Catania: Operazione contro il traffico di esseri umani “Landayà e Landayà bis”
La Polizia di Stato di Catania, su delega della Procura Distrettuale della Repubblica del Capoluogo etneo, ha eseguito, in data 22.9.2023, una ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa in data 21 settembre 2023, dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Catania, a carico di diversi cittadini stranieri (di cittadinanza guineana e ivoriana), alcuni dei quali già ristretti in regime detentivo, responsabili di tratta di esseri umani.Il citato provvedimento è stato eseguito dalla Squadra Mobile della Questura di Catania, con la collaborazione dell’omologo Ufficio di Genova, dove 2 degli indagati, già sottoposti rispettivamente all’obbligo di dimora e di presentazione alla P.G. – sono stati tratti in arresto. Dei 25 stranieri destinatari della precedente ordinanza di custodia cautelare eseguita il 3.8.2023 (operazione convenzionalmente denominata “Landayà bis”, di cui allo stato 18 ristretti in regime detentivo, sono attivamente ricercati altri 7 cittadini stranieri, che dovrebbero trovarsi all’estero, le cui informazioni sono state condivise a livello europeo.Il citato ulteriore provvedimento restrittivo cautelare è il frutto della strutturata attività d’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania ed eseguita, anche con l’ausilio di presidi tecnici, dalla II Sezione Investigativa “Criminalità Straniera e Prostituzione” della locale Squadra Mobile: i destinatari sono risultati gravemente indiziati delle ipotesi delittuose di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, aggravata dall’aver agito in più di dieci persone e dei reati-fine di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina pluriaggravati dall’avere agito in più di tre persone in concorso tra loro, di avere commesso il fatto al fine di trarne profitto anche indiretto e dalla transnazionalità. Le indagini erano sfociate nell’emissione del decreto di fermo di indiziato di delitto emesso da questo Ufficio di Procura ed eseguito in data 19.04.2023 in diverse parti d’Italia.Dopo le convalide avvenute in diverse città italiane, il Giudice per le Indagini Preliminari in sede, adito ex art 27 c.p.p., sollevava conflitto di competenza presso la Corte di Cassazione, la quale nel risolvere il conflitto, determinava la competenza dell’Ufficio GIP catanese, il quale all’esito di tale decisione, emetteva l’ordinanza di cui in premessa con applicazione della misura cautelare del massimo rigore nei confronti di tutti gli indagati, ravvisando la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza nonché tutte le esigenze cautelari contemplate dall’art. 274 c.p.p.Invero, il citato conflitto sollevato con ordinanza del 5.5.2023 è stato esteso, a seguito delle ulteriori richieste ex art. 27 c.p.p. avanzate dal P.M. in data 16.5.2023 e 1.6.2023 anche a tali fatti con ordinanze del 17.5.2023 e del 7.6.2023, ravvisando, il Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Catania, la competenza del il Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Genova. In proposito, con sentenza comunicata il 20.09.2023, la Corte di Cassazione ha dichiarato “inammissibile il conflitto per essere stata la competenza territoriale già regolata con sentenza del 13.7.2023 dalla Corte di Cassazione a favore del giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Catania”.Le indagini venivano originate dalla vicenda relativa ad una minore straniera non accompagnata giunta in data 25.1.2021 presso il porto di Augusta, collocata presso una struttura sita nel catanese ma fermamente intenzionata a raggiungere la Francia seguendo le indicazioni avute in Libia da una donna che l’aveva avvicinata mentre ivi si trovava in attesa di imbarco e che le si era presentata come sorella di un soggetto (tra gli indagati) che, in Italia, si occupava di far completare il lungo viaggio dal paese di origine sino alla Francia passando per l’Italia e del quale forniva il contatto telefonico.La minore, giunta in Italia e collocata in struttura per minori stranieri non accompagnati, se ne allontanava affidandosi alle cure del soggetto indicatole in Libia e grazie all’operato di questo ultimo e di altri indagati, riusciva a fuggire per tre volte dalle comunità in cui veniva ospitata sino a raggiungere il territorio francese.L’impegno investigativo dedicato alla vicenda di questa minore, caratterizzato da attività di tipo tradizionale e tecnico, permetteva da subito di focalizzare l’attenzione su alcuni soggetti di cittadinanza guineana e ivoriana coinvolti nel trasferimento in Francia della predetta e, partendo da questi soggetti, consentiva di individuare un articolato sodalizio criminale di matrice straniera, a carattere transnazionale, formato da più cellule operative in Africa (Libia, Guinea, Costa d’Avorio, Tunisia e Marocco), in Italia (a Genova, Torino, Asti, Cuneo e Ventimiglia) ed in Francia, dedito al reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in favore di una clientela (donne, uomini, bambini e addirittura neonati) che, dietro pagamento di somme di danaro, variabili a seconda della natura degli accordi e della tranche di viaggio da eseguire (oscillando da almeno 200,00 euro per il mero passaggio dei confini sino a 1.200,00 euro circa per fasi di viaggio più ampie), si affidava ad esso perché specializzato nella “gestione” dei viaggi per raggiungere altri paesi dell’Unione Europea, in particolare in sconfinamenti verso la Francia.Le indagini, coordinate da questo Ufficio ed eseguite dalla Squadra Mobile di Catania Sezione Criminalità Straniera e Prostituzione consentivano di acquisire, allo stato degli atti, elementi che dimostrerebbero come i fermati, per lo più francofoni, della Guinea e Costa d’Avorio, sarebbero in grado di garantire al migrante la realizzazione del progetto migratorio nella sua interezza, dal paese di origine a quello di destinazione, attraverso paesi di mero transito (tra i quali l’Italia) con la pattuizione del pagamento di un prezzo per ogni tappa del viaggio, corrisposto alle diverse persone incaricate di curare la singola tratta, utilizzando allo scopo precipuo del raggiungimento del confine francese treni e macchine (più raramente sentieri di montagna) ed offrendo a tal fine tutti i servizi necessari allo “sconfinamento”: dall’organizzazione dello spostamento del migrante dal centro cui veniva affidato in accoglienza dallo Stato italiano -o, comunque, dal luogo dove si trovava- fino al sito dal quale operare il travalicamento dei confini, la fornitura eventuale di documenti falsi (anche di tipo sanitario quali falsi green pass, falsi esiti del test Covid-19 e patenti di guida), la presa in carico del migrante una volta raggiunto sul luogo in prossimità del confine, l’offerta di ospitalità nelle more, comprensiva di vitto ed alloggio, la reiterazione dei tentativi di sconfinamento, la presa in carico ad opera di altri membri una volta raggiunta la Francia.Il sodalizio risultava avere struttura fluida perché capace di adattarsi ma in ogni caso ben definita quanto ai ruoli: non vi era evidentemente un capo all’apice, ma quattro capi/organizzatori ciascuno per ognuno dei gruppi, quattro entità collettive operanti con una organizzata gestione di risorse umane e materiali, stabilmente a disposizione le une delle altre e sinergicamente attive con metodi illeciti, con la finalità della commissione di plurimi delitti rientranti in un unico superiore progetto associativo che dall’Italia passava soltanto, in quanto iniziava all’estero e terminava all’estero.Veniva individuata una struttura complessa e articolata del sodalizio, composto fondamentalmente da tre cellule: una con sede nel piemontese, precisamente a Torino, ed Asti; una con sede in Liguria ma con un associato dimorante ad Asti; una terza con sede a Ventimiglia ed a sua volta suddivisa in due sottogruppi, di cui uno riferibile ad un soggetto allo stato irreperibile, leader del gruppo.Accanto a detti gruppi venivano individuati ulteriori due sodali soggetti definibili “cerniera” in quanto non inquadrabili definitivamente come soggetti alle dipendenze esclusive di alcuno dei vari leader o come in collaborazione con uno solo dei gruppi in particolare, ma stabilmente disponibili ad intervenire nella catena di azioni necessarie a garantire le azioni di sconfinamento dei migranti rivoltisi al sodalizio.Nel corso delle investigazioni emergeva una fibrillazione – scaturita ragionevolmente per contese concernenti il controllo del territorio di riferimento – tra antagonisti di diversa cittadinanza (da una parte cittadini nigeriani, dall’altra i francofoni), dediti al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina via terra, fibrillazione che potrebbe avere originato una violenta aggressione ai danni di uno dei destinatari del decreto di fermo, allo stato irreperibile.Ulteriori evidenze investigative emergevano dagli accertamenti patrimoniali svolti sincronicamente alle attività tecniche e tradizionali, accertamenti che permettevano di apprezzare un considerevole giro d’affari: sebbene la maggior parte dei movimenti dei flussi di denaro avvenisse in contanti (soprattutto per la clientela agganciata alla spicciolata in prossimità dei confini) ed un’altra parte attraverso sistemi basati sulla mera fiducia, definita dai monitorati con il termine “landaya”, l’analisi delle postepay in uso ad alcuni degli indagati consentiva di attestare che uno dei sodali aveva effettuato l’acquisto on line di titoli di viaggio in un limitato arco temporale per un ammontare di circa 26.000,00 euro.L’analisi dei flussi di denaro relativi alle carte postepay utilizzate restituiva per ciascuna un saldo pressoché pari a zero: dette carte venivano infatti utilizzate quali meri contenitori precari, con transazioni complessivamente ammontanti a 800.000,00 euro solo considerando le carte postepay intestate a diversi indagati e dovendosi, comunque, tenere in considerazione che spesso nel settore dello smuggling e del trafficking, i flussi di denaro di rilievo avvengono utilizzando soggetti apparentemente non legati agli autori del reato, onde evitare che operazioni di movimentazione di danaro anomale, reiterate e di un certo rilievo, possano esser foriere di attenzione investigativa.A ciò va aggiunto che l’attività tecnica permetteva di registrare numerose conversazioni espressamente concernenti la bellezza e le fattezze fisiche delle migranti di sesso femminile gestite dal sodalizio ed in alcuni casi anche di rilevare che le stesse, oltre al pagamento in denaro, corrispondevano prestazioni sessuali, anche quando viaggiavano con figli minori, così potendosi apprezzare ancora una volta l’estrema vulnerabilità delle migranti di sesso femminile il cui inserimento nel flusso migratorio e la dipendenza da trafficanti privi di scrupoli determina una seria esposizione a rischi di sfruttamento e una sovrapposizione tra percorsi di smuggling e percorsi di trafficking (quasi tutte le migranti emerse nella indagine risultavano in possesso di plurimi indicatori di tratta).Sempre avuto riguardo alle vulnerabilità, in alcune occasioni emergevano movimentazioni illecite di bambini in tenera età, accompagnati dalle madri e talvolta da esse momentaneamente affidati ad un componente del sodalizio, nonché la strumentalizzazione della condizione di incertezza del migrante il quale, desideroso di portare a termine il proprio progetto migratorio, veniva in qualche modo anche confuso e catturato da una falsa attenzione ai suoi bisogni, funzionale solo ad assicurarsi definitivamente l’affare ed evitare che il migrante si rivolgesse ad altri operatori del medesimo illecito settore di mercato.In tal senso varie le strategie psicologiche sperimentate e finalizzate alla massimizzazione dei guadagni derivante dal numero sempre maggiore di migranti che si rivolgevano al sodalizio. I fermati, giunti in Italia a partire dal 2016, avrebbero dimostrato una non comune expertise criminale tanto che avrebbero affinato le tecniche di interazione con la clientela sintetizzabili, tra l’altro, nelle parole utilizzate da uno di essi in un dialogo monitorato: “questa è una cosa che ti ho detto mille volte!!! quando parli con un cliente devi per prima cosa farlo partire, guidandolo da dove si trova, sino a farlo giungere a Milano oppure a Ventimiglia… poi dopo gli puoi chiedere in quale città vuole andare ed infine gli dici il prezzo!!! così hai la certezza di poter trovare un accordo!!! già non arrivano tante persone e quelle poche che arrivano con il tuo modo di lavorare li fai allontanare!!!”. In sostanza, la strategia consisteva nell’imbrigliare il migrante offrendogli quanto da esso atteso e anche di più ed in fretta, portandolo sino ad un punto di avanzamento delle operazioni tale da rendergli impossibile il rifiuto del servizio.Tra l’altro alcuni degli indagati, avrebbero approfittato in tal senso, del loro inserimento a vario titolo all’interno di strutture di accoglienza per migranti: per un verso accreditandosi presso i migranti per il fatto stesso di svolgere attività all’interno di dette strutture; per altro verso sfruttando tutte le informazioni per tale ragione disponibili circa i nuovi arrivi, le nazionalità e l’età dei potenziali clienti.