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Liberali: quelli veri e quelli falsi* di Vincenzo D’Anna*

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*Liberali: quelli veri e quelli falsi* di Vincenzo D’Anna*

E’ proprio uno strambo paese l’Italia, credo unico al mondo sotto il profilo del sistema socio economico e politico ivi vigente. Un sistema mezzo liberale e mezzo socialista, ossia dichiaratamente liberale per bocca di tutti eppure gestito con criteri statalisti. Uno Stato pervasivo, onnipotente ed onnipresente. Chiunque, in questi anni, ne abbia assunto la guida (su mandato degli elettori oppure attraverso le camarille di palazzo), non si è mai discostato da questa evidente contraddizione. Fin dagli anni Sessanta del ‘900, con l’avvento del primo governo di centrosinistra (presidente del Consiglio Aldo Moro, vicepresidente Pietro Nenni), lo Stivale ha visto il susseguirsi di monopoli statali, perdite miliardarie ed aziende pubbliche che maturavano “ammanchi” scaricandoli nel già cospicuo calderone del debito statale. Eppure non sono stati pochi quelli che, in questo lasso di tempo, hanno promesso cambiamenti, riforme istituzionali e rilancio del parlamentarismo in sostituzione del populismo parolaio. Un destino al quale non sono sfuggiti gli italiani, o meglio gli italioti che abboccano all’amo della pura e semplice propaganda. Ancora oggi masse di pseudo moralisti e sprovveduti vari si destreggiano sui social, ignari della vera fonte degli sprechi, nonché dell’entità del debito da accollare alle generazioni future, al fine di accontentare quelle presenti che votano e protestano, a differenza di quelle che ancora non si sono materializzate. Insomma, contemporanei contro posteri: i primi accuditi e foraggiati, i secondi ancora di là da venire e quindi per questo privi di considerazione. “Riformare”, anche solo in parte, in tali condizioni, l’attuale stato delle cose si profila come un affare non semplice ma soprattutto non redditizio, elettoralmente, per l’attuale classe politica. Parliamoci chiaro: la nostra è una Nazione in braghe di tela, con titoli di Stato – vale a dire la principale fonte di finanziamento della pubblica amministrazione – classificati prossimi alla carta straccia dalle principali agenzie di rating. Come se ne esce? Semplice: con il recupero dei tagli a circa… mille parlamentari ed una maggiore spesa di circa 40 milioni di euro!!! Tuttavia restano da ripianare i miliardi di debito provenienti dalle varie fattispecie legislative adottate nel Belpaese!! Roba da matti!! Basti pensare che circa una decina di milioni di pensionati, ex statali, percepiscono ancora la pensione retributiva, il che comporta una maggiore spesa di 70 miliardi e che circa un milione tra questi ha goduto delle baby pensioni con 15 anni, sei mesi e un giorno di lavoro, che costano all’erario la bellezza di 10 miliardi!! Ma al grande pubblico delle tastiere, quello che ormai forma ed orienta l’opinione pubblica ed i blocchi del consenso popolare, tutto questo poco o niente importa, fedele com’è alla tesi che ogni ingiustizia offende solo quando non ci procura alcun tornaconto. Eppure, per mera notazione storica, i vitalizi anche, per un solo giorno di esercizio del mandato parlamentare, furono una battaglia della sinistra, ed in particolare di quella operaista, in base al presupposto etico che chi lasciava il proprio lavoro per ricoprire la carica di legislatore e rappresentante della Nazione, aveva diritto a poter vivere in seguito, decorosamente soprattutto se in quel lasso di tempo aveva perso il suo sostentamento di vita, la propria arte oppure il proprio mestiere. Ragionamenti che oggi, nella palude del qualunquismo e del pressappochismo politico sono da ritenersi vecchi arnesi ideologici. Indifferente agli italiani così sembra anche un’ altra grande questione, che si dibatte in queste afose e torride giornate di luglio, ossia il nodo giustizia. Il ministro Carlo Nordio, ex magistrato avversato per lo spirito liberale sempre asserito e mai succube alle correnti politicizzate della magistratura sinistrorsa, va diritto al cuore del problema indicando come e dove intervenire: separare le carriere tra inquirenti (pubblici ministeri) e giudicanti, rivedere il famigerato reato del concorso esterno in associazione criminale, costruito, insinuato, sulle sentenze dei magistrati e non previsto dal codice penale. Quest’ultimo, in combinato disposto con l’abusata legge sui pentiti, non è mai stato tipizzato, ossia mai definito nei suoi ambiti di applicazione. In buona sostanza si tratta di un vero e proprio “jolly” che sovente talune toghe (non tutte ovviamente) utilizzano per incarcerare o distruggere lo sventurato di turno. In buona sostanza: per avallare tesi, costruire processi e fare piazza pulita degli avversari politici, con sentenze pre confezionate. Insomma: interessa a qualcuno che oltre ventimila cittadini siano rinchiusi in cella in attesa di giudizio? Separare le carriere dei togati significa eliminare alla radice la solidarietà da appartenenza ad un unico ordine, esistente tra chi giudica e chi accusa, tra chi chiede la condanna e chi la stabilisce. In un paese veramente liberale questi sarebbero principi incardinati nella sacralità di quella delicata professione! Invece, a casa nostra, ecco che i principi etici vengono sostituiti dalla voglia di protagonismo, dei patiboli e manette. Sostenuti spesso ed acclamati anche da una manica di cinici cittadini travestiti da moralisti. In sintesi, viviamo e scontiamo dolorosamente la differenza tra liberali veri e liberali falsi.

 

*già parlamentare

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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