Libano. Fady Noun (Beirut): “Sono ore drammatiche, il punto chiave sarà l’attacco via terra su Gaza”
“Sì, sono ore drammatiche. Ore di incertezza. Il punto chiave oggi è l’attacco su Gaza. Se Israele dà inizio alle operazioni di terra, ci saranno ripercussioni sull’intera regione”. Fady Noun, giornalista indipendente di Beirut, descrive così al Sir quanto il Paese sta vivendo in queste ore con il fiato in sospeso quanto sta accadendo nel vicino Israele e Gaza. “I libanesi non vogliono assolutamente entrare in guerra”, ripete il giornalista. “Stiamo già vivendo una crisi economica molto seria”. Le cifre sono drammatiche: negli ultimi 4 anni, il Libano ha registrato una contrazione del Pil pari al 40%, un debito pubblico che ha raggiunto il picco del 280% e una moneta nazionale svalutata del 98%. “Con il rincaro dei prezzi, aumentano i libanesi che vivono al di sotto della soglia di povertà”, racconta Noun. All’economia in caduta libera si aggiunge un’endemica crisi politica. “È passato già un anno e siamo ancora senza un Presidente della Repubblica perché non c’è una maggioranza parlamentare sufficiente per eleggerlo. E questa situazione comporta un colpo duro alla democrazia”.
Prima il Canada e il Regno Unito, poi l’Arabia Saudita, quindi gli Stati Uniti e la Germania. La raccomandazione che viene lanciata in queste ore dalle ambasciate ai propri concittadini è unanime: “Lasciare immediatamente il Libano”. “Il fatto che i Paesi chiedano ai loro cittadini di lasciare il Libano aumenta la paura di una deflagrazione a vasto raggio del conflitto”, osserva Fady Noun. Grande preoccupazione ha generato in Libano anche la notizia che Israele ha ordinato l’evacuazione degli abitanti di Kiryat Shmona, una città settentrionale vicina al confine con il Libano. Lo ha comunicato il ministero della Difesa israeliano. Kiryat Shmona conta oltre 20.000 abitanti e si trova a circa due chilometri di distanza dal confine. Segno di una tensione sempre più alta. Insomma, a preoccupare – spiega Noun – sono i 315 km di confine che separano Israele dal Libano. Un territorio nevralgico, anche perché è lì che sono dispiegate le forze di Hezbollah, entità del tutto indipendente dalla volontà del governo libanese che agisce in modo autonomo prendendo ordini da Teheran. Dal 7 ottobre, le operazioni militari in Libano si sono limitate a scambi di artiglieria in aree quasi interamente evacuate dalla popolazione civile e fino ad oggi “l’impegno militare di Hezbollah è stato piuttosto una forza di deterrenza più che di invasione o aggressione”. “Per il momento è così”, ripete il giornalista. “Ma non sappiamo come potrà evolversi la situazione. Tutto dipenderà da un’invasione terrestre su Gaza. Se ciò dovesse accadere, il fronte prenderà completamente fuoco. Tutti i libanesi sperano che ciò non accada”.
Le Chiese cristiane in Libano sono tutte unite alle Chiese cristiane del Medio Oriente ed esprimono in maniera unanime “una posizione per la pace contro la guerra chiedendo una soluzione negoziata al conflitto”. E’ risuonato anche qui l’appello del card. Pizzaballa e il Libano ha aderito alle Giornata nazionale di preghiera e digiuno del 17 ottobre. Ma nello stesso tempo sono rimbalzate anche qui le notizie prima dell’attacco all’ospedale anglicano di Gaza e questa notte alla chiesa greco-ortodossa. Tutte queste situazioni – ci spiega il giornalista libanese – sono collegate tra loro. Significa che ciò che accade a Gaza ha un’influenza e un impatto immediato anche sul Libano. “La questione chiave – insieme Noun – è l’invasione di terra su Gaza. Ogni giorno viene annunciata e se dovesse succedere ne risentirebbe tutto, tutto, tutto il Medio Oriente. Il Medio Oriente è in un univo destino, soprattutto i paesi che confinano con Israele, dal Libano alla Giordania, all’Egitto”.
(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)