Carcere, rifiuti e miasmi l’antropizzazione è servita di Pierdonato Zito (dalla finestra del carcere di Santa Maria Capua Vetere)
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Carcere, rifiuti e miasmi l’antropizzazione è servita. Lunedì 23 Ottobre 2023
LA TESTIMONIANZA
Rientrando ogni sera in carcere, percorro la statale 7 bis. Ad un certo punto incontro una deviazione: la strada di fronte conduce in direzione Sant’Andrea dei Lagni, a sinistra per il carcere di Santa Maria Capua Vetere. Infatti, a qualche decina di metri più avanti sul lato sinistro, appare il carcere con il suo ampio parcheggio illuminato.
Ai margini della strada si vedono molte giovani donne, che vendono il loro corpo. Nel frattempo, su biciclette sgangherate, e prive di illuminazione, lavoratori agricoli extracomunitari che transitano a tutte le ore. Svolgono con poche decine di euro quei lavori che gli autoctoni non vogliono più svolgere.
Nel piazzale antistante il carcere detenuti semiliberi che sostano in attesa di rientrare, occupati per un’ultima telefonata. A volte mi capita di vedere detenuti scarcerati di sera. Poiché l’istituto penitenziario di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, non è coperto da alcun servizio di trasporto pubblico adeguato, ognuno, appena uscito dal carcere, tenta con mezzi di fortuna di arrangiarsi come può.
Appena scendo dall’auto ad accogliermi c’è un’aria irrespirabile, fortissimi nauseanti miasmi, esalazioni nocivi che provengono dal vicino impianto di rifiuti urbani. Sono questi, tutti elementi che fotografano il degrado sociale che ancora una volta nel mio peregrinare per le carceri italiani sto vivendo.
Osservo: a sinistra l’impianto di rifiuti sociali, il carcere con i suoi detenuti rimossi dalla vista della collettività. A destra, di fronte al carcere, l’impianto di rifiuti urbani. Questi sono tutti i tasselli che costituiscono il quadro sociale degradante, nel quale sono inserito e con il quale si deve necessariamente fare i conti.
I sociologi urbani definiscono un fenomeno di questo tipo antropizzazzione, ovvero l’insieme di interventi di trasformazione e alterazione che l’uomo compie sul territorio, allo scopo di adattarlo ai propri interessi e alle proprie esigenze.
Il primo interrogativo che mi sono posto è stato: chi ha progettato tutto questo? Come sia stato possibile costruire queste strutture una vicina all’altra
Il carcere è un pezzo di città, con una popolazione di esseri umani privati di libertà, che si aggira intorno al migliaio, a questi vanno aggiunti il personale della polizia penitenziaria e operatori vari. Tutti insieme sono costretti a respirare questa maleodorante aria cancerogena.
Rischio di fronte a queste problematiche, di immergermi in profondità abissali nelle quali è impossibile scrutare qualcosa. Cerco quindi di tenere a bada il mio pessimismo e di razionalizzare. Nel mio vano tentativo di compiere una alquanto corretta riflessione sociologica personale, mi appresto a passare in cella un’altra notte, a respirare diossina.
Pierdonato Zito
(dalla finestra del carcere di Santa Maria Capua Vetere)
P.S.: Sono stato anche io, nel 1999, ospite ( per sfizio del Governo) di quella schifezza chiamato carcere. Avevo dalla mia cella una finestra che affacciava sulla discarica di fronte. Mi venne di scrivere una lettera al direttore ( era d’estate e i miasmi toglievano il respiro). Naturalmente non ebbi risposta.
Mi venne di pensare che era giusto che fosse così, che noi carcerati sentissimo la puzza, perchè i detenuti – in questa società di magnaccioni – sono considerati un rifiuto della società.
Ha poca importanza, poi, se sono stato assolto e risarcito per ingiusta detenzione.
Caro Pierdonato hai tutta la mia solidarietà.
Ferdinando Terlizzi, direttore di Cronache
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(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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