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Susan, morta a Torino di invisibilità e di silenzio Dichiarazione del Gruppo delle promotrici della campagna Madri fuori dal carcere e dallo stigma

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Susan, morta a Torino di invisibilità e di silenzio

Dichiarazione del Gruppo delle promotrici della campagna Madri fuori dal carcere e dallo stigma

Il gruppo delle promotrici della campagna Madri fuori dal carcere e dallo stigma interviene con questa dichiarazione dopo la morte di Susan John nel carcere di Torino a seguito del rifiuto di acqua e cibo dopo aver chiesto invano di poter vedere il figlio di 3 anni:

“Di Susan, che nel reparto psichiatrico del carcere delle Vallette a Torino ha rifiutato di bere e alimentarsi fino a morirne, sappiamo poco: che era una giovane donna, migrante dalla Nigeria, con una pena lunga che considerava ingiusta. Con un figlio che aveva chiesto di vedere e per questo era stata trasferita dal carcere di Catania: per rivedere i suoi cari e soprattutto il figlio. Troppo poco sappiamo, ora che è morta, per ricostruire il percorso interiore e le ragioni che l’hanno portata a morire. Troppo poco per vederla come persona che col suo gesto estremo chiede attenzione, non come detenuta che col suo comportamento anomalo crea problemi all’istituzione carcere. Susan era in una sezione per detenute con problemi psichiatrici. Un modo per curarla meglio, oppure una mossa per etichettarla come caso psichiatrico esentando così tutti dal confrontarsi con lei come persona, con le sue ragioni e con i suoi bisogni? Lo stesso dibattito che ha preso avvio, su come intervenire/non intervenire sui detenuti in sciopero della fame, è sconcertante: sembra confermare che il problema del carcere sia come gestire il comportamento di chi sciopera, invece che ascoltare e interloquire con chi è ristretto (e che, non fosse altro che per questa ragione, ha diritto all’ascolto), per trovare il modo di tutelarne la vita riconoscendone le ragioni, invece e prima di affrettarsi a una diagnosi psichiatrica incapacitante. Invece e prima di lasciare che la morte ‘risolva’ la situazione, venendo meno ad ogni responsabilità di tutela. Neppure sappiamo il senso del gesto di Susan, quanto il fatto di non avere ancora potuto vedere il figlio abbia inciso sulla sua determinazione. È questo vuoto nel ritratto di Susan come persona che ci addolora. È questo vuoto l’accusa più grave nei confronti dell’istituzione: Susan è morta di invisibilità, di silenzio, di irrilevanza.

Come promotrici della campagna Madri fuori dal carcere e dallo stigma, che lo scorso maggio in tutta Italia ha posto con forza il tema dei diritti delle donne detenute madri alla relazione con i propri figli e alla potestà genitoriale, rilanciamo come non più rinviabile il varo di misure a difesa e promozione del mantenimento dei legami famigliari e genitoriali, e per forme alternative al carcere per le donne che hanno figli.
Poche ore dopo la morte di Susan, un’altra donna si è tolta la vita alle Vallette, impiccandosi in cella, sarebbe uscita tra nemmeno un anno. E a fine giugno un’altra ancora si è uccisa, pochi giorni prima di uscire. Il drammatico numero dei suicidi in carcere, tra cui aumentano le donne, pone il tema delle disastrose condizioni di detenzione e del senso della pena ben più di quello delle fragilità individuali. Individua insomma un problema politico cruciale, cui il rituale e unico appello governativo a costruire più carceri non può in alcun modo rispondere.”

La campagna MADRI FUORI: dallo stigma e dal carcere, con i loro bambini e bambine è stata lanciata in occasione della Festa della Mamma 2023 che ha visto oltre 15 delegazioni visitare le carceri italiane e pone l’impellente necessità che le madri, insieme ai loro “bambini dietro le sbarre”, trovino prima possibile una soluzione di esecuzione penale esterna, dopo l’affossamento della proposta di legge. Al 31 luglio di quest’anno erano 19 le madri detenute – con 19 figli al seguito – sulle 2510 donne in carcere, che a loro volta rappresentano il 4,35% della popolazione detenuta italiana (57.749). L’appello e tutte le iniziative della campagna sono disponibili su societadellaragione.it/madrifuori.

CORPI, DIRITTI, SOGGETTIVITÀ

Seminario annuale della Società della Ragione, in collaborazione con CRS Archivio Ingrao e con Associazione Luca Coscioni

Firenze, venerdì 15, sabato 16, domenica 17 settembre 2023
Area San Salvi, via San Salvi, presso la sede della Società della Ragione (palazzina 35) e di Chille della Balanza (palazzina 17)
Presentazione
Il seminario si propone di approfondire il rapporto fra corpi/diritto/diritti, a partire dal corpo privato del diritto fondamentale alla libertà, quello del detenuto/a. Di recente, il tema del “corpo imprigionato” ha assunto particolare rilievo politico (e insieme etico) attraverso il dibattito pubblico innestatosi sulla vicenda del detenuto Alfredo Cospito in sciopero della fame e sulla presa di posizione del Ministro della Giustizia, che ha interpellato in merito il Comitato Nazionale per la Bioetica. Da quel dibattito, sono riemerse all’attenzione questioni di interesse generale per le persone in stato di detenzione e non solo, che sollevano interrogativi fondamentali. In sintesi: esistono limiti all’esercizio di diritti fondamentali – quali il diritto alla salute e all’intangibilità del corpo – per le persone private della libertà? Questi limiti possono essere giustificati dalla “responsabilità” dell’istituzione carceraria che ha in custodia le persone private della libertà? E ancora: esistono limiti (estensibili a tutti i cittadini/e) all’esercizio del diritto a rifiutare trattamenti indesiderati, nonostante la legge 219/2017 lo abbia sancito? Si può giustificare un limite alla autonomia di alcuni soggetti (detenuti/e ma non solo) in virtù della loro asserita “vulnerabilità”?
Attraverso il “corpo recluso”, col suo ipotizzato minus di diritti, traspare con chiarezza il processo di “incapacitazione” che, a partire dalla privazione della libertà, lo riduce a pura corporeità, a “corpo in sé”, mutilato di soggettività. Tale processo illumina l’ambiguità del concetto di “responsabilità” in capo all’istituzione che custodisce la persona privata della libertà, da un lato; dall’altro, più alla radice, emerge chiaro il processo storico attraverso cui si è affermato il principio della libertà personale e dell’intangibilità del corpo, connesso al “corpo pensante” in grado di fronteggiare i poteri esterni. Esistono invece “corpi diversi”, senza voce, per i quali è prevista la soggezione a potestà “altra”.
Il seminario attraverserà i diversi aspetti della vita detentiva, compresi quelli “estremi”, che però testimoniano con eloquenza l’idea sottostante del corpo imprigionato come “corpo a disposizione”. Tale ricerca permetterà di risalire ai processi di “incapacitazione” e negazione di soggettività che interessano diversi altri soggetti (minori, malati, etc.), da un lato; dall’altro, sarà possibile ricollocare la tematica “corpi e diritti” nella prospettiva storica e di genere. A fianco del corpo del detenuto (oggetto della signoria dello Stato), storicamente il corpo “a disposizione” è stato il corpo femminile: sottoposto al volere “altro” (della famiglia e della legge nell’ordine patriarcale) nella sua capacità di generare.

Relazioni e interventi di: Grazia Zuffa, Marco Perduca, Patrizia Meringolo, Stefano Canestrari, Andrea Pugiotto, Sarah Grieco, Simona Filippi, Adriano Zamperini, Marialuisa Menegatto, Franco Corleone, Marco Boato, Mauro Palma, Giulia Melani, Katia Poneti, Monica Toraldo di Francia, Luisa Ravagnani, Riccardo Magi, Mimmo Passione, Filomena Gallo, Pietro Pellegrini, Stefano Anastasia, Maria Luisa Boccia.

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Oltre il Carcere. Presentazione della Proposta di legge per l’istituzione delle case territoriali di reinserimento sociale
La registrazione del seminario giuridica tenutosi a Parma lo scoro 7 luglio.
Il video della Presentazione alla Camera

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(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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