Siria: Aleppo, domenica 17 settembre padre Jallouf sarà consacrato vescovo, “pacificare i cuori e infondere speranza”
Sarà ordinato vescovo, domenica 17 settembre, padre Hanna Jallouf, nominato il 1° luglio scorso, da Papa Francesco, all’ufficio di Vicario Apostolico per il Vicariato Apostolico di Aleppo che estende la sua giurisdizione sui fedeli cattolici di rito latino della Siria. Nella chiesa di san Francesco, della città martire siriana di Aleppo, sarà consacrato vescovo dal Prefetto del Dicastero per le Chiese orientali, mons. Claudio Gugerotti, con lui anche il nunzio apostolico in Siria, card. Mario Zenari, il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, e il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa. Domenica è la festa dell’impressione delle stimmate di san Francesco, e padre Jallouf, spiega al Sir il motivo della scelta di questa data: “ho voluto questo giorno perché la nostra terra, la Siria, è insanguinata. Speriamo che il sangue di Cristo possa guarirla dalla guerra e dalla povertà”.
Altrettanto significativo è il motto episcopale “Sicut qui ministrat” (Come colui che serve), tratto dal Vangelo di Luca. Nello stemma campeggiano la Croce, “la nostra salvezza”, l’immagine, in rosso “colore del sangue”, della Siria accompagnata dalla colomba della pace, un albero di ulivo, simbolo di Idlib, governatorato di provenienza del nuovo vescovo, e poi il simbolo francescano e della Custodia di Terra Santa, a significare l’appartenenza religiosa. Tutti i simboli sono incorporati al centro in una ‘M’, iniziale di Maria, chiamata a proteggere tutti.
“Grato al Papa”. Alla vigilia della sua consacrazione a vescovo padre Jallouf ci tiene a esprimere la sua gratitudine al Papa “per questa nuova missione che mi ha affidato” e non manca di ripetere quanto già detto al Sir, all’indomani della nomina: “Forse è perché ho le spalle larghe che il Signore mi ha dato una croce più grande di quella che ho adesso”. Padre Hanna, è bene ricordare, è stato il parroco di Knaye, uno dei tre villaggi cristiani della Valle dell’Oronte, gli altri due sono Yacoubieh e Gidaideh, situati a poche decine di chilometri da Idlib, area tutt’ora controllata dai ribelli islamisti di Hayat Tahrir al-Sham (ex Al Nusra) che combattono contro il regime del presidente siriano Bashar al Assad. Dall’inizio della guerra siriana (marzo 2011) padre Hanna, con l’aiuto del suo confratello, padre Luai Bsharat, si è dedicato al servizio dei più poveri e a tenere unita la piccola comunità cristiana locale – poco più di 1.100 ‘anime’, tra latini, armeno-ortodossi e greco-ortodossi – intorno ai conventi di san Giuseppe e di Nostra Signora di Fatima. Un servizio che gli è valso la consegna de “Il Fiore della gratitudine” per le mani di Papa Francesco lo scorso dicembre. Ora lo attende un nuovo servizio.
“Per me che ho sempre fatto il parroco, il pastore in mezzo alla gente, è tutto nuovo. Dovrò vedere e imparare perché avrò un gregge più numeroso da seguire. Per questo ho deciso che farò visita a tutte le parrocchie e agli Istituti religiosi per infondere coraggio e speranza minati dalla guerra, dalla povertà e più recentemente dal terremoto”.
“L’esperienza maturata nella Valle dell’Oronte ad Idlib – aggiunge – dove ho avuto modo di rapportarmi e dialogare con i ribelli islamisti di Hayat Tahrir al-Sham (ex Al Nusra) mi servirà per pacificare i cuori delle persone e permettere la convivenza. Sono rimasto contento quando, appreso della mia nomina, i ribelli hanno inviato una loro delegazione per congratularsi con me”.
“Dialogare è possibile con mitezza e umiltà”.
Knaye nel cuore. Padre Hanna rivolge il pensiero ai suoi fedeli rimasti nei villaggi di Knaye, Yacoubieh e Gidaideh: “temono di restare soli ma li ho rassicurati che continuerò ad accompagnarli con la preghiera, l’amicizia, l’affetto e con l’impegno pastorale. Sono cristiani radicati in questa terra e che soffrono molto per la guerra, la povertà, la persecuzione e più recentemente per il terremoto dello scorso febbraio”. A parziale consolazione la consapevolezza, di padre Hanna, di lasciare “una comunità più tranquilla. Abbiamo ottenuto la restituzione dei beni per tutti i nostri fedeli, riconquistato un po’ della nostra dignità davanti alla popolazione e ai tribunali islamici. Ciò è stato possibile perché non abbiamo mai usato armi contro di loro ma solo amore, tolleranza. Da Knaye e dai villaggi dell’Oronte – conclude – porterò con me l’affetto e l’apertura verso l’altro, a qualunque fede e etnia appartenga”.
(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)