“Il nostro governo è molto attento ai più poveri e farà tutto il possibile per non fare mancare loro ogni tipo di supporto e sostegno“. Parola del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida che, intervistato da Libero, oltre a difendersi dagli attacchi per l’incredibile uscita sui poveri che “spesso mangiano meglio dei ricchi” descrive una realtà parallela in cui lo stop al reddito di cittadinanza comunicato via sms in piena estate, l’allargamento delle maglie del precariato e il no al salario minimo dimostrano attenzione agli indigenti. Un fenomeno cui il cognato della premier Giorgia Meloni dimostra di non conoscere nemmeno le proporzioni. Quando sostiene che “ci troviamo ad avere in Italia una condizione di persone meno abbienti che arriva purtroppo a cinque milioni e mezzo di famiglie” fa infatti un doppio errore: definisce con un eufemismo “meno abbienti” le persone che in base ai dati Istat si trovano in povertà assoluta, cioè non possono permettersi nemmeno i beni e servizi essenziali per una vita accettabile, e confonde il numero di individui in quella situazione (5,6 milioni) con i nuclei in cui vivono (1,9 milioni).
A presunto avallo della sua tesi, e per negare che l’esecutivo voglia fare cassa sui poveri come sostengono le opposizioni, l’esponente di Fratelli d’Italia cita il fatto che “abbiamo raggiunto il più basso livello di disoccupazione degli ultimi anni” e “abbiamo emersione del lavoro regolare visto che il reddito incentivava quello in nero”. La prima affermazione è vera ma non è certo merito del governo: si tratta di un trend che va avanti dal gennaio 2021, propiziato dalla ripresa post Covid. Quanto al lavoro nero, non esiste alcun dato recente che testimoni un’emersione in seguito alla sospensione del sussidio. Le uniche stime ufficiali sono quelle contenute nei report annuali dell’Istat sull’economia non osservata, stando ai quali il ricorso a impiegati irregolari è in calo dal 2018. Nel 2019, anno di avvio della misura contro la povertà introdotta dai gialloverdi, i lavoratori irregolari sono scesi da 3,65 a 3,58 milioni, per poi crollare a 2,9 milioni nel 2020 – ultimo aggiornamento disponibile – anche per effetto della pandemia.
Tornando alla povertà, Lollobrigida rivendica l’aiuto a suo dire “efficacissimo” della card Dedicata a te per “un milione e 300mila famiglie” (da notare che a giugno parlava di 1,5 milioni). Il ministro sembra non sapere che migliaia di persone con i requisiti per ottenerla – Isee sotto i 15mila euro – hanno scoperto di essere state escluse per insufficienza di risorse. Un esito certo non imprevedibile per il governo, visto che circa il 70% dei nuclei che chiedono la certificazione Isee sta sotto quella soglia. Il titolare dell’Agricoltura aggiunge, come fosse una novità, che “solo quest’anno sono stati spesi 111 milioni attraverso il grandioso lavoro del terzo settore per aiutare i poveri e poverissimi in difficoltà attraverso prodotti che io ho preteso che fossero di qualità”. Il riferimento è al programma Fead (Fondo aiuti europei agli indigenti), che esiste dal 2014 e finanzia tra il resto l’acquisto e la distribuzione di derrate alimentari. La misura è stata potenziata nel post pandemia per decisione di Bruxelles, che nell’autunno 2021 ha messo a disposizione oltre 190 milioni di risorse aggiuntive. L’aumento della spesa, dunque, non dipende da decisioni del governo.
È invece farina del sacco dell’esecutivo l’abolizione – caso unico in Ue – dell’unica misura universale e strutturale di sostegno alle persone povere esistente in Italia. I percettori che tra luglio e agosto hanno perso il reddito perché classificati come “occupabili” da settembre potranno godere solo del Supporto per la formazione e il lavoro da 350 euro al mese per un massimo di 12 mesi, riservato però a chi ha un Isee sotto i 6mila euro: un requisito più severo rispetto alla soglia di 9.360 euro prevista per il rdc e per l’Assegno di inclusione che scatterà dal 2024 per i non occupabili. Risultato: molti rimarranno senza alcun aiuto. Con gli 1,3 miliardi stanziati per il prossimo anno saranno coperti – stando alle stime contenute nella Relazione tecnica del decreto Lavoro – 322mila nuclei che poi si ridurranno progressivamente, visto che l’aiuto spetta solo per 12 mesi. Ma la platea di beneficiari potenziali, secondo lo stesso governo, è ben più alta: comprende 436mila famiglie.
Almeno si è fatto qualcosa di concreto per aiutare i presunti occupabili a trovare un posto? Il nuovo Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (Siisl), la piattaforma digitale del ministero del Lavoro a cui dovranno registrarsi per accedere a “informazioni e proposte sulle offerte di lavoro, corsi di formazione, tirocini di orientamento e formazione, progetti utili alla collettività e altri strumenti di politica attiva del lavoro”, sarà accessibile solo dall’1 settembre. I precedenti non fanno ben sperare: i primi risultati del programma Garanzia per l’occupabilità dei lavoratori mostrano che nelle regioni del Sud, con meno opportunità, solo un disoccupato su cinque è stato ricollocato.
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Per Lollobrigida “il governo è molto attento ai più poveri”: dal reddito agli aiuti alimentari, ecco gli errori e le bugie del ministro
“Il nostro governo è molto attento ai più poveri e farà tutto il possibile per non fare mancare loro ogni tipo di supporto e sostegno“. Parola del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida che, intervistato da Libero, oltre a difendersi dagli attacchi per l’incredibile uscita sui poveri che “spesso mangiano meglio dei ricchi” descrive una realtà parallela in cui lo stop al reddito di cittadinanza comunicato via sms in piena estate, l’allargamento delle maglie del precariato e il no al salario minimo dimostrano attenzione agli indigenti. Un fenomeno cui il cognato della premier Giorgia Meloni dimostra di non conoscere nemmeno le proporzioni. Quando sostiene che “ci troviamo ad avere in Italia una condizione di persone meno abbienti che arriva purtroppo a cinque milioni e mezzo di famiglie” fa infatti un doppio errore: definisce con un eufemismo “meno abbienti” le persone che in base ai dati Istat si trovano in povertà assoluta, cioè non possono permettersi nemmeno i beni e servizi essenziali per una vita accettabile, e confonde il numero di individui in quella situazione (5,6 milioni) con i nuclei in cui vivono (1,9 milioni).
A presunto avallo della sua tesi, e per negare che l’esecutivo voglia fare cassa sui poveri come sostengono le opposizioni, l’esponente di Fratelli d’Italia cita il fatto che “abbiamo raggiunto il più basso livello di disoccupazione degli ultimi anni” e “abbiamo emersione del lavoro regolare visto che il reddito incentivava quello in nero”. La prima affermazione è vera ma non è certo merito del governo: si tratta di un trend che va avanti dal gennaio 2021, propiziato dalla ripresa post Covid. Quanto al lavoro nero, non esiste alcun dato recente che testimoni un’emersione in seguito alla sospensione del sussidio. Le uniche stime ufficiali sono quelle contenute nei report annuali dell’Istat sull’economia non osservata, stando ai quali il ricorso a impiegati irregolari è in calo dal 2018. Nel 2019, anno di avvio della misura contro la povertà introdotta dai gialloverdi, i lavoratori irregolari sono scesi da 3,65 a 3,58 milioni, per poi crollare a 2,9 milioni nel 2020 – ultimo aggiornamento disponibile – anche per effetto della pandemia.
Tornando alla povertà, Lollobrigida rivendica l’aiuto a suo dire “efficacissimo” della card Dedicata a te per “un milione e 300mila famiglie” (da notare che a giugno parlava di 1,5 milioni). Il ministro sembra non sapere che migliaia di persone con i requisiti per ottenerla – Isee sotto i 15mila euro – hanno scoperto di essere state escluse per insufficienza di risorse. Un esito certo non imprevedibile per il governo, visto che circa il 70% dei nuclei che chiedono la certificazione Isee sta sotto quella soglia. Il titolare dell’Agricoltura aggiunge, come fosse una novità, che “solo quest’anno sono stati spesi 111 milioni attraverso il grandioso lavoro del terzo settore per aiutare i poveri e poverissimi in difficoltà attraverso prodotti che io ho preteso che fossero di qualità”. Il riferimento è al programma Fead (Fondo aiuti europei agli indigenti), che esiste dal 2014 e finanzia tra il resto l’acquisto e la distribuzione di derrate alimentari. La misura è stata potenziata nel post pandemia per decisione di Bruxelles, che nell’autunno 2021 ha messo a disposizione oltre 190 milioni di risorse aggiuntive. L’aumento della spesa, dunque, non dipende da decisioni del governo.
È invece farina del sacco dell’esecutivo l’abolizione – caso unico in Ue – dell’unica misura universale e strutturale di sostegno alle persone povere esistente in Italia. I percettori che tra luglio e agosto hanno perso il reddito perché classificati come “occupabili” da settembre potranno godere solo del Supporto per la formazione e il lavoro da 350 euro al mese per un massimo di 12 mesi, riservato però a chi ha un Isee sotto i 6mila euro: un requisito più severo rispetto alla soglia di 9.360 euro prevista per il rdc e per l’Assegno di inclusione che scatterà dal 2024 per i non occupabili. Risultato: molti rimarranno senza alcun aiuto. Con gli 1,3 miliardi stanziati per il prossimo anno saranno coperti – stando alle stime contenute nella Relazione tecnica del decreto Lavoro – 322mila nuclei che poi si ridurranno progressivamente, visto che l’aiuto spetta solo per 12 mesi. Ma la platea di beneficiari potenziali, secondo lo stesso governo, è ben più alta: comprende 436mila famiglie.
Almeno si è fatto qualcosa di concreto per aiutare i presunti occupabili a trovare un posto? Il nuovo Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (Siisl), la piattaforma digitale del ministero del Lavoro a cui dovranno registrarsi per accedere a “informazioni e proposte sulle offerte di lavoro, corsi di formazione, tirocini di orientamento e formazione, progetti utili alla collettività e altri strumenti di politica attiva del lavoro”, sarà accessibile solo dall’1 settembre. I precedenti non fanno ben sperare: i primi risultati del programma Garanzia per l’occupabilità dei lavoratori mostrano che nelle regioni del Sud, con meno opportunità, solo un disoccupato su cinque è stato ricollocato.
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