Parrocchia di Sant’Antonio di Padova del quartiere di Carbonara a Bari. Viaggio in Albania con i giovani per essere Chiesa in uscita
Un viaggio per uscire da se stessi, conoscere quante sofferenze ci sono nel mondo, aprire il cuore agli altri, attraverso una solidarietà concreta verso chi vive il disagio. È stato questo, in sintesi, il senso del viaggio promosso dalla parrocchia barese di Sant’Antonio di Padova del quartiere “Carbonara”, in una delle periferie più complesse della città e della diocesi di Bari-Bitonto. La meta, ci spiega il parroco, don Alfonso Giorgio, che è anche l’assistente ecclesiastico nazionale del Mac-Movimento apostolico ciechi, è stata l’Albania, nelle realtà più abbandonate ed emarginate, in particolare a Valona. “Ci siamo inseriti”, precisa il sacerdote, nel progetto del “Gruppo Quetzal” onlus, un’associazione apolitica, di ispirazione cristiana e cattolica, che si occupa di volontariato e cooperazione in Italia, America Latina e Albania.
“È stata una grande gioia andare in Albania e vivere questa esperienza di slancio missionario, nello stile della Chiesa in uscita che non rimane chiusa nel proprio territorio ma va oltre, per raggiungere le periferie e soprattutto le periferie esistenziali”, dichiara il parroco, che ha voluto portare con sé, in questo viaggio, 7 giovani – due minorenni, un ragazzo di 16 anni, una ragazza di 17 e il resto ventenni – e con loro ha raggiunto l’Albania anche la presidente del Gruppo Quetzal, Elsa Di Noia. “I giovani prevalentemente sono studenti, alcuni dei quali lavorano pure – racconta don Giorgio -, li ho invitati proprio perché prendessero in qualche modo atto di quella che è la realtà fuori dal loro mondo e, dal vivo, conoscessero queste situazioni, uscendo un po’ dal loro campo ristretto che molto spesso è relativo al mondo dei social, di internet, dello smartphone e del cerchio dei soliti amici”.
Il Gruppo Quetzal, con cui si è organizzato il viaggio, “fa capo anche alla parrocchia di Sant’Antonio di Padova – chiarisce don Alfonso – e già da molti anni aiuta bambini dell’orfanotrofio a Valona e il centro con i ragazzi con disabilità, realtà statali che risalgono a molto tempo fa e che comunque vengono sostenute da diverse realtà e associazioni. Non manca l’impegno dello Stato ma, essendo poche le risorse, risulta insufficiente, non riuscendo a offrire un servizio esaustivo. Per questo, volentieri è accettato l’intervento di volontari dell’associazione che da tempo è impegnata in un progetto di sostegno attraverso attività ludiche e di cura sanitaria e sociale per gli orfani e anche per i ragazzi con disabilità”. Attualmente l’orfanotrofio è ridotto nei numeri in quanto “c’è un cambio di prospettiva e il governo vuole trasformare l’istituto in una casa famiglia. Molti bambini sono stati dati in adozione. Durante la nostra visita i bambini presenti erano pochissimi. L’aiuto, quindi, ora non si limita più ai pochi ospiti dell’orfanotrofio, ma anche ai bambini di famiglie povere del territorio. I nostri ragazzi sono rimasti molto colpiti e toccati dall’affetto dei bambini dell’orfanatrofio e anche l’esperienza al centro dei ragazzi e delle ragazze con disabilità è stata molto arricchente. I ragazzi ci hanno accolto con gioia. I giovani della parrocchia hanno corrisposto con molto amore alla richiesta di affetto e contatto di quei ragazzi”.
Anche le Suore Francescane Alcantarine del centro San Francesco, nel villaggio Babice, alla periferia di Valona, collaborano con l’orfanotrofio e il centro disabili, oltre ad accogliere, ogni giorno, nel loro centro un centinaio di bambini di ogni estrazione ed età, per formarli al dialogo, all’incontro con l’altro, sostenendo anche le loro famiglie, soprattutto le meno abbienti. “Ho apprezzato molto – dichiara il sacerdote – che le Suore cerchino di integrare i ragazzi e le ragazze con disabilità con i bambini del Centro, prelevandoli dall’Istituto ogni giorno. Ed è proprio in questo ambito che si potrebbero inserire i nostri volontari, in futuro”. Nel viaggio c’è stata una puntata anche a Flak, una località vicino Durazzo, per incontrare i ragazzi e le ragazze di un centro informatico gestito dalle Suore del Cenacolo e che è sostenuto anche dal Gruppo Quetzal onlus.
A Scutari c’è stata la visita all’arcivescovo, mons. Angelo Massafra. Tra i momenti forti del viaggio in Albania, c’è stato anche l’incontro a Scutari con fra Vincenzo Focà, vice postulatore della causa di beatificazione dei martiri albanesi, e la visita alle celle in cui furono rinchiusi, al tempo del comunismo. “È stato un momento toccante quando ho chiesto ai ragazzi di stare da soli per tre minuti nelle celle, dove erano stati rinchiusi i martiri, per immedesimarsi in quello che hanno vissuto, pensando a quanta fede hanno avuto per sopportare tante torture, persino crocifissioni, mentre la nostra fede tante volte è mediocre o addirittura superficiale. L’invito è stato guardare ai martiri per capire come vivere la fede, con audacia. Li ho sentiti anche singhiozzare mentre erano nelle celle”. C’è stata anche “una visita alle stimmatine dove sono conservati i resti mortali di una giovane e bella novizia, la beata Maria Tuci, che dopo essere stata arrestata si è rifiutata di concedersi ai capi del regime e per questo ancora più torturata”.
Un’altra tappa è stata al santuario dedicato a Sant’Antonio di Padova (Kisha e Shen Ndout), che “ha contribuito a fare la storia del cristianesimo in Albania”. Si trova su di una altura, di circa 500 metri, alle spalle del territorio di Laç, piccola cittadina a sud di Lezhë. “La piccola chiesa, con tutto lo spazio circostante, è diventata uno centro di culto frequentato non solo dai cristiani. Abbiamo visto in preghiera musulmani, come pure cristiani ortodossi e nell’uscire dal santuario indietreggiare in modo da non dare mai le spalle al Santo. È noto che in Albania, indipendentemente dal proprio credo religioso, chi emette un giuramento, giura quasi sempre su sant’Antonio di Laç”.
Don Alfonso offre un bilancio: “Il viaggio, con il suo doppio valore sociale e spirituale, di recupero della fede e di slancio missionario, è andato bene. Già alcuni ragazzi hanno deciso di voler tornare come volontari dopo aver fatto esami nel loro percorso di studi e per la prossima estate hanno già chiesto informazioni, vogliono stare lì con i bambini per un mese. Sono stati entusiasti di questa esperienza, che è servita a far crescere in loro il desiderio di servire e donare il proprio tempo ai più poveri sulle orme di don Tonino Bello, nostro riferimento spirituale, per porci al passo degli ultimi”. Ora, l’auspicio, “tocca anche ai ragazzi che sono stati in Albania coinvolgere loro coetanei e tutta la comunità in un concreto processo sinodale di ascolto e aiuto verso i più svantaggiati”. La solidarietà, infatti, si può vivere anche in parrocchia dove “abbiamo una mensa dei poveri da 12 anni, un centro di ascolto e un centro di orientamento sanitario”.
(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)