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NON E’ QUESTIONE SE A MILANO LA MAFIA C’E’ O NON C’E’ MA E’ FAIDA TRA MAGISTRATI

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IL “CONSORZIO”

Milano, il pm contro il Gip: “Mafia, passo indietro di 30 anni”

L’APPELLO DELLA PROCURA – Sull’ordinanza che smonta l’inchiesta Hydra, gli inquirenti: “Stupiti” che si ignori “l’evidenza dimostrata giudizialmente” in casi simili

DI DAVIDE MILOSA 

27 OTTOBRE 2023

Al Palazzo di giustizia di Milano prosegue la guerra tra la Procura e l’ufficio del Gip sull’inchiesta Hydra che ipotizza l’esistenza di un sistema mafioso lombardo definito “Consorzio” dagli indagati ritenuti rappresentanti di cosa nostra, ’ndrangheta e camorra. E questo dopo che mercoledì il gip Tommaso Perna ha bocciato l’ipotesi dell’accusa negando l’associazione mafiosa e confermando 11 arresti su 153 richiesti e dopo che è emerso, come scritto ieri dal Fatto, il copia e incolla del giudice da un sito di un legale napoletano nella parte in cui in diritto spiega i criteri di applicazione dell’articolo 416 bis. Particolare di cui ieri in un comunicato il presidente del Tribunale Fabio Roia non ha fatto cenno, limitandosi a difendere in modo chiaro l’operato di Perna: “Il controllo del gip, lungi dal dover essere classificato come patologia, evidenzia il fondamentale principio dell’autonomia della valutazione giurisdizionale”.

Pace fatta dunque? Per nulla visto che nelle mille pagine con cui la Procura ha fatto appello al Tribunale del Riesame, si smonta pezzo per pezzo la ricostruzione del gip. Con frasi che non lasciano intravedere una tregua. La Procura, rispetto alla posizione del gip che lega la dimostrazione dell’associazione quasi esclusivamente alla esternazione violenta sul territorio, scrive: “Desta stupore che non sia stata considerata l’evoluzione mafiosa così per come dimostrata giudizialmente in numerosi contesti investigativi, primo fra tutti l’inchiesta Infinito. Ignorare tale processo evolutivo e relegare la manifestazione mafiosa di permeazione del tessuto economico alla presenza o meno di attività violente, vale una retrocessione trentennale nell’evoluzione giudiziaria ed investigativa”. Del resto secondo la Procura “la ricostruzione” del gip appare “caratterizzata dalla evidente frammentazione e banalizzazione degli elementi investigativi, oltre che da una mancata visione complessiva degli stessi, unica strada per la comprensione del complesso fenomeno mafioso”.

Dopodiché sui dubbi del giudice rispetto alla attualità dell’affiliazione degli stessi rappresentanti delle tre mafie sul territorio lombardo, la Procura annota: “Il fatto che gli indagati siano gli stessi affiliati le cui responsabilità sono state accertate dai richiamati processi, la dice lunga su quanto il vincolo mafioso che li lega alle compagini d’origine sia stabile, saldo e duraturo”. Per confutare l’ipotesi dell’accusa, il giudice, poi si appella a una presunta assenza di allarme sociale rispetto al Consorzio. Secondo la Procura, però, “ragionando come ha fatto il gip, nell’ambito del processo Infinito sarebbe dovuta emergere la consapevolezza della cittadinanza della esistenza della struttura di ’ndrangheta denominata Lombardia, quando, ovviamente, è stata ritenuta sufficiente la consapevolezza generica della mafiosità dei singoli appartenenti”.

Non solo, secondo il gip, l’assenza o la distanza nel tempo di condanne per mafia indica “l’allontanamento dalla associazione”. In questo modo, secondo la Procura diretta da Marcello Viola, il giudice “sorprendentemente non considera decenni di pronunce giurisprudenziali da cui emerge che (…) dalle associazioni mafiose si esce esclusivamente con la morte o con la collaborazione”. Insomma nella sua visione, secondo l’accusa, il giudice “incredibilmente” scrive che “non può tenersi conto” dei contatti degli indagati con “personaggi politici”, eliminando l’importanza del “capitale sociale”. Argomentazione “a dir poco originale”, secondo il pm Cerreti, è poi quella per cui il gip mette in dubbio come il boss Vincenzo Rispoli oggi al 41-bis possa “proseguire la sua attività di affiliazione”. “Argomentazione – scrive il pm – destituita di qualsiasi fondamento”. Dal che “la valutazione non è aderente alla realtà delle associazioni mafiose”. Del resto “non si può far a meno di evidenziare che il gip, qualunque siano i precedenti di un indagato, quindi che sia stato o non sia stato già condannato per mafia, utilizzi questa circostanza per smontare le tesi accusatorie”. Per il gip inoltre si è mafiosi da giovani oppure non lo si può più essere come il caso di Bernardo Pace, classe ’64, che mai condannato in passato oggi non può essere considerato mafioso. La Procura ha chiesto al Riesame l’arresto per 79 indagati.

 

 

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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