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Attualità

*La via giudiziaria al potere* di Vincenzo D’Anna*

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*La via giudiziaria al potere*

di Vincenzo D’Anna*

Da molto tempo ci lamentiamo dei guasti che affliggono la giustizia italiana, degli abusi e delle indebite ingerenze di certe procure, occupate con il “manuele Cencelli” dal Pd – a detta di Palamara – a mezzo di magistrati inquirenti (pubblici ministeri) orientati politicamente. Una giustizia nella quale le toghe (non tutte, ovviamente) fanno il bello ed il cattivo tempo, avendo sapientemente trasformato il dettato costituzionale della loro indipendenza trasformandolo in un principio di irresponsabilità e di intoccabilità anche innanzi ad errori lampanti. Insomma: non siamo certo noi italiani a poter puntare l’indice accusatore nei confronti di altre nazioni che pur sembrano sempre più afflitte dalle medesime deviazioni. Siamo, infatti, un Paese nel quale taluni reati sono stati creati a tavolino da una serie di sentenze come il concorso esterno in associazione malavitosa. Un reato non previsto dal codice e che grazie al sapiente uso di pentiti, interessati ai benefici di legge e gestiti direttamente dai pubblici ministeri, consente di elaborare teoremi accusatori e di incastrare chiunque si voglia. Peraltro l’uso dei collaboratori di giustizia, debitamente ammaestrati e “sollecitati”, consente di invertire il sacro principio giuridico secondo il quale l’onere della prova spetti all’accusatore e non all’accusato. Innanzi a determinate accuse, infatti, è l’indagato a dover fornire le prove che quelle dichiarazioni siano mendaci e quindi assumersi il peso di provare la loro falsità!! Sono migliaia i casi costruiti su questo sistema che hanno distrutto personaggi noti oppure semplici cittadini che dopo anni di peripezie e di processi molto spesso finiscono prosciolti. Tardi, troppo tardi per recuperare le opportunità di vita, la stima ed il consenso della gente: una lettera scarlatta che nessuna assoluzione postuma riesce a cancellare. Eclatante il caso della condanna, stranamente irrisoria per il capo d’imputazione di concorso esterno che gli veniva contestato, all’ex ministro Mario Landolfi. Ebbene, l’ex parlamentare si è visto “stangato” dal combinato disposto del magistrato che ha “dedotto”, bontà sua, dalle aleatorie dichiarazioni dell’unico pentito tirato in ballo nel corso procedimento, che egli “non poteva non sapere”. Insomma l’opinione dei giudicanti e non le prove inconfutabili sono risultate alla base della condanna di Landolfi. I risvolti del caso sono ancora più eclatanti: il pentito che (non) ha accusato Landolfi è lo stesso che ha accusato, anche qui in maniera aleatoria, di scambio di voti, Nicola Consentino. Quest’ultimo, assolto, con formula piena, nei primi due processi, anche dal reato di concorso esterno (dopo quattro anni di carcere preventivo !! ), non poteva certo farla franca!! Essendo stato clamorosamente accusato di essere il riferimento politico dei clan dei Casalesi, vittima di una eclatante campagna di stampa, uscendone pulito anche stavolta, l’ex leader campano di Forza Italia avrebbe rappresentato uno smacco per la magistratura inquirente!! Ecco allora arrivare la virata su Landolfi “deduttivamente” condannato per rendere, a sua volta, credibile il pentito e quindi, a ruota, poter condannare Cosentino a dieci anni di carcere. Di casi come questi, se non peggiori, se ne possono elencare a decine, con le patrie galere che ancora ospitano qualcosa come ventimila detenuti in attesa di giudizio, molti dei quali destinati a finire assolti. Palamara ha confessato tutte le commistioni, gli abusi e le combine politiche in atto per decidere chi debba occupare e dirigere le procure italiane. Eppure la cosa è stata lasciata morire e le intercettazioni non rese note di questi “traffici”, sono sparite né si è trovato uno straccio di giustizialista pronto a reclamarne la pubblicazione. Aliquando Travaglio dorme. Insomma: ripetiamo da anni che la libertà dei cittadini è un bene compromesso con questo tipo di giustizia, ma a quanto pare pochi se ne preoccupano. Un risultato, però, è stato raggiunto. Come capita con molti prodotti tipici del Belpaese, siamo stati copiati da altri Stati. L’eliminazione per via giudiziaria degli avversari politici scomodi è diventato, infatti, un “brand” del “made in Italy” da esportare. Sta accadendo negli Usa dove Donald Trump è finito maldestramente alla gogna con l’accusa di aver complottato contro il governo e di aver compromesso la sicurezza nazionale e dove Hunter Biden, figlio di Joe, l’inquilino della Casa Bianca, è stato accusato di frode fiscale. Ma anche in Brasile dove l’ex galeotto e corrotto Luiz Inácio Lula da Silva, tornato alla presidenza, ha inquisito il suo predecessore ed avversario, il milionario Jair Bolsonaro, perché reo di aver venduto i regali che aveva ricevuto dagli altri Stati!! C’è da scommettere che qualche altro leader che conta verrà trattato alla stessa maniera. D’altronde, cosa c’è di meglio che una manciata di fango alla vigilia delle elezioni sui candidati o gli uscenti dalla carica Non elenchiamo i casi che hanno coinvolto ministri inglesi ove si è andati a scovare finanche i contributi non versati alla domestica!! Insomma, a quanto pare la politica è richiesto di partorire l’assoluta trasparenza e candidati perfetti. Eppure essa è costantemente esecrata e vilipesa ogni giorno da chi nella vita quotidiana fa di più e di peggio. Siamo liberi perché fallibili, e l’eticità assoluta è solo una grande ipocrisia. Dovrebbe valere anche per chi vota, per chi punta ipocritamente il dito, non farebbe male a nessuno un preventivo esame di coscienza!!

*già parlamentare

FONTE:

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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