Io sto con Israele* di Vincenzo D’Anna*
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Io sto con Israele* di Vincenzo D’Anna*
Un efferato, proditorio, attacco da parte dei guerriglieri di Hamas, la fazione terroristica che opera in Palestina, ha colpito lo Stato di Israele. Migliaia di razzi sono stati esplosi dalla striscia di Gaza e si sono abbattuti sulle abitazioni civili provocando decine e decine di morti. Nel frattempo gruppi armati, penetrati con un blitz nel Paese della stella di David, hanno sequestrato oltre un centinaio di persone per poterle usare come ostaggi così da mitigare la reazione armata di Tel Aviv. La data del 7 ottobre non è stata scelta a caso. Ricorda quella che nel 1973 segnò l’inizio della guerra che alcuni tra gli Stati Arabi scatenarono contro gli Ebrei nel giorno dello Yom Kippur, ossia la ricorrenza dedicata al perdono dei peccati ed alla riconciliazione. Insomma: un raid in un momento in cui tutta la comunità israelitica era dedita alla celebrazione di un precetto religioso e quindi poteva essere colta di sorpresa. Cosa che effettivamente avvenne quando gli eserciti di Egitto e Siria, armati ed equipaggiati dall’Unione Sovietica, si mossero occupando le alture del Golan e parte dei Sinai. La controffensiva dell’esercito ebraico, guidato da Moshe Dayan, fu rapida e, in poco più di una settimana, grazie anche agli aiuti ed agli armamenti che gli USA di Richard Nixon seppero far giungere con un ponte aereo, riuscì a sovvertire le sorti del conflitto. Oggi la storia si è ripetuta, nonostante, nel frattempo, siano stati creati due Stati sostanzialmente indipendenti. Questi ultimi frutto delle successive intese diplomatiche, la pace tra Egitto ed Israele e lo scioglimento dei gruppi terroristici che avevano insanguinato tutta l’Europa a sostegno della causa palestinese. Nel 1993 uomini di grande spessore e visione politica come Yasser Arafat (per i palestinesi) e Yitzhak Rabin (per Israele) siglarono l’intesa per addivenire al convenuto che entrambi quei popoli avevano diritto alla loro sopravvivenza. Prima di quel giorno, nel 1978, a Camp David (USA), il presidente egiziano Anwar al-Sadat e il primo Ministro israeliano Menachem Begin avevano posto fine ad un ventennio di scontri, rappresaglie e terrorismo: una stagione violenta ed insanguinata sia in Medio Oriente che in tutto il mondo occidentale, preda di attentati da parte dei gruppi para militari palestinesi. Ma stando a quel che accade in queste ore, quel contrasto sembra essersi tragicamente rinnovato secondo il convincimento che i guai e le miserie dei Palestinesi fossero causati dagli Israeliani e che questi, pertanto, dovessero essere cancellati dalla faccia della Terra. Certo il progresso, il benessere, le diversità socio economiche tra i due Stati sono stringenti ed evidenti ma questo ha origini nella natura, nella grande capacità organizzativa e politica, nei risultati raggiunti in termine di emancipazione da Tel Aviv. Ad esacerbare le due parti intervengono anche la religione che nel caso dei Palestinesi, essendo musulmana, lascia attecchire le tesi violente ed intransigenti della Jihād, la guerra santa contro gli infedeli. Ci sono poi le influenze di altre nazioni come l’Iran, governato dal regime teocratico degli Ayatollah che quelle tesi religiose sublimano come scopo e missione primaria contro Israele, facendo leva proprio sul disagio economico, sull’ignoranza e sul fideismo presenti nei campi palestinesi, dove la mano dei terroristi di Hamas si arma più facilmente. Giochi di più elevato valore geopolitico e strategico intervengono per riattizzare il fuoco degli interessi in quella martoriata regione, nonché combattere la diffusione della modernità, ossia la libertà, i costumi e gli stili di vita occidentali, che aprono larghe brecce nel muro dell’intransigenza, dell’ortodossia e della vita dei musulmani. Qualunque sia il ruolo del terrorismo e dell’odio contro lo Stato ebraico, questo si rinnova come una piaga biblica per un popolo che nei secoli ha subìto ogni specie di angherie, maltrattamenti, pogrom e persecuzioni in ragione di falsi presupposti ed idiosincrasie . Ma non basta tutto questo a spiegare la persistenza dell’odio se non andiamo a scorgere che la perdurante, evidentissima, differenza socio-economica tra le due sponde dipende anche dalla differente ideologia e dal modello di Stato perseguito ed edificato. Dal lato israeliano, infatti, vige un sistema liberal democratico: un libero mercato aperto al mondo intero, una rete di protezione sociale tipica di quegli assetti, una libera impresa che produce lavoro e ricchezza e finanche sperimentazioni comunitarie come quelle dei kibbutz, le comunità sociali degli agricoltori. Dall’altro lato si inneggia alla legge del Corano e si persegue l’edificazione dello Stato marxista e si campa di sussidi ed aiuti internazionali . Sostanzialmente si sommano arretratezze culturali, politiche ed economiche che creano un forte divario tra i due blocchi molta invidia e senso di frustrazione nel
Popolo palestinese oltre che false responsabilità a carico di Israele. Comunque sia innanzi alla violenza non si può che stare con Israele.
*già parlamentare
FONTE:
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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