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Attualità

“La camorra diventa mafia: meccanismi di riproduzione del consenso sociale. Un’autoetnografia analitica” è questa la tesi di un’altra laurea per l’ex boss Augusto La Torre – di Ferdinando Terlizzi

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“La camorra diventa mafia: meccanismi di riproduzione del consenso sociale. Un’autoetnografia analitica” è questa la tesi di un’altra laurea per l’ex boss Augusto La Torre

 

Ha dedicato il suo elaborato ai detenuti di tutto il mondo – Da tempo in regime di “dissociato”, ad oggi ha scontato oltre 30 anni di reclusione.  Venne arrestato l’11 gennaio 1991, fu scarcerato per decorrenze dei termini della custodia cautelare il 19 settembre 1995 e riarrestato in Olanda il 6 giugno 1996, da allora non è più uscito dal carcere.

 

di Ferdinando Terlizzi

Foto di repertorio. A sinistra il boss nel carcere di Ivrea (2015) –  A destra la sua laurea del 2018.  

Ancora un traguardo culturale per l’ex boss della camorra Augusto La Torre,  che l’altro giorno a Torino,  ha discusso una tesi su “La camorra diventa mafia: meccanismi di riproduzione del consenso sociale. Un’autoetnografia analitica”,  laureandosi  in  sociologia e ottenendo un 110 e le lodi della commissione esaminatrice ( Prof. Rocco Sciarrone, relatore; Prof. Luciano Brancaccio, co/relatore, della Federico II e il Prof. Federico Esposito).

Per complimentarsi con Augusto La Torre,  che come è noto è già plurilaureato ed è,   tra l’altro,  autore del bestseller “Il camorfista, da criminale a criminologo”, edizione esaurita ed in corso di ristampa, sono stati chiamati  in video collegamento i proff: Susanna Vezzadini, Giuseppe Mosconi, Francesca Vianello, Giovanni Torrente, Marta Dotti e Franco Prina, molti dei quali erano ex docenti di scienze criminologiche ed alcuni docenti del Master che Augusto ha conseguito in “Criminologia critica”.

Augusto La Torre, da tempo in regime di “dissociato”, che ad oggi ha scontato oltre 30 anni di reclusione, senza avere nessun ergastolo definitivo (caso più unico che raro nel firmamento carcerario) venne arrestato l’11 gennaio 1991, fu scarcerato per decorrenze dei termini della custodia cautelare il 19 settembre 1995 e riarrestato in Olanda il 6 giugno 1996, da allora non è più uscito dal carcere – ha voluto dedicare la sua tesi – che secondo me è una ricerca storica che farà la differenza nel panorama pubblicistico penitenziario italiano – a tutti i detenuti. –

“Dedico la mia tesi ai detenuti di tutto il mondo. Ai detenuti che durante i primi anni dell’entrata in vigore del regime speciale di cui all’ex art. 41 bis o.p. sono sopravvissuti, come me, alle torture di Stato nelle prigioni di Pianosa, Asinara, Secondigliano, Poggioreale, Caltanissetta, L’Aquila, Sulmona, Ascoli Piceno, Cuneo, Tolmezzo, Parma, Novara e soprattutto a quelli che non hanno avuto la forza e si sono “suicidati”.

 

Poi cita un passaggio del libro “Scarcerare la societa”  di Alain Brossat, professore di filosofia all’Università di Parigi: “Il carcere è un test sulle facoltà immaginative dell’homo humanitarius di oggi. Il genocidio, i bagni di sangue, le carestie, i disastri epidemici, la disperazione dei perseguitati e dei rifugiati lo mettono in allarme e lo colmano di orrore. Ma la violenza fredda del carcere spesso lo lascia indifferente, dato che non presenta alcuno dei tratti spettacolari che si associano alle grandi calamità e ai grandi crimini del nostro tempo. La scarsa visibilità della desolazione penitenziaria ha come effetto di non intaccare la sensibilità dell’uomo umanitario. Dal momento che i corpi non sono più maltrattati, violentati e squartati, la sensibilità contemporanea può riposare più o meno in pace”.

 

“L’elaborato finale del mio percorso di studio – chiarisce Augusto La Torre  nell’illustrare la sua tesi,  che presto sarà pubblicata in un libro – nasce dall’interesse e dalla passione per il “sapere” e principalmente dalla mia curiosità di riuscire a comprendere il motivo per il quale, dalla sera alla mattina, la mia vita è cambiata irrimediabilmente catapultandomi in un mondo in cui la violenza, il potere e i soldi sono molto più importanti finanche delle vite umane e degli affetti più cari. L’obiettivo di questo lavoro di ricerca è comprendere i meccanismi di riproduzione del consenso e del potere mafioso e la trasformazione della camorra casertana in una forma di criminalità organizzata di tipo propriamente mafioso. La metodologia utilizzata consiste nell’analisi sistematica delle ricerche storiche e sociologiche condotte da emeriti studiosi dei fenomeni sociali delle camorre e delle mafie”.

 

Poi La Torre – prima di sviluppare il tema della sua tesi – si sofferma sui motivi che lo hanno indotto a cambiare rotta e diventare – come egli stesso si definisce – da … criminale un   criminologo.

 

“Inizialmente  – scrive – ero mosso dalla curiosità di darmi alcune risposte, in seguito la mia curiosità si è ampliata e perciò ho deciso di studiare seriamente il fenomeno della criminalità organizzata di tipo mafioso. Volevo comprendere bene quali meccanismi psicologici, caratteriali e sociali operassero nelle scelte scellerate dei tanti giovani, come lo ero io, i quali ad un dato momento della loro vita hanno deciso (quanto consapevolmente?) di diventare camorristi, ndranghetisti e mafiosi. Essendo nato in una famiglia storica di camorra confesso che inizialmente anch’io rimasi affascinato dalle teorie sull’ereditarietà di Cesare Lombroso, ovvero sul “criminale nato”. Già durante i primi esami per conseguire la Laurea triennale in “Scienze e Tecniche Psicologiche” scartai del tutto l’ipotesi del “criminale nato”. Successivamente, durante gli studi per conseguire la laurea Magistrale in “Scienze Criminologiche per la Sicurezza e l’Investigazione” e il Master in “Criminologia Critica”, devo ammettere che trovai molto più interessante e più appropriate le teorie di Gabriel Tarde sul “criminale professionista” e la sua teoria sull’“ereditarietà”, perché a differenza di Cesare Lombroso l’ereditarietà tardiana non era riferita alla trasmissione genetica, quindi al criminale nato, per cui l’inclinazione al crimine era una patologia ereditaria, bensì alla trasmissione delle conoscenze criminali, ovvero la “criminalità professionale” e al “criminale professionista”.

 

“Andando avanti con l’elaborazione della tesi – chiarisce ancora Augusto La Torre –  si è posto il problema di come affrontare le conoscenze del fenomeno che derivano dalla mia diretta esperienza biografica. A tal fine, si è deciso di fare ricorso al metodo della autoetnografia analitica.  Certo, devo ammettere che non è stata un’operazione psicologica ed emotiva semplice e indolore. A distanza di molti anni, dover rivivere mentalmente le dinamiche gruppali, le regole mafiose, i tradimenti, gli omicidi, le violenze perpetrate ai danni di imprenditori e cittadini ma anche di altri mafiosi, mi è costato uno sforzo enorme a livello emozionale, perché, grazie ai miei studi ho rivisto, modificato e abiurato i miei precedenti subvalori, per tanto indossare nuovamente l’habitus mafioso è stato molto doloroso”.

“Naturalmente il mio cambiamento culturale e valoriale non è dovuto soltanto ai miei studi, ma anche e soprattutto ai miei rapporti umani e professionali con alcuni docenti universitari, volontari e specialisti che operano nelle carceri con i quali, nel corso degli ultimi dieci anni si è, in modo naturale, instaurato un legame umano e intellettuale che mi ha arricchito moltissimo, aiutandomi ad affrontare la mia lunghissima detenzione con spirito critico e consapevolezza”.

“Fatta questa breve premessa, passo a descrivere i tre capitoli del mio elaborato. Nel primo capitolo mi rifarò agli studi e alle ricerche di Marcella Marmo, Isaia Sales, Luciano Brancaccio, Abele De Blasio, Marco Monnier e altri, quindi descriverò la Camorra Ottocentesca, conosciuta come Onorata Società; il potere dei camorristi all’interno delle Carceri; le varie repressioni dello Stato per combattere la camorra16 e la particolare figura e il ruolo sociale dei Guappi”.

“Il primo capitolo si concluderà con le nascite della «Nuova Camorra Organizzata» di Raffaele Cutolo e della Nuova Famiglia, l’organizzazione che si opponeva alla prima. Nel secondo capitolo descriverò la trasformazione della Camorra Campana in Camorra Mafizzata Casertana. Racconterò i momenti salienti di questa trasformazione, descriverò le figure carismatiche di Antonio Bardellino e Mario Iovine, capi e ideatori di quella che diventerà di fatto una costola della mafia siciliana (Cosa Nostra) in Terra di Lavoro, i loro uomini di punta, i loro fiancheggiatori, gli uomini della cosiddetta area grigia, gli imprenditori collusi, gli investimenti nelle varie imprese e le strategie miranti ad ampliare il consenso sociale fino al raggiungimento del controllo quasi totale delle Amministrazioni Pubbliche e del monopolio per quanto concerne il mercato del calcestruzzo, del brecciolino, della sabbia, degli appalti pubblici, del bitume, del settore alimentare e così via”.

“Nel terzo capitolo presenterò la mia autoetnografia analitica e quindi racconterò la camorra mafizzata casertana da un punto di vista interno, descrivendola come un network. Racconterò delle connivenze tra mafiosi, imprenditori, politici e alta finanza. Traccerò il profilo dei capi storici, Antonio Bardellino e Mario Iovine e le loro uccisioni, citerò fonti giudiziarie, testimonianze dei collaboratori di giustizia e le ricerche di autorevoli studiosi ma soprattutto metterò in primo piano il racconto e la ricostruzione analitica della mia esperienza biografica”.

 

Un lavoro interessante –  non solo per magistrati, giornalisti e studiosi che vorranno acculturarsi del mondo sconosciuto delle mafie – ma anche uno spaccato della storia criminale casertana –  che rimarrà indelebile scolpita nella memoria di ogni cittadino. Una storia da leggere, da studiare, una narrazione raccapricciante che fa riflettere e che dovrebbe servire da monito per le nuove generazioni.

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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