Messina. Ponte sullo Stretto, Tirelli (LgR): ‘scivolone di don Ciotti, chieda scusa’
Il presidente del partito: ormai il fondatore di Libera fa politica.
«Don Ciotti è da anni che fa politica nascondendosi dietro la talare. Per la sua ultima infelice uscita, che offende i cittadini di due regioni, la Calabria e la Sicilia, dovrebbe soltanto chiedere scusa».
A dirlo è l’avvocato Alexandro Maria Tirelli, presidente del partito «Libertà, giustizia, Repubblica» e numero uno delle Camere penali del diritto europeo e internazionale.
«Libera è un soggetto politico a tutti gli effetti – prosegue l’avvocato Tirelli – ideologicamente orientato verso l’estrema sinistra e con un Dna profondamente giustizialista che mal si concilia con la visione cristiana che dovrebbe coltivare il suo fondatore e animatore».
«Associare la totalità dei siciliani e dei calabresi alla mafia e alla ‘ndrangheta è un orrore logico, sociale, storico e civile che non può passare inosservato – continua –. Perché si può essere, come noi di “LgR” siamo, contrari al ponte sullo Stretto, ma questo non significa generalizzare e offendere milioni di cittadini onesti che lottano giorno dopo giorno, più di quanto facciano gli attivisti di Libera, contro i soprusi e le violenze della criminalità organizzata».
«Don Ciotti dovrebbe smetterla di fare politica e di spalleggiare la sinistra facendosi scudo del suo status sacerdotale perché ormai la sua strategia è chiara – conclude il presidente di “LgR” –. Così come lo è quella della sua associazione che sulla gestione dei beni confiscati è diventato ormai un monopolista».
«Nulla contro di lui, ma tenere un piede in due scarpe non solo è impossibile ma è anche ingiusto nei confronti di tanti sacerdoti di strada, veri eroi invisibili del nostro tempo, che lottano per gli ultimi e per le anime dei fedeli, che non cercano visibilità e riconoscimento mediatico. Se la sua vocazione è la politica, può esercitarla e seguirla senza necessariamente essere “don” Ciotti. I preti politici così come i preti televisivi non danno lustro né alla causa trascendente né a quella terrena».
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