Sono ore concitate per i membri uscenti del consiglio di presidenza della giustizia tributaria (Cpgt) al cui vertice c’è Antonio Leone, ex laico di peso al Csm, per il centrodestra, ai tempi della consiliatura di Luca Palamara. Scotta come un carbone ardente fra le mani dei consiglieri il parere negativo dell’avvocatura dello Stato, di cui Il Fatto è a conoscenza, e che riguarda il “transito definitivo” dalla magistratura ordinaria alla magistratura tributaria di Cosimo Ferri nonché di Antonio Lepre, ex togato al Csm di Magistratura Indipendente, la corrente di Ferri e di Gianluigi Morlini, ex togato di Unicost.

Lepri e Morlini sono tra i condannati, il 14 settembre 2021, dalla sezione disciplinare del Csm a 18 mesi di sospensione dalle funzioni di magistrato e dallo stipendio perché da consiglieri Csm parteciparono a una combutta, nel maggio 2019, all’hotel Champagne di Roma per pilotare le nomine dei procuratori di Roma e Firenze. Fu il famoso dopo cena organizzato da Luca Palamara, radiato poi dalla magistratura e che vide tra i partecipanti anche Ferri e Luca Lotti, allora deputati renziani.

Secondo quanto risulta al Fatto, l’Avvocatura dello Stato ha dato un due di picche al Cpgt, che aveva sperato, dicono i maligni di palazzo, in una pezza d’appoggio autorevole per poter approvare il passaggio dalla magistratura ordinaria a quella tributaria delle toghe coinvolte nello scandalo nomine. Un passaggio, definitivo, che farebbe carta straccia delle condanne disciplinari, non essendoci state misure cautelari e che quindi non sarebbero mai esecutive. Insomma, magistrati che hanno calpestato la costituzione potrebbero farla franca. Questo vale non solo per Lepre e Morlini, ma anche per Ferri. L’ex deputato è vero che è riuscito, l’unico, a far congelare finora il suo processo disciplinare per l’hotel Champagne, ma è anche vero che l’11 novembre scorso è stato condannato dal Csm alla perdita di 2 anni di anzianità per “comportamento gravemente scorretto, in violazione dei doveri di imparzialità e correttezza” per aver portato da Silvio Berlusconi, su richiesta, Amedeo Franco, relatore del processo Mediaset in Cassazione, che accusò ingiustamente i colleghi del collegio di aver costituito “un plotone di esecuzione”.

Delle condanne disciplinari devono tenere conto i membri del Cpgt quando, domani, dovranno ufficializzare la lista dei magistrati che hanno superato il vaglio. Alcuni nel Cpgt vorrebbero accogliere a braccia aperte le toghe condannate, ma il parere negativo dell’avvocatura dello Stato è un ostacolo, pare insormontabile, tanto è inequivocabile: ricorda che in vista della valutazione di ammissione ci vuole “l’accertamento della esistenza di sanzioni disciplinari, nonché della esistenza di ritardi nei depositi delle decisioni” nei 5 anni precedenti alla domanda, “nei termini previsti dalla norma”, la legge 130 del 2022. E non conta che le sanzioni disciplinari non siano definitive perché pendono i ricorsi: i provvedimenti disciplinari sono, argomenta l’avvocatura dello Stato, “atti ad efficacia esecutiva immediata” corroborati da “presunzione di legittimità”. Quindi, il semplice ricorso contro una condanna disciplinare non è “rilevante” per la “valutazione in questione”. Ma Ferri si è pure candidato alle elezioni del 24 settembre per il rinnovo degli 11 membri togati del Consiglio della giustizia tributaria. Sono eletti da giudici tributari che, finora, sono anche magistrati ordinari, avvocati, commercialisti. Toccherà a loro, nel segreto delle urne, stabilire se Cosimo Ferri vada promosso nonostante i guai disciplinari come magistrato ordinario fuori ruolo.