«La storia degli uomini si riflette nella storia delle cloache» Victor Hugo/ I tunnel nella striscia di Gaza
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«La storia degli uomini
si riflette
nella storia delle cloache»
Victor Hugo
Tunnel
«L’aviazione viene impiegata perché non tutti gli obiettivi sono raggiungibili con operazioni mirate, e perché in questo momento solo l’aviazione può portare a termine il principale scopo dell’Idf: colpire l’ampio reticolo di cunicoli sottoterra. Io ne ho visto almeno uno, l’ho visitato. La visita è avvenuta due volte, nel 2019 e nel 2021, su invito di Israele: era un cunicolo scavato sotto un kibbutz in maniera da poter emergere al centro di questa comunità. Lo scavo era stato fermato prima. Era una cosa molto grezza, molto improvvisata, non questi tunnel di due metri per due, che Hamas mostra nelle foto oggi. Di questo reticolo di un mondo sotterraneo e nemico Israele ha una mappa dettagliata, ottenuta con una tecnica semplice ma efficace: l’esercito impiega sensibilissime tecnologie per il controllo dei terremoti – le macchine, per esempio, captano le vibrazioni degli scavi. Ma per distruggere questi rifugi, cosa che è in corso in queste ore, servono munizioni molto sofisticate. Il bombardamento di superficie non è efficace per questo tipo di missioni. Le bombe devono entrare in profondità ed esplodere quando sono sottoterra. Ce ne sono di due tipi: Il primo è un ordigno tutto sommato semplice, a esplosione ritardata, che entra a una certa profondità ed esplode sottoterra. Il secondo è una bomba guidata dall’aereo tramite un meccanismo che le dà più movimento rispetto alla semplice gravità, e le permette di arrivare con precisione sull’obiettivo». Quanta precisione? «Un metro di errore massimo”» [il generale Vincenzo Camporini a Lucia Annunziata, Stampa]
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«Visitando la regione dei tunnel è possibile comprendere come mai sia ancora possibile trovare praticamente qualsiasi prodotto nella Striscia. “Importiamo di tutto. Anche le mogli yemenite, saudite, egiziane o di qualsiasi altro Paese che siano prive di visto e intendano raggiungere i loro mariti a Gaza. Il costo per un passaggio è 500 dollari”, confida Hammad Saraia, un 22enne che dice di lavorare qui da 7 anni e avere acquistato il suo tunnel per 100.000 dollari. “Le donne importate non sono tante. Noi ne abbiamo fatte arrivare quattro in maggio”, aggiunge. La novità però sono le auto. Gli uomini di Hamas, in pieno coordinamento con la polizia egiziana, le controlla da vicino. Sono un bene lucroso. Ma anche ad alto rischio. Un mese e mezzo fa al Cairo hanno deciso di sequestrarne 41, che erano già pronte a passare il quasi chilometro e mezzo di galleria da una parte all’altra del confine. A perderci sono stati i proprietari, che avevano già sborsato almeno 20.000 dollari a testa» [Lorenzo Cremonesi, CdS, 8/6/2010].
Tunnel
di Guido Olimpio
Corriere della sera
«Come difenderci con tunnel o senza tunnel e dove averli è una nostra scelta», rispondeva così nel 2021 Bassem Naim, dirigente di Hamas protagonista della recente missione a Mosca. Era la replica ai sospetti di gallerie tra i palazzi di Gaza. Ora Gerusalemme ha rilanciato: hanno nascosto il comando sotto l’ospedale al Shifa. Uno snodo con spazi protetti, comunicazioni, ambienti sicuri dove accogliere alcuni degli ufficiali, compresi quelli che coordinano il lancio di razzi. Sopra di loro civili a fare da scudi umani. Il bunker sarebbe collegato alla capillare rete di cunicoli nella Striscia. Accusa respinta dal movimento: è un pretesto per continuare il massacro.
La battaglia di versioni riporta al nemico numero uno di qualsiasi invasione della Striscia, le gallerie delle Brigate al Qassam lunghe dozzine di chilometri. «Una ragnatela all’interno della quale cammini senza sosta», ha raccontato la donna liberata qualche giorno fa dopo aver vissuto da prigioniera nelle mani dei mujaheddin. I rapporti diffusi dallo Stato Maggiore parlano di una «città sotterranea», un’evoluzione di un progetto iniziato negli anni ’90 per introdurre viveri e altro dall’Egitto, sempre poco incisivo nei controlli. A favorire il grande balzo la composizione del terreno, operai abili a scavarne uno in 3-6 mesi e famiglie che hanno inventato una loro industria. Dopo il ritiro di Israele, i palestinesi hanno abbinato l’impiego militare ai traffici e progressivamente sono nati cunicoli attraverso i quali importare materiale bellico e far passare uomini. Lo stesso Mohammed Deif, il capo delle Brigate, sarebbe rientrato a Gaza nel 2007 così. Quindi il terzo passo: i tunnel per infiltrarsi in Israele e prendere ostaggi, operazione riuscita. Infine, il quarto passo: la nascita di un vero sistema. Tunnel in cemento, postazioni connesse a depositi, «nidi» di armi anti-tank.
Come in Vietnam
Per scoprire i cuniculi sono d’aiuto sensori e droni Ma per la bonifica servono i soldati «topi»
La profondità è variabile. Secondo il geologo Joel Roskin nelle aree di confine oscilla tra i 4 e i 12 metri, al di sotto potrebbero prodursi crolli. Maggiore lo scavo in prossimità di edifici che proteggono l’accesso, permettono di allacciarsi a luce ed acqua, celano eventuali lavori. I generatori assicurano una fonte alternativa, specie in fasi critiche. Nel tempo i tunnel sono diventati opere complesse con ingressi in verticale oppure a scalare, percorsi elaborati, apparati di comunicazione, dormitori. Un termitaio della guerriglia dove resistere. Arduo scoprirli. I sensori sono d’aiuto, però captano entro un raggio limitato e sono impiegabili solo in alcune condizioni. Preziosa la ricognizione dal cielo, con passaggi continui per scorgere mutamenti sul terreno al fine di disegnare una mappa. Ma se sono sotto delle case è inutile. I guerriglieri ne hanno persi molti, però se sono partiti da una trentina e adesso ne possiedono un numero indefinito vuol dire che sono riusciti nella missione.
Israele si è ritrovato a inseguire. Ha addestrato due reparti – Samor e Yahalon -, ha ottenuto qualche risultato, ha bombardato i cunicoli quando ha avuto l’indicazione dell’intelligence, ha immesso una «lama» nel sottosuolo lungo il reticolato, ha investito milioni, ha consultato gli Usa alle prese con i tunnel dei narcos, ma non ha trovato la risposta definitiva ad una tecnica antica. La bonifica completa può costringere a infilarsi nelle gallerie. Cani con telecamere, droni e qualche tipo d’esplosivo speciale aiutano, però alla fine tocca ai soldati fare i «topi» imitando gli americani al tempo del Vietnam nei tunnel di Cu-Chi.
Guido Olimpio
Medio Evo
di Roberto Bongiorni
Il Sole 24 Ore
Potrebbe trovarsi ovunque. In un garage, nel bagno di una delle tante abitazioni in macerie, coperta dalle foglie di un giardino privato. La bocca del tunnel è quasi sempre discreta. A volte è solo un tombino di cemento che affiora dal terreno, o per quelli più grandi una piccola porta nascosta tra la sabbia. Una volta aperta, uno stretto tubo di cemento porta giù, in fondo, fino a raggiungere il cuore della Gaza del sottosuolo. Qui ormai da molti anni il movimento islamico Hamas ha realizzato il suo network di gallerie.
«È in questi tunnel, con ogni probabilità, che sono stati nascosti gran parte dei 130 israeliani rapiti sabato dai terroristi di Hamas e della Jihad e riportati nella Striscia di Gaza» ci spiega Daphné Richemond-Barak, esperta di sicurezza internazionale presso la Reichman University, specializzata in guerre sotterranee. «È plausibile che li abbiano separati in modo di rendere il loro rintracciamento ancora più difficile».
Hamas lo fece già 17 anni fa, il 25 giugno del 2006, quando un suo commando sbucò da un tunnel, tese un’imboscata ad una postazione israeliana nella località di Kerem Shalom, uccise due soldati e rapì il caporale Gilad Shalit. Lo riportarono nella Striscia di Gaza, attraverso quel tunnel di tre chilometri che portava alla città palestinese di Rafah. Nonostante i martellanti bombardamenti israeliani e le operazioni per salvarlo, Gilad trascorse nel sottosuolo di Gaza cinque lunghi anni. Vide la luce quando venne liberato con uno scambio: la sua vita in cambio di 1.027 prigionieri palestinesi detenuti in Israele.
Quelli erano i primi, rudimentali tunnel. La “Gaza di sotto” col tempo si è evoluta, la sua ragnatela si è espansa. Sotto il terreno sabbioso, oggi ci sono tunnel di ogni genere. Quelli per il contrabbando con l’Egitto, alcuni deputati a “importare” grandi pezzi di munizioni, anche di mezzi blindati, che poi vengono assemblati a Gaza. Tunnel dotati di piccoli montacarichi, e tunnel più stretti per le operazioni delle milizie.
«È una rete che collega ormai ogni angolo di Gaza e serve a molti scopi; come depositi di armi, come centri di controllo per dirigere le operazioni in superficie, per spostare combattenti e mezzi. In molti casi sono costruiti sotto aree densamente popolate, anche sotto gli ospedali. I più profondi superano i 50 metri» continua Daphné Richemond-Barak.
Se gli estremisti islamici sono riusciti a colpire diverse postazioni israeliane, a scomparire per poi riemergere nei giorni seguenti, si sospetta che ciò lo si debba in parte anche ai tunnel. «Hamas ha addestrato unità speciali a vivere sottoterra in questo formicaio per molto tempo. Hanno tutto ciò di cui hanno bisogno, anche per mesi», precisa l’analista.
I tunnel. Sempre i tunnel. Sono l’arma in più. Ecco perché il regime di Hamas dedica una cospicua parte del suo budget alla loro costruzione, perché utilizza parte del cemento destinato alle abitazioni civili.
Hamas ha ormai il monopolio di questa ragnatela. Sono lontani i tempi del boom sotterraneo. Quando, tra il 2008 ed il 2010, come nella corsa all’Oro del Klondike, la cittadina frontaliera di Rafah, al confine con l’Egitto, si era sollevata dalla miseria trasformandosi in un grande cantiere che nascondeva oltre mille tunnel. Sbucavano tutti di là dal muro, nella Rafah egiziana. Era la reazione per sopravvivere all’embargo imposto da Israele nel 2007, quando Hamas divenne padrona della Striscia. Alcuni erano rudimentali. Dentro si doveva procedere con la schiena bassa, facendo attenzione ai piccoli carrelli che portavano merci di ogni genere. Dalle bocche delle gallerie sbucava di tutto: parti di auto, farmaci, cibo, cemento, scatoloni di Viagra. Perfino il bestiame. Sotto i nostri occhi la terra partoriva pecore, mucche, cammelli. Diversi arrivavano in superficie morti, asfissiati. Il 90% dell’economia di Gaza dipendeva dai tunnel. Hamas tassò quelli privati, e ne costruì di suoi. L’Egitto perse la pazienza e insieme ad Israele si accordò per distruggerli. Li riempì di gas, li allagò. Uccise le giovani talpe che scavavano. Nel mentre Hamas aveva imparato a costruirne di più profondi e sofisticati.
Più gli israeliani miglioravano le tecnologie ed i sensori per rintracciarli, e cominciavano a distruggerli con bombe che penetravano più in profondità, più Hamas imparava scavare in profondità. Furono diverse le operazioni per distruggere il “metrò di Hamas” che provocava tra i soldati «perdite non necessarie». L’ ultima, di una certa rilevanza, avvenne ne 2021. La notte del 14 maggio 160 caccia israeliani lanciarono 450 potenti missili su 150 obiettivi. Vennero distrutti diversi edifici. Poche ore dopo il portavoce dell’esercito israeliano Avichai Adraee annunciava che l’esercito aveva inferto un duro colpo alla rete di tunnel nell’operazione denominata per l’appunto “Hamas Metro”.
«Nel 2021 è stato inferto un duro colpo, ma sicuramente Hamas è riuscita a ricostruire la sua rete. E ogni volta realizza tunnel sempre più profondi, protetti e sofisticati», continua l’esperta israeliana, che aggiunge: «Il mio sospetto è che finora sia stata distrutta solo una piccola parte di questo network di gallerie. Per distruggerlo sarebbe necessaria un’operazione combinata, dal cielo e dalla terra. Mai il prezzo da pagare potrebbe essere altissimo, In tutti i sensi».
Hamas lo sa e continua a scavare. Michael Oren, ex ambasciatore israeliano negli Usa, aveva ben descritto il vantaggio della Gaza di Sotto. «I razzi sono una minaccia del XX secolo a cui noi contrapponiamo una soluzione del XXI secolo. Ma i tunnel sono una minaccia del Medio Evo contro cui Israele non ha soluzione».
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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