LA FOGLIA DI FICO DI VINCENZO D’ANNA
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– di Vincenzo D’Anna* –
Il problema della tutela della pubblica morale, del decoro minimo di cui ciascun cittadino dovrebbe tenere conto, è dibattuto è divisivo tra le persone ed affiora spesso in estate. Parlare di contegno, pudicizia, rispetto del proprio corpo che non dovrebbe essere inteso come in ostensione al prossimo, sono concetti che il “politicamente corretto” ha cancellato ed archiviato come residui di una sorta di “bon ton” piccolo borghese, espressione di una sub cultura sociale non al passo con i tempi. Insomma: sotto l’emblema di questa nuova categoria di “cose corrette” si sono introdotti surrettiziamente nuovi valori e nuovi modi di essere che, parallelamente, sono andati a stravolgere la scala dei valori morali. Così è avvenuto con la tambureggiante campagna culturale e pubblicitaria di parificazione dei generi e dei gusti sessuali, e guai a voler puntualizzare o distinguere le cose che fisiologicamente sarebbero diverse tra loro!! Chiunque si azzardi a rivendicare principi che madre natura ha imposto per secoli a presidio della conservazione della specie, come le coppie etero sessuali, chiunque si azzardi a reclamare la validità di concetti sedimentati nei millenni di civiltà umana, corre il rischio di essere lapidato pubblicamente e di essere additato addirittura come omofobo e retrogrado. Messo all’indice, insomma, da improvvisati moralisti, giornalisti e intellettuali che dir si voglia. Per dirla con altre parole: in nome della pseudo tolleranza e della difesa dei diritti altrui, si perseguita chi pure avrebbe diritto di pensarla diversamente, apponendo sulle spalle di questi la lettera scarlatta dell’intollerante. E tuttavia le cose naturali continuano ad essere tali ed a dare i frutti in barba ai nuovi progetti dell’omologazione del pensiero unico e debole, sul piano del gusto e della morale. Si innesta in questo contesto la recente polemica insorta per l’ordinanza che il sindaco di Chioggia Mauro Armelao ha varato per vietare che si giri per strada o nei pubblici locali in costume da bagno. È stato lo stesso primo cittadino ad annunciare la stretta sulle “mise” troppo informali che qualche turista si portava dietro direttamente dalla spiaggia. Siamo al cospetto di un’iniziativa coraggiosa, peraltro già adottata altrove negli anni passati, perché stabilisce un principio non certo di tipo moralistico ma di decoro personale e di rispetto dei luoghi (oltre che del senso civico). Valori desueti ed in controtendenza che è facile contrabbandare come retriva espressione di intolleranza all’altrui libertà. Di una libertà, si badi bene, che in vero dovrebbe essere esercitata con responsabilità seconda la famosa massima liberale che essa “consista nel diritto di agitare il proprio pugno e nel limite di rispettare l’integrità dell’altrui naso”. Chi attraverso il “politicamente corretto” ha inteso affermare concetti che declinino solo il diritto alla libertà separandola dalla responsabilità e dal rispetto del modo di pensare altrui, ha certo compiuto una mistificazione che come tale va denunciata e contrastata. Non si sente infatti alcun bisogno della libertà di entrare in un negozio oppure in un ufficio pubblico in costume da bagno, oppure a torso nudo con indosso solo le braghe di un pantaloncino ed il lato b (maschile o femminile che sia) in bella mostra!! In questo caso non è necessario nemmeno scomodare alati discorsi sulla reciproca tolleranza tra gli individui quanto quello più pedestre del semplice buon gusto. Quest’ultimo è un criterio comportamentale che non tarpa le ali a nessuno né serba alcunché di reazionario o di retrogrado. Unicamente si tratta, infatti, di rispettare il luogo che si frequenta e le altre persone che vi si trovano e che magari non la pensano come noi. Diciamocela tutta: quella in cui siamo immersi è veramente una strana società. Un gorgo nel quale cadiamo muti, per dirla con Cesare Pavese, che si indigna solo per talune situazioni e ne ignora altre di pari valore etico. Fui lapidato da parlamentare ed etichettato come omofobo per aver invocato il principio di prudenza da parte delle donne in determinati contesti e situazioni potenzialmente criminogene. Quella riflessione di puro buon senso (da “buon padre di famiglia” la definì Bruno Vespa a “Porta a Porta”) fu intesa, dalle associazioni femministe (e da quelle politicizzate sotto copertura), come una…difesa degli stupratori!! un voler fornire ai medesimi un alibi che ne potesse giustificare, in qualche modo, il comportamento. Fui costretto a precisare ed a spiegare che tutti hanno il diritto di rivendicare, sotto la legge, ogni libertà ma che questa non è sempre apodittica e priva di pericoli. Per capirci: abbiamo diritto alla proprietà ma usiamo chiavistelli e porte blindate, grate ed allarmi per difenderla dai ladri che vogliono violarla. Essere prudenti e ragionevoli non inficia alcun diritto ma aumenta solo la protezione personale dai violenti e dai disturbati. Insomma una foglia di fico non limita la libertà ma garantisce il buon gusto e, alla fine, ci tutela pure.
*già parlamentare
FONTE:
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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