sono tanti ingressi – racconta il cappellano -. A volte, compiuti i 25 anni, passano nelle carceri per adulti. In altri casi i magistrati decidono di mandarli in altre strutture per evitare il passaggio nelle strutture per adulti, dove si rischia di annullare tutto il lavoro di recupero fatto”.

Il pastificio Futuro (foto: cappellania Casal del Marmo)

In Italia sono 470 i giovani detenuti in 17 istituti penitenziari per minorenni. In totale stanno scontando la pena in comunità e altre strutture quasi 16.000 ragazzi. La metà è straniera. Nel 60% dei casi si tratta di reati contro il patrimonio, a seguire spaccio e reati contro la persona. “Durante la pandemia c’è stato un calo di reati, ora stiamo subendo le conseguenze del Covid – osserva don Ceccolini -. C’è un incremento della violenza, del bullismo e tanta rabbia. I reati vengono commessi con superficialità, senza dare valore alla vita umana. Il carcere può andare bene per aiutare i ragazzi a riflettere, però bisogna riempire questo tempo fermo di significati, altrimenti si rischia che escano più incattiviti di come sono entrati. Il carcere purtroppo è anche una scuola del crimine, dove si impara ancora meglio a delinquere”.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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