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LE SETTE PIAGHE DI MONDRAGONE : LA POLITICA PARTE VI

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Forse il Comune di Mondragone fu tra i primi ad incorrere nello scioglimento ‘de iure’ a causa di
infiltrazioni camorristiche , in base al decreto legge 164 del 1991, oggi abrogato , in un momento di
forte scontro tra lo Stato e le sue articolazioni territoriali e le organizzazioni mafiose , il periodo che
va dal 1990 al 1992-93, con l’inchiesta mani pulite che, poi, allargava l’indagine sul malaffare e le
connessioni con la politica , anche alla normale vita sociale ed alle amministrazioni locali ed ai
partiti politici. Sono gli anni degli attentati a Falcone e Borsellino e di quelli dell’anno successivo ai
Geogofili a Firenze e a Roma, con l’uso di bombe, che provocarono a Firenze tre morti ma
avrebbero potuto essere anche di più. In quella temperie lo Stato cercò di escogitare tutte le strategie
atte non solo a reprimere, visto che si trattava di guerra aperta e guerreggiata , con morti e feriti, ma
anche di prevenire e recidere tutti i possibili legami tra le organizzazioni malavitose ed i politici
all’interno delle istituzioni e delle amministrazioni. Nel decreto di scioglimento del Comune di
Mondragone, avvenuto nel settembre del 1991, venivano menzionati il Sindaco Paolo Russo, per
un’affinità con persona pregiudicata, ed i due assessori repubblicani, nominati tali, ‘ob torto collo’,
dal capogruppo PRI e capo partito Mario Stefanelli. I due erano Tonino ‘Scannagrillo’ Verrengia ,
anch’egfli imparentato con persona pregiudicata , e Totonno ‘Muzzone’ Esposito, parente stretto di
un ramo della famiglia Esposito, detta dei ‘muzzoni’ , che era considerata una propaggine del clan
dei casalesi, a Sessa Aurunca in particolare, al pari dei La Torre a Mondragone. Fin qui potremmo
dire che potrebbe anche essersi trattato di un eccesso di zelo e di rigore o addirittura di un ‘processo
alle intenzioni’, in quanto la parentela non deve necessariamente configurare una connivenza con
costoro nell’esercizio dell’attività politico-amministrativa. Però poi bisogna pure considerare cosa
avesse richiamato l’attenzione degli inquirenti sulle vicende politico amministrative di
Mondragone. Eravamo rimasti al ribaltone che nel febbraio del 1988 aveva disarcionato Camillo
Federico, a causa di lotte interne ai gruppi DC, per insediare dopo mesi di interregno e di trattative
anche con gli altri gruppi consiliari, soprattutto socialdemocratici e socialisti, che erano stati
contattati da un commissario politico cittadino della DC, ed avevano assicurato il loro appoggio alla
candidatura di Paolo Russo a Sindaco, in danno di Camillo Federico, ma che, reciprocamente, si
sentivano troppo stretti gli uni agli altri, soprattutto nella lotta per le ‘investiture’ ad assessore. I
repubblicani più volte disertarono il consiglio comunale, in quanto si sentivano quasi estromessi dal
loro ruolo di ago della bilancia esercitato nella giunta tripartita, DC-PRI-PLI con Camillo Federico.
Senza contare che non correva tanto buon sangue tra Mario Stefanelli ed i suoi assessori, dei quali,
potendo, si sarebbe volentieri liberato, a costo di far cadere l’amministrazione. Vista la rottura
oramai non più sanabile tra i filo-Russo ed i ‘camillini’, i fedelissimi di Camillo Federico, a
qualcuno venne l’idea di costringere i consiglieri democristiani, sembrava che fossero 6 quelli
disposti a votare Russo usque ad mortem , ad accettare una vittoria a metà, cioè di liberarsi del fiero
antagonista , Federico, ma di accettare che a guidare la nuova maggioranza fosse un repubblicano o
un socialista, visto che i gruppi di PRI, PLI, PSDI e PSI potevano contare su ben 13 consiglieri
contro i soli 6 Dc che avrebbero votato per Paolo Russo. Ci fu qualche riunione segreta, quasi
‘massonica’, tirava una cattiva aria, ma proprio cattiva. Una avvenne ‘dinsù la vetta della torre
antica’ , ospiti di Mario Stefanelli, perché si voleva che il Professore stesso accettasse di guidare la
nuova giunta, la prima dopo decenni, non a guida DC. Il Professore si disse onorato e pronto al
sacrificio, ma poi qualcosa gli fece cambiare idea. Si tentò di far sì che il Dottor Giovanni Miraglia

accettasse di fare il Sindaco…..ma pure lui fu dissuaso….pare che qualcuno, nottetempo, abbia
sparato contro il portone della sua abitazione a via Caserta.Il candidato e sindaco in pectore, Prof.
Paolo Russo , nei numerosi incontri preliminari ed anche in quelli successivi alla sua elezione in
consiglio comunale , tra gli altri, soleva farsi accompagnare da Don Giacomo Diana, detto
‘Cappellone’, e poi anche, nelle dichiarazioni di Augusto La Torre, il capoclan pentito, fu
denominato ‘Paperone’, per la sua munificenza nei numerosi viaggi di piacere fatti insieme. La casa
del predetto Diana, condannato a molti anni di carcere per associazione mafiosa, detta
‘l’ambasciata’ a via dei fiori vicino piazza Marechiaro, è stata oggi acquisita al patrimonio
comunale di cui ospita alcuni uffici, oltre quelli della publiservizi e del servizio idrico, anche quelli
dell’ufficio tributi. Luogo di dolore per i cittadini onesti. Ma c’è un altro inopinato sviluppo della
sindacatura Russo, succeduta a quella Federico. Ad opera si disse di un consigliere della DC, fu
fatta una denuncia anonima contro Paolo Russo che riguardava un presunto favoreggiamento
personale che aveva consentito ai suoceri del predetto di fruire del contributo comunale per una gita
organizzata dall’ente a favore degli anziani per andare in pellegrinaggio ad Assisi. Il Sindaco fu
avvisato di garanzia, e secondo la legge allora in vigore, siccome il reato contestato, benché
riguardante una cifra di poche decine di migliaia di lire, comportava comunque, in caso di
condanna, una pena detentiva superiore ai 4 anni, per cui il sindaco doveva necessariamente
dimettersi. E così fu costretto a fare . Fu sostituito ‘ope legis’ dall’assessore anziano, vale a dire da
quello che aveva ottenuto più voti , e questi era all’epoca’ , Antonio Nugnes, detto ‘o Barone’. Non
passarono alcuni mesi che il sindaco ‘pro tempore’ non sparisse letteralmente dalla circolazione.
Non se ne trovarono più tracce, né a casa, né nei suoi vasti possedimenti terrieri, né altrove! A cosa
era dovuta la sua sparizione? E chi lo sa Molti anni dopo lo stesso pentito Augusto La Torre
confessò ai magistrati che i resti del possidente ed ex sindaco pro tempore si trovavano in un pozzo
dove era stato scaraventato o dal La Torre stesso o da suoi accoliti, insieme ad altre vittime di
omicidi camorristici. Il DNA dei resti ritrovati in una contrada non lontano dai terreni del Nugnes
confermarono trattarsi di resti del cadavere dell’ex sindaco. Ci fu pure un altro episodio in cui il
Sindaco uscente Camillo Federico fu gambizzato all’uscita della chiesa di San Francesco e c’era
anche l’on Montecuollo, che faceva parte della stessa corrente democristiana di Federico, ma di
colpevoli cui attribuire questo fatto di sangue, benché, fortunatamente, non mortale, non ne furono
trovati. Tutto questo, soprattutto la scomparsa del Sindaco facente funzione Antonio Nugnes non
poteva non suscitare l’allarme e l’interesse investigativo della DDA. La sparizione di Nugnes
avvenne a giugno del 1990, ma fino al settembre del 1991, soprattutto in casa DC, dove regnava il
commissario cittadino Michele Zannini, non si riuscì a trovare l’accordo per eleggere in consiglio
un nuovo sindaco. Paura, insipienza, volontà di ‘non mollare l’osso’ a tutti i costi , ebbero la
meglio sul buon senso, che avrebbe voluto, che , mancando una qualsivoglia ipotesi di accordo, ci si
dimettesse in massa e si arrivasse allo scioglimento ‘motu proprio’ del consiglio comunale…..e
invece ci dovette pensare il Prefetto con grande ignominia per tutta la cittadinanza di Mondragone.
E ci costò diciotto mesi di reggenza della commissione straordinaria che si protrassero fino alla fine
della consigliatura che sarebbe dovuta cadere nel 1992 e poi, in realtà , col decreto del governo sulle
elezioni comunali da tenere nei vari comuni d’Italia , si giunse fino al febbraio del 1993 in cui fu
eletto a suffragio diretto il dott. Luigi Nunziata-continua.

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